Di cose strane ce ne sono nello spazio: la Luna è fatta di formaggio e le stelle sanno di dentifricio. Va bene, se mordessimo la Luna non avrebbe certo il sapore di formaggio, ma sembra realmente che il fluoro, l’agente chimico presente nei nostri dentifrici si sia formato all’interno di alcuni tipi di stelle nella fase finale della loro esistenza. È questo quanto ha scoperto un gruppo di ricercatori della Lund University in Svezia guidati da Nils Ryde. Sentito da Media INAF ha spiegato: “Il nostro studio dimostra che la maggior parte del fluoro nell’Universo e sulla Terra si è formato 5-10 miliardi di anni fa nelle stelle un po’ più pesanti del Sole, durante la fine della loro vita quando diventano delle giganti rosse”. Il Sole e i pianeti del nostro Sistema solare sono nati dal materiale proveniente proprio da queste stelle morte che hanno liberato ingenti quantità di fluoro nello spazio.
Il fluoro è un elemento chimico ormai comune nella nostra vita di tutti i giorni: si trova in alcuni tipi di plastica, viene utilizzato in alcuni lubrificanti, nelle gomme da masticare e soprattutto è famoso come agente anti carie nei dentifrici e nei collutori. Da sempre la sua origine è stata un mistero: nel corso degli anni si sono accumulate diverse teorie su come si sia creato in natura. Solo con questa ricerca, pubblicata su The Astrophysical Journal Letters, è arrivato questo risultato che cambia radicalmente quanto scoperto finora.
“I passi successivi alla teoria sono due – ha aggiunto il ricercatore. Il primo è scoprire come il fluoro si sia formato nell’Universo primordiale prima che le giganti rosse abbiano avuto il tempo di formarsi. Per questo useremo lo spettrografo Phoenix sul Kitt Peak in Arizona”. Non solo. Il gruppo di astronomi ha anche un altro progetto in cantiere: “Si valuterà anche l’ambiente specifico al centro della Via Lattea per vedere se il fluoro si sia formato in modo diverso nella nostra galassia. Useremo lo spettrografo TExES (Texas Echelon Cross Echelle Spectrograph) a Gemini North o l’IRTF (Infrared Telescope Facility) alle Hawaii per studiare il ruolo di stelle massicce in questo tipo di ambienti”.
I ricercatori, infatti, hanno ipotizzato due processi di formazione. “Un primo processo molto specifico coinvolge gli ‘elusivi’ neutrini che difficilmente interagiscono con la materia. Quando una stella pesante si avvicina alla sua esplosione (supernova) e il nucleo si prepara per la formazione di un buco nero, si genera un’abbondante quantità di neutrini che poi bombardano l’azoto presente nell’ambiente dando origine così al fluoro”, ha spiegato Ryde. “Questo è un meccanismo che è stato suggerito nel 1988 e nonostante i nostri nuovi risultati, potrebbe essere ancora valido nell’Universo primordiale”. Il ricercatore poi ha parlato di un secondo processo che prende in considerazione stelle pesanti ed estremamente calde come le Wolf-Rayet: “Alla fine della loro vita mostrano venti stellari tanto forti da strappare via gli strati esterni del guscio”, formando una nebulosa planetaria. Anche il fluoro viene espulso in questo processo e si mescola con il gas che circonda le stelle, (il mezzo interstellare). Quando le nuove stelle muoiono, il mezzo interstellare si arricchisce nuovamente e i pianeti e le nuove stelle che nascono assorbono il fluoro presente nello spazio. “Questi fenomeni, a differenza degli altri, si possono osservare sono nelle fasi più recenti del nostro Universo e in particolari tipi di popolazioni stellari”.
Analizzando la luce emessa da una stella è possibile calcolare la quantità dei diversi elementi in essa contenuti, perché la luce a una determinata lunghezza d’onda indica solo uno specifico elemento. I ricercatori hanno utilizzato un nuovo tipo di strumento sensibile alla luce a una lunghezza d’onda a metà dello spettro infrarosso ed è in questa zona che il fluoro è stato rilevato. “La costruzione di strumenti in grado di misurare la luce all’infrarossi e ad alta risoluzione è molto complicata e solo recentemente sono diventati disponibili per la comunità scientifica”, ha detto Ryde.
“Fondamentali sono stati i nuovi calcoli che abbiamo effettuato: abbiamo dimostrato che la maggior parte delle precedenti osservazioni di fluoro nelle stelle devono essere riviste, perché i dati erano troppo elevati. Saranno necessarie nuove misure e nuove interpretazioni”, ha concluso. I ricercatori stanno ora rivolgendo la loro attenzione anche ad altri tipi di stelle e ad ambienti diversi dall’ambiente circostante il Sole, come ad esempio vicino al buco nero supermassiccio al centro della Via Lattea.
Per saperne di più:
Leggi QUI il paper originale dello studio: “Fluorine in the solar neighborhood: is it all produced in asymptotic giant branch stars?“, di H. Jönsson, N. Ryde, G. M. Harper, M. J. Richter e K. H. Hinkle
Fonte: Media INAF | Scritto da Eleonora Ferroni