dopo un lungo silenzio
viene un verso più lungo di tutti gli altri
Ma noi, Nanni Balestrini
*
Lipi mi ha detto ieri che è stata con sua figlia in ospedale,
ha la bocca lunga come una canna nel lago
rovesciata, i denti larghi, non so dirti quanto
non senta il bisogno di una poesia sociale
che s’impegni nel mondo a giustificare l’essere al mondo
mortale, senza speranza, con l’India così vicina
da poterci comprare le verdure.
Una poesia che mi ignori come ti ignoro, come ti ignorano
i limoni che infilo nel sacchetto, tre, senza sapere che un’altra
volta di notte saresti venuto a cercarmi, rosso dentro una festa:
la camicia non riesce a coprirmi tutti i nodi, tutte le cicatrici
− questi sono i nodi, queste le cicatrici – le speranze tese,
i polsi rovesciati sulle vene che non ti possono liberamente odiare
liberamente, perché sei frutta acerba e nello stomaco lo sento
che sto male che sto male, ma sopra tutto non mi spiego
come possano i papaveri essere distillati e arroventare
sui desideri paralleli della Tiburtina a giugno, i polsini rigirati
negli inseguimenti nelle tregue nel nostro sempreverde inverno io ti voglio
vedere ti voglio incontrare ti voglio
ricostruire, dove mi sono lasciata ti ho lasciato:
ventiquattr’ore di combattimento un desiderio un colpo
poi più niente.