Depressione: per saperne di più sui farmaci che si assumono

Da Silvestro

A cura della Dottoressa Anna Chiara Venturini, psicologa psicoterapeuta a Roma

I sintomi della depressione possono risultare diversi da persona a persona, anche in base all’età; i più noti sono: perdita di interesse per le attività quotidiane, sensazione di tristezza, insonnia, perdita di interesse sessuale, irritabilità, senso di fatica o stanchezza, anedonia. Diverse sono dunque le opzioni di trattamento che vanno dalla terapia farmacologica, alla psicoterapia. Per quanto concerne il trattamento dei sintomi somatici della depressione, la terapia elettiva è quella farmacologica, che si fonda sull’assunto per cui i cambiamenti d’umore dipendono dalla variazione del livello delle monoammine ( ovvero neurotrasmettitori quali serotonina, noradrenalina e dopamina) riscontrate in quantità insufficiente. Di norma i farmaci di prima linea nel trattamento della depressione sono quelli recentemente scoperti poiché hanno minori effetti collaterali, sono efficaci già a basso dosaggio e non richiedono il controllo periodico dei livelli ch il farmaco raggiunge nel sangue. Si tratta di molecole appartenenti ai seguenti gruppi: gli SSRI Inibitori Selettivi del Reuptake della Serotonina, i NARI , Inibitori  Selettivi del Reuptake della Noradrenalina, e gli SNRI ad azione inibente sia sulla serotonina che sulla noradrenalina. Il blocco della ricaptazione comporta un aumento di disponibilità del neurotrasmettitore a livello delle sinapsi, e quindi un incremento della trasmissione nervosa mediata da quel neurotrasmettitore. La loro selettività  di azione e quindi la non interferenza con altri neurotrasmettitori spiega la loro buona tollerabilità (Wong, 1997).

Gli SSRI maggiormente utilizzati sono la Flouxetina (Prozac), la Paroxetina (Paxil, Pexeva), la Sertralina (Zoloft), il Citalopram (Seropram) e l’ Escitalopram (Cipralex).

Gli SSRI sono detti antidepressivi di seconda generazione ed hanno una struttura chimica diversa dagli antidepressivi triciclici (di prima generazione), anche se seguono un meccanismo d’azione simile e sono, come detto, specifici per la ricaptazione della serotonina. Per quanto concerne i NARI, oltre ad agire sul tono dell’umore, mirano soprattutto al recupero del funzionamento sociale della persona; il loro meccanismo farmacologico è infatti volto ad incrementare la disponibilità di noradrenalina a livello sinaptico, essendo la sua diminuzione legata all’affievolirsi dell’iniziativa. Il capostipite di questa classe di farmaci è la Reboxetina.

Riguardo invece gli SNRI, Inibitori selettivi del reuptake della serotonina e noradrenalina, sono anch’essi simili per azione ai triciclici, ma rispetto a questi producono miglioramenti più rapidi e con minori effetti collaterali. Sono inoltre efficaci soprattutto quando la depressione è associata con ansia e in pazienti bipolari. Gli SNRI più utilizzati sono la Venlafaxina (Efexor), la Duloxetina (Cymbalta), la Sibutramina (Reductil), quest’ultimo utilizzato anche per diminuire l’appetito nei soggetti con disturbo bipolare in fase maniacale.

Gli effetti collaterali degli antidepressivi di seconda generazione vanno dalla perdita di appetito alla nausea , insonnia, tremori e disturbi sessuali (eiaculazione precoce nell’uomo e anorgasmia nella donna).

I farmaci di seconda linea sono invece rappresentati dagli antidepressivi triciclici , ADT, che vengono prescritti a persona che non hanno ottenuto miglioramenti con gli SSRI. Questi farmaci sono tra i più efficaci nel trattamento della depressione di grado da moderato a grave associata ad alterazioni psicomotorie e fisiologiche come perdita dell’appetito e disturbi del sonno; il miglioramento del sonno è, di solito il primo segno positivo della terapia. Largamente utilizzati anche nella terapia del Disturbo Ossessivo Compulsivo, del Disturbo di Panico e dei Disturbi Alimentari, sono un’ alternativa ai Sali di litio, quest’ultimi indicati per le forme di depressione maggiore e nei Disturbi Bipolari.

L’effetto degli antidepressivi si rende evidente  solo dopo l’assunzione prolungata e comunque non prima di 15-20 giorni dall’inizio della terapia: un miglioramento clinico nei primi giorni è dunque da ritenersi conseguente ad un effetto placebo o alla sedazione dell’ansia spesso ottenuta con queste molecole (Rapee, 1987). Gli ADT inibiscono il riassorbimento delle amine biogene, in particolare della noradrenalina: nei stati depressivi tale riassorbimento potrebbe essere troppo veloce e portare ad un ridotto stato eccitatorio. I più noti antidepressivi triciclici sono: l’Amitriptilina (Laroxyl), la Clomipramina (Anafranil), l’Iipramina (Tofranil) e la Nortriptilina (Noritren).

Per quanto concerne gli effetti collaterali, avendo i neurotrasmettitori un ruolo non solo nella regolazione dell’umore ma anche nel Sistema Nervoso Periferico, molti di questi farmaci hanno notevoli effetti collaterali come: tachicardia, secchezza delle fauci, ritenzione urinaria, calo della libido, tremori, stitichezza, difficoltà di concentrazione, disturbi visivi lievi e sensazione di calore.

I farmaci di ultima scelta sono gli IMAO ,Inibitori delle Monoaminossidasi. Si tratta di una classe farmacologica eterogenea avente come caratteristica peculiare la capacità di bloccare i processi di deaminazione ossidativa a carico delle monoamine. L’azione di blocco catabolico caratteristica degli IMAO comporta un’aumentata disponibilità del neuromediatore a livello sinaptico e quindi un incremento della trasmissione monoaminergica.

Gli effetti collaterali legati all’uso degli IMAO sono generalmente rari e poco gravi, ma va tuttavia sottolineato il rischio di crisi ipertensive con cefalea, nausea, palpitazioni, sudorazione, direttamente legate all’assunzione di alimenti ricchi di tiramina, molecola non catabolizzata dalle monoaminossidasi ( es. formaggio, vino, cioccolato, fichi secchi, ecc.) o composti simpaticomimetici ( anfetamine, Efedrina, Yoimbina, ecc).  

In base a cosa il medico sceglie il farmaco?

Per quanto riguarda le modalità di somministrazione la scelta del farmaco dipende da:

-   effetti collaterali (secchezza della bocca, stitichezza, vertigini, sonnolenza, aumento peso, tachicardia, difficoltà di memoria, riduzione della libido, annebbiamento vista)

-   maggiore o minore risposta a trattamenti precedenti

-   peso ponderale, età del soggetto ed eventuale presenza di altre malattie

Inoltre nel trattamento farmacologico di grande importanza sono le modalià di somministrazione. E’ indispensabile partire con dosaggi bassi ed incrementarli lentamente per evitare effetti da up-regulation recettoriale. Un’ intensa sedazione o uno stato di agitazione iatrogeni nei primissimi giorni di cura possono determinare il rifiuto delle terapie farmacologiche o comunque minare la compliance.

Tali farmaci agiscono non prima del ciclo di latenza farmacologica che è di circa 4-6 settimane: forzare precocemente la somministrazione provoca solamente la rapida comparsa di effetti collaterali.  La durata di somministrazione dei farmaci antidepressivi non può essere inferiore ai 9-12 mesi per evitare ricadute e va valutato l’aumento di tempo minimo di somministrazione in rapporto alle condizioni del paziente.

Nel caso in cui si verifichi una resistenza agli antidepressivi si può attuare uno dei seguenti quattro interventi:

-  ottimizzazione della terapia

-  augmentation: aggiunta  di un farmaco non antidepressivo all’antidepressivo per potenziare l’effetto di quest’ultimo

-  switching: passaggio ad un antidepressivo di diversa classe farmacologica

- combination: associazione di due differenti antidepressivi, anche qui preferibilmente di diversa classe farmacologica

Sussistono inoltre altri problemi correlati alla farmacoterapia e che vanno tenuti in considerazione:

-  spesso i pazienti non seguono le prescrizioni nei dosaggi e nei tempi di somministrazione

-  una volta smesso il farmaco non sembra garantire una efficacia significativa nella riduzione del rischio di ricaduta

-  i farmaci antidepressivi, usati per lungo tempo, possono presentare un effetto di sensibilizzazione alla depressione stessa.

Ad ogni modo sia l’assunzione che la sospensione della terapia va concordata col medico di riferimento ( psichiatra, neurologo, etc..)

(Ultimo articolo pubblicato ” Tradimento: le scappatelle fanno bene al rapporto?” )

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