Ma al di là di queste considerazioni che pure meriterebbero un qualche approfondimento, ciò che emerge da queste tragedie è il cinismo con cui esse sono usate per orientare lo sdegno e nascondere al tempo stesso l’impudenza e la colpevole superficialità con cui il potere occidentale agisce in nome dei suoi interessi, dando patenti di amici e di terroristi ora agli uni ora agli altri a seconda del proprio tornaconto. Non si può dimenticare che appena un anno fa gli stessi combattenti dell’Isis su cui oggi si tirano le bombe erano coccolati come martiri di Assad al punto che Obama minacciò l’intervento in Siria, dopo la bufala dei gas nervini. Né va dimenticato che Washington ha lasciato che il califfato dellì’Isis arrivasse fin quasi a Bagdad, senza muovere un dito, scoprendo la questione umanitaria solo quando gli islamisti hanno cominciato ad attaccare i Curdi che da ex terroristi ( vedi caso Ocalan) si sono trasformati in amici in grado impedire con le loro rivendicazioni nazionali, la stabilizzazione dell’Iraq conservando così agli Usa il dominio del petrolio nella regione. E non solo: uno stato curdo anche informale, con rivendicazioni sul territorio iraniano e turco sarebbe un ulteriore strumento di pressione.
Destabilizzare e imperare. Non a caso le armi che vengono usate dall’Isis contro i Curdi sono le stesse generosamente donate agli islamisti perché facessero fuori Assad e fosse più facile, più economico gestire le notevoli risorse petrolifere esistenti nel mediterraneo prospiciente la Siria. E tranquillizzare anche Israele che di certo non amerebbe un potenziale nemico rafforzato economicamente. Adesso è il contrario bisogna armare i Curdi e disarmare gli altri. Tutti conti fatti senza l’oste e cioè senza tenere in conto le conseguenze o magari anche immaginandole, ma fregandosene del sangue e delle catastrofi umanitarie che al contrario sono benvenute perché permettono di obliterare il passato e di confondere piani e interessi. Un gioco molto facile con opinioni pubbliche la cui capacità di attenzione non supera ormai quello dello spot e che peraltro non chiede che di trovare alibi per la propria smemoratezza.