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Destini di vetro

Creato il 17 settembre 2010 da Edizionialtravista
set 17, 2010 Vai ai Commenti by Redazione Destini di vetro

Persia, 1920. Shapur ha dieci anni e sa che quella notte non riuscirà a chiudere occhio. Il giorno seguente, infatti, suo padre lo condurrà con sé nella città di Yadz, la sposa del deserto, nel negozio di dolciumi più rinomato di quelle parti. Shapur sente già in bocca il sapore delicato del caramello e del burro e pensa che non esista felicità più grande di quella che lo aspetta. La mattina seguente, però, un infausto incidente rovina le sue aspettative. Quando suo padre urta inavvertitamente un uomo vestito in modo diverso, un musulmano, viene preso a bastonato, gettato a terra, la polvere a insozzare gli abiti nuovi. Quel giorno la vita di Shapur cambia per sempre: suo padre, incapace di sopportare le umiliazioni inferte alla sua gente, gli zoroastriani, decide di lasciarsi alle spalle la terra che ama e di partire per inseguire un destino migliore. Il lungo viaggio lo conduce a Dahanu, un piccolo villaggio alle porte di Bombay. Padre e figlio non possiedono nulla, ma la scoperta di un frutto dal sapore dolcissimo cambierà la loro vita per sempre. Ottant’anni più tardi Shapur è diventato ricchissimo, la sua fortuna risiede tutta nella terra che lo ha accolto molto tempo prima, in quel frutto, la sua piantagione è cresciuta e per lui è la figlia prediletta. Da anni nella sua vita non esiste che quello, ma ora è giunto il momento di ritirarsi e, tra tutti i figli e nipoti,Shapur ha scelto il suo erede, colui che custodirà le sue memorie, la sua storia. Zairos è giovane, viziato, ma Shapur nei suoi occhi ha visto se stesso e vuoi donargli ciò che ha imparato. Quando, però, Zairos si innamora di una schiava musulmana, una donna indegna, il suo rapporto col nonno si incrina. Attraverso quell’amore proibito Zairos scoprirà un segreto sulla sua famiglia che Shapur aveva cercato di seppellire più di cinquant’anni prima.

La notte prima di partire per Yazd il giovane Shapur
non riuscì a dormire. Pensieri di panna e burro che gli si
scioglievano in bocca lo colmavano di piacere. Suo padre
gli aveva promesso di portarlo dal pasticcere più rinomato
di tutta la Persia, Afl atoon di Esfahan, i cui dolci
erano paragonati alla poesia di Rumi e Hafez.
Sedette dunque tutto il tempo sognando, sognando
di addentare e masticare e assaporare, di tenere in bocca
per l’eternità pezzi di zucchero fi lato.
Al primo accenno di luce era già pronto.
«Sei un vero Marco Polo» gli disse Vamog, carezzandosi
la lunga barba che dal mento gli penzolava in un
triangolo rovesciato.
Poi offrì al fi glio delle mandorle, ma Shapur non ne
voleva.
«Ci aspetta un lungo viaggio» spiegò allora. «Devi
mangiare.»
Shapur ingollò le mandorle, sperando che non andassero
a occupargli troppo spazio nella pancia. Aveva solo
dieci anni e, nonostante l’appetito da uomo, fi sicamente
era ancora piccolo. Voleva lasciare libero ogni centimetro
del suo stomaco per le creazioni di Afl atoon.
Dopo aver arrancato per le sabbie rosse del deserto
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e rimediato un passaggio da una carovana di fi latori di
seta, padre e fi glio raggiunsero infi ne Yazd. Si fermarono
davanti al tempio del fuoco zoroastriano. Vamog
desiderava moltissimo vedere la fi amma che ardeva nella
camera interna dentro a un grande vaso di rame, una
fi amma tenuta viva per oltre mille anni. Amorosamente
accudita da un gran sacerdote, per tutti i seguaci della
fede zoroastriana era simbolo di purezza e bontà.
Un angelo barbuto con in mano un disco d’oro decorava
l’ingresso giallo del tempio.
«Lo sai cos’è?» chiese Vamog al fi glio.
«Una fravashi» rispose Shapur. «Mi proteggerà ovunque
andrò, giorno e notte, in questa vita e nella prossima.»
La prima volta che Shapur aveva sentito parlare delle
fravashi si era immaginato un paio di robuste ali dorate
che avviluppavano il tetto a volta della sua casa e così si
era sentito al caldo e al sicuro, persino nelle fredde notti
invernali in cui gli ululati del lupo si mescolavano ai fruscii
del vento rendendo tutto lugubre e sinistro.
Anziché condurlo nel tempio, Vamog portò Shapur
presso un pozzo fuori dal cancello. Salendo fra le pareti
anguste, il vecchio secchio cigolante fece volare via i passeri
posati sul bordo. Vamog riempì una tazza d’acqua
e la accostò alle labbra del fi glio ma, quando lui aprì la
bocca per bere, gliela versò sulla testa.
Sorpreso, Shapur scoppiò in una risata.

Titolo: Destini di vetro

Autore: Anosh Irani

Editore: Piemme

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Categoria: Narrativa, Novità Tags: Anosh Irani Piemme

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