Magazine Cultura

Destra e sinistra non esistono più

Creato il 02 gennaio 2013 da Antonio
La lista di chi dice che destra e sinistra non ci sono più si è allungata. Ricordo tempo fa che era solito ripeterlo Bossi, diceva che lui sta in alto. Poi Grillo, evidentemente a corto di battute originali, ha detto la stessa cosa, destra e sinistra non ci sono più io sto in alto. Anche Monti ha detto che destra e sinistra non ci sono più, evidentemente sarà sembrato poco elegante al professore dire che sta in alto, doveva pur distinguersi dagli illustri predecessori e poi c'è sempre il fantomatico centro cui appellarsi.
Di solito i film prevedibili mi annoiano e l'esito di Monti al riguardo era più che prevedibile, perdonatemi l'autocitazione ma un anno fa scrissi di «una sorta di oggettivazione della tecnica che a questo punto non sarebbe "né di destra né di sinistra"». Il film era talmente banale che la previsione era fin troppo facile. C'è da dire che la situazione di quella che si chiama destra in Italia è talmente miserabile che tocca pure esultare se Monti si propone alla guida di una destra presentabile ma detto questo mi pare che l'agone elettorale non stia risparmiando neanche il compassato Monti dal fascino delle battute ad effetto e possibilmente senza troppi argomenti. Magari prima o poi si comincerà con le promesse elettorali del tipo che verranno abbassate le tasse!
Durante il periodo festivo ho letto un libro che ho apprezzato molto e che consiglio fortemente di leggere. Il titolo italiano è La misura dell'anima. Perché le disuguaglianze rendono le società più infelici, di R. Wilkinson, K. Pickett, edito da Feltrinelli nel 2009 e in edizione economica nel 2012.  Qui trovate una recensione del libro. Gli autori sono due epidemiologi con solide basi in economia. Il libro è fitto di dati e grafici che dimostrano come il grado di benessere nei paesi sviluppati non sia guidato dal reddito assoluto ma dal grado di diseguaglianza in ogni società. In altre parole non conta il reddito assoluto ma la posizione sociale all'interno del proprio contesto. Quando si parla di benessere sociale si intendono indicatori quali tassi di mortalità, durata della vita, incidenza di ansia, malattie cardiache, salute mentale, obesità, incidenza delle gravidanze adolescenziali, tassi di criminalità, uso di sostanze stupefacenti, mobilità sociale ecc. ecc. Nei cosiddetti paesi sviluppati tutti questi parametri sono correlati con la disuguaglianza economica, ovvero all'aumentare della forbice tra ricchi e poveri c'è una diminuzione del benessere e la cosa più stupefacente è che in molti casi la riduzione del benessere è trasversale, tocca i poveri in maggior misura ma anche i ricchi. Oltre un certo livello dei redditi non è la povertà assoluta a determinare i disagi sociali ma la disuguaglianza relativa dei redditi. Una correlazione non è sempre indicativa di una relazione causa-effetto ma il libro fornisce solide e convincenti argomentazioni per ritenere fondato che tra disuguaglianza e disagio ci sia una relazione di causalità. Ai risultati presentati nel libro è dedicato il sito http://www.equalitytrust.org.uk/ di cui è disponibile una versione in italiano.
Tra i paesi con minore disuguaglianza dei redditi c'è la Svezia e il Giappone, sono modelli economici e politici diversi, quasi antitetici, la prima con una forte tassazione ed una politica redistributiva, il secondo con un contenimento a monte dei redditi. Tra i paesi con maggiore disuguaglianza ci sono gli Stati Uniti, dove la tassazione è vista come fumo negli occhi, la politica redistributiva è scarsa e il contenimento dei redditi è praticametne nullo. L'Italia occupa una posizione intermedia tra questi estremi. Sarebbe interessante sapere in quale direzione porterebbe l'Italia la politica di Monti.
Il nocciolo del discorso politico moderno parte da quelle tre parole che furono la bandiera della Rivoluzione francese: Libertà, Uguaglianza, Fraternità. Ora, per farla brutalmente breve, se uno ritiene che l'uguaglianza sia premessa fondamentale per ottenere libertà e fraternità allora è di sinistra, se uno ritiene che la libertà è premessa fondamentale per ottenere uguaglianza e fraternità allora è di destra. I dati dicono che a partire dagli anni '80 c'è stata un'impennata della disuguaglianza sia tra paesi sia all'interno dei paesi sviluppati, la storia dice che in questi ultimi paesi la visione politica imperante è stata di stampo neoliberista che io definisco di destra ma magari il professore Monti definisce di centro. Monti all'inizio del suo mandato ha parlato di equità, come siano andate le cose è sotto gli occhi di tutti. E' vero che la maggioranza relativa in Parlamento era la stessa che votava per «Ruby rubacuori nipote di Mubarak» ma non mi pare che le iniziative di Monti fossero orientate a stabilire con forza la priorità dell'uguaglianza sulla libertà. La lotta all'evasione andrebbe sicuramente nella direzione della solidarietà ma solo se i proventi servissero a ridurre le disuguaglianze.
Fino a quando ci sarà qualcuno che parla di storia dei paesi e altri parleranno di storia delle genti allora ci sarà destra e sinistra, fino a quando ci sarà chi considera l'uguaglianza la premessa della libertà e della solidarietà allora ci sarà la sinistra, fino a quando ci sarà chi pensa che il benessere di molti è il risultato dell'arricchimento di pochi (assunto peraltro più volte smentito dai fatti) allora ci sarà la destra. Fino a quando ci sarà chi pensa che salvare un paese significa salvare la sua gente allora ci sarà la destra e fino a quando ci sarà chi pensa che salvare la gente significa salvare il paese allora ci sarà la sinistra.

Potrebbero interessarti anche :

Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog

Possono interessarti anche questi articoli :