Detrazioni fiscali per l'acquisto di libri (ma non tutti e non per tutti)

Creato il 18 gennaio 2014 da La Stamberga Dei Lettori
Si rincorrono tra i blog, i giornali on-line e le case editrici la notizia, e le relative opinioni, di una nuova iniziativa governativa a favore dell'editoria italiana, sempre più in crisi: la detraibilità fiscale per l'acquisto di libri. Si tratta di una misura inserita dal Governo Letta nel recente pacchetto anti-crisi Destinazione Italia, che recita:
Per favorire una maggiore diffusione della lettura dei libri cartacei è riconosciuta una detrazione fiscale del 19% sulle spese sostenute nel corso dell’anno solare per l’acquisto di libri muniti di codice ISBN, per un importo massimo di € 2000, di cui € 1000 per i libri scolastici ed universitari ed € 1000 per tutte le altre pubblicazioni.
Che tipo di libri danno accesso agli sgravi fiscali?
Quasi tutti i libri cartacei, che siano testi scolastici-universitari-professionali o di narrativa e saggistica. ComicsBlog include anche fumetti e graphic novel, mentre Yahoo! Finanza include i libri usati, ma esclude i libri antichi. Insomma, il discrimine dell'ISBN parla chiaro: se ne è sprovvisto, il libro non dà diritto al rimborso.
E gli e-book? Gli e-book, per la legislazione italiana, non sono propriamente "libri" (che sono solo quelli cartacei), e quindi sono esclusi. Lo dimostra la diversa regolamentazione dell'IVA, che per i libri cartacei è fissata al 4%, mentre per gli e-book è quella massima del 22%.
Come funziona la detrazione?
In attesa della norma attuativa, vediamo come l'iniziativa dovrebbe funzionare, secondo le stime di editori, librai e specialisti del settore. L'iniziativa dovrebbe durare fino al 2016 compreso. Come per altri sgravi fiscali (ad esempio i farmaci), è necessario che lo scontrino fiscale riporti due dati fondamentali: il codice fiscale e il codice ISBN di ogni libro acquistato di cui si intende chiedere il rimborso. Le librerie stanno cominciando ad attrezzarsi, ma è bene ricordare di chiedere sempre lo scontrino parlante (con tutti i dati presenti, come per le farmacie) e di conservarlo con cura.
E le librerie on-line? Come di consueto, c'è ancora un po' di confusione. L'assenza di un preciso discrimine nei loro confronti lascia intendere siano naturalmente incluse. Un segno positivo è che i principali store on-line hanno iniziato a prendere misure in tal senso. Ho personalmente verificato l'andamento della situazione. Le librerie on-line IBS.it e Libraccio hanno inserito nelle schede dei profili il campo "codice fiscale", specificando accanto che si tratta di un dato necessario per ottenere la detrazione fiscale. Il sito inMondadori ha inserito il medesimo campo nell'indirizzo di fatturazione. La Feltrinelli presenta più confusione (personalmente non riesco a inserire manualmente il codice fiscale). Discorso diverso, come si poteva temere, per Amazon. Il colosso on-line, balena bianca dell'editoria italiana, non ne parla da alcuna parte, né presenta la possibilità di inserire il codice fiscale nel proprio profilo. Difficile prevedere con esattezza uno sviluppo della situazione, certo è che l'avere sede in Lussemburgo, dunque al di là della legislazione italiana, e il rappresentare una nemesi dell'editoria italiana (al punto da rendere necessario l'istituzione di misure protezionistiche, eufemisticamente presentate come misure a favore della lettura - come ha insegnato il caso della Legge Levi) non lasciano spazio a molte speranze.
Cosa cambia nel mondo editoriale?
Il provvedimento arriva dunque due anni e mezzo dopo la controversa Legge Levi, ribattezzata rapidamente "Legge Anti-Amazon", che ha fissato un tetto massimo agli sconti sui libri. Una misura che è stata bollata come protezionistica, fortemente voluta dai librai italiani e (almeno per me) incomprensibilmente dalla piccola e indipendente editoria, che ha avuto come conseguenza un innegabile innalzamento vertiginoso dei prezzi dei libri, accompagnato dall'ovvio crollo delle vendite. Si è tirata in ballo "la crisi", come per ogni aspetto della vita quotidiana italiana negli ultimi cinque anni. Forse le classi dirigenti, i legislatori e gli editori hanno finalmente aperto gli occhi? Freniamo gli entusiasmi.
Dal mondo editoriale si avverte subito il grido esultante di Marco Polillo, Presidente dell'Associazione Italiana Editori. Un brivido corre lungo la schiena di chi ricorda il suo feroce entusiasmo per l'approvazione della Legge Levi. Soddisfatto anche l'editore Stefano Mauri, che sulle pagine del Libraio parla di una misura a favore non solo di quella parte del paese che legge almeno un libro all'anno, ma soprattutto per l'altra metà che non legge. Ma io ricordo ancora quando mascherava con il tanto sbandierato "plurarlismo" l'attacco velato ad Amazon. Anche a non voler essere cinici e a voler riconoscere lo sforzo d'attenzione fatto dal Governo al mondo dei lettori italiani, si percepisce comunque la cecità di chi invoca il liberismo ma poi partorisce l'ennesima norma protezionistica. Difficile, insomma, dubitare che dietro questa iniziativa ci sia un'azione protezionistica lobbistica. Per rilanciare l'editoria (e la cultura) italiana bisognerebbe innanzitutto appianare la discriminazione in fatto di IVA tra libro cartaceo ed ebook (che comporterebbe un immediato abbassamento dei prezzi di questi ultimi): cosa peraltro invocata a gran voce proprio dallo stesso Marco Polillo, oggi come ieri. Peccato che Alberto Galla, Presidente dell' Associazione Librai Italiani, sulle pagine di Libreriamo inviti alla prudenza sulla questione.
Ma funziona davvero?
Mentre l'incertezza regna sovrana e molti pensano a scontrini e fatture, c'è chi si è letto i numeri e ha provato a fare quattro conti. Blitz Quotidiano punta il dito sul forte sottofinanziamento che minaccia di vanificare completamente l'iniziativa. Si calcola che il fondo di 50 milioni di euro, giudicato insufficiente, "può coprire le detrazioni sino ad una spesa di un quarto di miliardo di euro" (50 milioni sono il 19% di 260 milioni). Questa spesa "divisa per i 20 milioni di famiglie italiane, consentirà di acquistare libri ad ogni nucleo familiare per ben 13 euro. Risparmiandone circa 2 a famiglia."
Che fare, dunque?
Conservare scontrini, previa cessione di dati personali alle librerie, potrebbe non essere un'azione a cuor leggero in una società post-NSA. Dubito che gli italiani accorreranno in massa a richiedere fatture e scontrini, detrazioni o non detrazioni. I libri si vendono se si investe nella cultura e nella scuola, se si segue il gusto del lettore e il progresso naturale del mercato, non se si pensa ai lettori come compratori di batterie di pentole. E se l'iniziativa dovesse veramente confermarsi come una burla, a causa del sottofinanziamento, l'effetto boomerang sarebbe devastante.

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