Letture e festival agricoli
Qualche tempo fa leggevo da qualche parte che l'expat che è all'estero ormai da qualche anno vive una situazione ancora più difficile di quello di primo pelo. A cinque anni (quasi) dal mio approdo in terra belga, mi accordo che per molti aspetti è vero.Troppo lontana ormai dall'Italia, affievolita fino quasi a scomparire la nostalgia/desiderio di tornare, ma nel contempo ancora lontana dall'essere integrata in Belgio. E con il sospetto che questa integrazione, mai veramente cercata finora, possa non essere pienamente realizzabile, soprattutto per via di alcune caratteristiche peculiari di Bruxelles.
Su questo blog e altrove si spendono fiumi di parole a descrivere e analizzare il curioso fenomeno della "bolla", un milieu semiliquido in cui galleggiano individui accomunati dal fatto di parlare tre o quattro lingue al minimo, dall'avere uno o due master al minimo, e dall'essere disperatamente alla ricerca del sacro Graal della professione, della svolta lavorativa che appagherà in un solo istante tutte le fatiche e le apirazioni avute finora. La bolla è in sostanza un prodotto socio-culturale delle istituzioni europee e tutto ciò che ci gira intorno.
Gli individui della bolla sono caratterizzati anche da un alto livello di mobilità. I farewell party sono all'ordine del giorno, molti si fermano solo qualche anno e un weekend riuscito per il bollese medio comporta inevitabilmente un trolley e un volo low cost. A mio avviso, il bollese tende a perdere di vista il fatto che ci siano altre soluzioni ai problemi della vita oltre a quella di partire. Ma questa è solo una mia opinione.
[Nota enciclopedica: gli olandesi descrivono questo tipo di città un "pigeon roof". Metafora ardua da comprendere che mi rimanda sgraedvolmente alle cacche di piccione, ma comunqe ci tenevo a farla presente visto che l'ho imparato a un networking da un anziano lobbista dei Paesi Bass].
Ecco dopo qualche anno ho deciso che io no. Che vorrei dare un'occhiata anche al di fuori della bolla. Che mi sporcherei volentieri le mani a parlare con qualcuno che ha solo una laurea o che nella vita ha viaggiato solo da Bruxelles ad Ostenda. Che se parlo francese anche con qualcun altro, oltre al cassiere del supermercato, potrei guadagnarci.
Hallerboos, aprile 2015
E così è partito il mio grande progetto di integrazione. In libreria mi sono fatta tentare dalla raccolta "Bruxelles Noir", racconti ambientati fra rue de Flandre e Place Poelaert.Ieri ho passato la serata in una remota località ai bordi della città dove ho conosciuto un vero coltivatore di chicons, (la famosa insalata belga) e ho discusso di progetti per incentivare la stampa hyper-local.
E oggi, nonostante la pioggia battente, mi sono diretta con uno sparuto gruppo di coraggiose per una gita al meravigioso bosco blu, nelle Fiandre. Cavallerescamente, la pioggia si è fatta da parte per quelle due ore necessarie ad ammirare il tappeto di fiori e vedere due cerbiatti.
Bastava solo avere fiducia.