Dmitrij Medvedev
All’indomani della nuova manifestazione che ha portato decine di migliaia di dimostranti a sfilare pacificamente per le strade di Mosca, Dmitrij Medvedev apre ad una riforma in grado di rafforzare il decentramento sia amministrativo che fiscale in Russia: in un messaggio al Parlamento il presidente russo ha infatti sottolineato le numerose differenze, sociali ed economiche, che caratterizzano le regioni all’interno della Federazione Russa, esortando la creazione di particolari regimi giuridici e fiscali in alcune di queste regioni. Secondo Medvedev, infatti, una ridistribuzione delle tasse a livello locale porterebbe nelle casse regionali una maggiorazione di almeno mille miliardi di rubli (circa 25 miliardi di euro).
Un’ipotesi che il numero uno del Cremlino aveva già avanzato a giugno nel suo messaggio al Parlamento, a proposito dell’approvazione del budget triennale: oggi, come allora, la proposta ha trovato però più perplessità che consensi. Commentando con un “non escludo nulla”, Putin ha mal celato lo scetticismo verso la possibilità di realizzare questa sorta di devolution, invitando a calcolare attentamente ogni singolo aspetto del progetto presidenziale.
Più secca la risposta del ministro delle Finanze Siluanov, che si è opposto ad un passaggio immediato di tutte le funzioni alle regioni, proponendo in alternativa un trasferimento graduale: “Amplieremo sì il budget delle regioni, ma lo faremo gradualmente. Siamo già pronti a concedere alle autorità locali la possibilità di stabilire la pressione fiscale locale”, ha ribadito Siluanov.
Non è un caso che Medvedev abbia posto la riforma delle autonomie al centro del dibattito politico a pochi mesi dalle elezioni presidenziali. Il presidente russo, che con tutta probabilità da maggio sarà il nuovo premier, conosce bene il crescente malcontento nelle varie regioni (molte delle quali caratterizzate da una maggioranza etnica diversa da quella russa-slava) per via della scarsa autonomia che Mosca concede alle amministrazioni locali. I timori, fondati, di Medvedev riguardano la possibile esplosione di tensioni etniche dietro le quali si celano motivazioni economiche. L’esempio dell’Urss, collassata vent’anni fa sotto la spinta di forti tensioni nazionalistiche, è ancora vivo: la Russia è una nazione multietnica come l’Urss, dove si stanno commettendo errori molto simili a quelli del recente passato sovietico. Uno su tutti: la nomina dall’alto dei governatori e degli amministratori locali, che Putin trasferì al Cremlino durante il suo primo mandato presidenziale.
E a proposito di nomine, ha fatto scalpore la decisione presa oggi dal presidente di nominare vicepremier Vladislav Surkov, ex vicecapo di staff del Cremlino e fino alla scorsa settimana dato per molto vicino a Putin: in un’intervista all’Izvestija di venerdì scorso, Surkov ha definito il sistema politico russo “pieno di stupidi e corrotti”, prendendo le difese delle “assolutamente normali” manifestazioni contro i presunti brogli elettorali, tenute di recente in varie città della Russia.