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Di cambiamenti e cartoline vintage

Creato il 30 novembre 2015 da Marika L
Questo che segue è il risultato di un flusso di pensieri, un post che fino all'ultimo sono stata indecisa se pubblicare oppure no.
L'ho scritto di getto, più per me che per il web, ma penso che se abbiamo dei pensieri positivi sia giusto condividerli.
Quindi, eccomi qui.

Ieri sono andata a trovare i miei nonni e, nel bel mezzo della chiacchierata, nonna si è alzata e come se avesse avuto l'illuminazione del secolo ha tirato fuori dal nulla due cartoline vintage datate 1997 scritte dalla mano nervosa e imprecisa di una bimba che faceva ancora fatica a mantenere una linea dritta.
Quella bimba ero io.
Avevo addirittura costretto mia mamma a scrivere sopra all'indirizzo del destinatario "Gentilissimi Nonni".
Gentilissimi Nonni?
E per fortuna che alla fine mi ha ascoltato, perché se lo avessi scritto io non si sarebbe capito nulla e avrei causato al postino seri problemi di personalità.

Mentre rigiravo tra le dita quei pezzi di cartoncino con stampata sopra una Disneyland che viste le foto attuali definirei quasi vintage, pensavo a quanto il viaggio abbia fatto sempre parte della mia vita, una costante che mentre crescevo, cresceva con me.
Penso a quanto sono cambiata, a come sarei ora se non avessi avuto la fortuna di muovere da subito i miei primi passi nel mondo.

Mi è stato insegnato a non dubitare mai di potercela fare e se ora sono qui, a costruire una vita che ho sempre sognato, lo devo a chi non ha mai smesso di credere in me.
Poi però c'è il rischio contrario: perché quando insegni ad un figlio a volare, devi mettere in conto che prima o poi spiccherà il volo senza di te.
Devi mettere in conto infiniti fusi orari, il messaggio della buonanotte quando stai pranzando e i vari "Quando torni festeggiamo".
E' una cornice articolata e complessa che alla fine dei conti si riduce ad un'unica, fondamentale parola: fiducia.

In realtà un pezzo di cuore resta sempre a casa, anche quando sei sulla cima di un grattacielo o nel bel mezzo di un deserto. E' lì, tra le foto su whatsapp di paesaggi -da parte mia- e quelle dei nostri amici a quattro zampe, da mamma e papà. E' lì tra i bagagli sempre mezzi pieni e mezzi vuoti, tra un cambio di stagione che non viene fatto ormai da anni perchè tanto non si sa mai quando potresti di nuovo dover tirare fuori il costume e non servono parole per capire che questa eterna sospensione è ciò che più di tutto di tiene in vita: l'attesa del viaggio è essa stessa il viaggio.
Poi alla fine tornie la tua famiglia è lì che ti aspetta anche alle due di notte perché non vede l'ora di sapere cosa è successo e tu non vedi l'ora di raccontare di tutti quei fantastici mondi lontani che hai visto, delle persone che hai incontrato e alla fine dei conti lo sai anche tu che tutto ciò è possibile anche grazie a loro. Anche quando mia mamma mi manda via sms le news più importanti perché ancora non capisce che mi basta un wifi per restare aggiornata. Oppure quando si informa su cosa accade in un Paese che sto per visitare e non appena capta un aggiornamento degno di nota subito me lo comunica. "Hai visto che ha vinto il partito di San Sun Kyi?".
E subito dopo: "Ma quindi lì ti prenderà il cellulare?"

Nel corso della mia vita ho cambiato tantissimo il mio modo di viaggiare e penso che sia bello avere un tratto in continuo mutamento. E' bello che ogni luogo che visitiamo ci ispiri in modo diverso.
Se c'è una cosa che ho imparato con il tempo è la necessità di fondersi, con quel luogo. Questo è probabilmente un aspetto che invece non cambierà mai: io un luogo ho imparato a sentirlo sulla pelle, a indossarne i panni, a sentirne il profumo. Io i luoghi ho imparato a divorarli, oltre che sognarli.

Ma se prima organizzavo i miei viaggi con molta più ansia, complice il fatto che mi muovevo di meno, ultimamente sento la necessità di lasciarmi trasportare dalle situazioni.
Sento di non aver più bisogno di stringere tra le mani una risma di fogli con itinerari super dettagliati, prenotazioni contenenti l'orario preciso del check in, escursioni concordate con largo anticipo, selezione di posti in cui mangiare.
Ho deciso di provare a cambiare prospettiva, per vedere quale mi si addice di più o semplicemente per capire se sia questione di periodi o di umore.
Ci crederesti che ho anche acquistato uno zaino? Io, che portavo 23 kg di vestiti per una settimana? Proprio io, che se non infilavo quattro bikini in una valigia invernale per Londra non ero contenta. "Ma che faccio, non li porto almeno due cambi al giorno?". No, due cambi al giorno non sono indispensabili, sono inutili.
Penso che il mio viaggio in America abbia rappresentato la linea sottile tra l'emozione nel prenotare tutto per sentirlo più vicino e quella di non prenotare nulla per sentirlo più avvincente. Lo avevo detto io, che la ragazza partita dall'inizio della Route 66 non era la stessa che ne ha raggiunto il traguardo.

Poi magari tra un mese cambio idea, vado nel panico e inizio a pagare il wifi sull'aereo per prenotare gli alloggi prima di arrivare a destinazione.
Dicono che in realtà un letto si trova sempre, a parte alcuni periodi o eventi di sicura affluenza. Io non lo so se farà per me oppure no, ma voglio provare a mettermi in gioco, a non avere sempre un programma su cui contare, a decidere giorno per giorno quale strada prendere. I tempi cambiano e cambiamo anche noi, ciò che viviamo disegna le nostre scelte e la nostra attitudine.
E noi dovremmo sempre essere in grado di ascoltarci.
Il mondo è la mia cura e la mia malattia e se fino a questo momento ha saputo dare un senso in quel modo che solo chi il viaggio lo sente dentro potrà capire, immagino cosa potrebbe essere in grado di fare se mi lasciassi stupire.
Credo di essere una viaggiatrice più sicura.
Sul più felice, invece, non ho alcun dubbio.

E voi come avete modificato nel tempo il vostro modo di viaggiare?


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