Gennaio 2012.Il nuovo anno (forse l'ultimo per alcuni, ma non si dice anche last but not least?!) è partito qui nelle Langhe con due consapevolezze: la prima che saremmo partiti per la visita in Emilia dovendo ancora smaltire il pranzo di Natale, la seconda che alla fine del mese ci sarebbero stati gli esami di fine didattica integrativa. Per ovvi motivi si è data decisamente più importanza al primo fatto e l'Università stessa, per farci entrare nel mood giusto, aveva previsto pochi giorni prima del viaggio in Emilia una giornata tutta carne e salumi in Piemonte. Il che tradotto voleva dire spendere una mattinata alla Granda e passare un pomeriggio con il proprietario del salumificio Dho a Centallo.La Granda non era un ambiente nuovo per noi, ci eravamo infatti già passati a dicembre per una visita di carattere generale e per innamorarci un po' dei discorsi di Sergio Capaldo ma non avevamo fatto in tempo ad entrare nei laboratori di lavorazione delle mezzene. Sarebbe stato un vero peccato non recuperare, perdendo anche la possibilità di vederci vestiti da allegri chirurghi:-)Così in una mattinata decisamente tiepida (paragonandola a quelle di questi giorni mi sembra pure di ricordarla caldissima) abbiamo assistito a tutto il processo di lavorazione delle mezzene: dall'inizio, dove si poteva riconoscere ancora bene la fisionomia dell'animale, fino alla fine con l'ottenimento di tutti i tagli pronti per la vendita al dettaglio.Ero sicura che vedere dal vivo la sezionatura di un animale mi avrebbe fatto una certa impressione e che non avrebbe aiutato il mio già flebile rapporto con la carne ed invece minuto dopo minuto, mi sono dovuta ricredere, ritornando cautamente sui miei passi.Ogni cosa nella vita si può fare con amore e rispetto o con scarsa conoscenza e disinteresse ed anche questa, ovviamente, non fa eccezione.Vedere al lavoro attenti macellai che guardano la carne, la "capiscono" e la lavorano per far risaltare la qualità di ogni singolo taglio, fa capire che tutto questo è semplicemente un'arte ed anche un patrimonio culturale di immenso valore.Si può benissimo discutere se sia giusto o no uccidere un animale per poi mangiarselo (e personalmente trovo che entrambe le posizioni siano corrette) ma non si può discutere sul fatto che se questo viene fatto, all'animale devono essere assicurati dei diritti durante tutta la sua vita, tra i più elementari: venire alimentato con ciò che Madre Natura aveva previsto, crescere in una dimensione sociale e spaziale adeguata, fino ad arrivare una macellazione il più possibile indolore.Se i controlli sulla filiera funzionano bene, allora mangiare carne diventa veramente un atto culturale perchè si riconosce tutto il lavoro che sta dietro alla bistecca che abbiamo scelto di avere nel piatto.Mangiare meno carne ma più buon carne, è questo che insegna una visita alla Granda.
I salumi di Dho non hanno certo bisogno di presentazione, sono considerati tra i migliori d'Italia mentre si parla decisamente meno del proprietario, il signor Beppe.
Ebbene tra tutto a me ha colpito particolarmente lui e la sua gentilezza, la sua pazienza sia nel rispondere alle nostre domande sia agli infiniti stop richiestigli per fotografare ogni singolo momento della produzione dei salumi. Per finire una nota anche sul velo di tristezza calata al signor Beppe nel confidarci la difficoltà di trovare un ragazzo a cui insegnare tutto quello che a lui hanno trasmesso in anni di servizio in bottega.Nelle circa due ore passate nel suo laboratorio abbiamo assistito a tutte le fasi di produzione di quelli che diventeranno tra i salami crudi e cotti più buoni d'Italia: la rifilatura dei pezzi di carne per togliere i tendini (avete presente il filino tra i denti che rimane dopo aver gentilmente azzannato un pezzo di salame? ecco quello:-) alla macinatura, speziatura e ancora alla lavorazione delle carni per poi venire confezionate in budelli naturali.Da qui in poi una buona cantina è tutto quello che può far la differenza.Il signor Beppe è stato talemente gentile da organizzarci una merenda sinoira per farci assaggiare le sue produzioni: alla ventesima fetta di prosciutto cotto qualche scena di panico incontrollato c'è stato ma tutto sommato ci siamo comportati discretamente, spazzolando in modo compulsivo qualsiasi cosa atterrasse sul vassoio.Solo verso la fine, sentendo un rantolo provenire dall'angolo del tavolo dove sorgeva l'affettatrice, ci siamo accorte che la nostra compagna Alessandra aveva deciso che la situazione si stava evolvendo in modo pericoloso per il suo stomaco e così aveva pensato di dare un aut aut all'addetto al taglio dei salumi: "O lei o me in questa stanza, insieme non ci possiamo stare!".All'udire questa frase il tutor deve aver intuito che la sazietà stava degenerando in aggresività e così con nonchalance ci ha riportato verso il pullman..Altro giro altro regalo, next stop: Parma la grassa (ma meno dotta e meno rossa:-)