Di concorsi, antologie, social, poesie e di Francesco Trentalance.

Da Chiara Lorenzetti

“Sulle riviste letterarie non si fa che leggere di scrittori ingiustamente dimenticati, ma mai una sillaba su quelli giustamente dimenticati, gli imbratta carte sempre pronti a esibire i propri titoli”
Mordecai Richler “La versione di Barney”

Si sa, il mondo è pieno di imbratta carte, lo siamo un po’ tutti  in quest’epoca; non c’è tempo di voltare pagina che milioni di libri vengono stampati pronti per essere letti e per essere mandati al macero nello stesso anno.
Uno spreco di carta e di parole davvero inutile, ahimè. Ma fregiarsi del titolo di scrittore è talmente figo che nessuno vi rinuncia.

Ieri mi sono trovata a dialogare in un social.
Questo il contesto: “Si son chiuse le iscrizioni d’un concorso di cui caldeggio l’estinzione. Immagino che la settimana prossima si conosceranno i risultati e una nuova orrenda “antologia ” verrà, ahimè, pubblicata. Non v’é limite al peggio, invero. -lasciassero almeno in pace la memoria di Montale…- ma non lo fanno.”
Io le antologie di poeti non le capisco, sono un’accozzaglia di generi e stili, impossibile farsele piacere. Sono il contentino per chi non ha vinto e il modo per tirar su soldi delle case editrici. Il fallimento della bella scrittura. Ho notato antologie di 50/100, fino a 140 autori, una vera follia. E’ inevitabile che le comprino solo chi vi è compreso e giusto qualche copia per la mamma, la fidanzata e la nonna.
Come dice bene un altro commento Peraltro a livello editoriale non servono a nulla. Nessun curatore editoriale o direttore di collana li tiene in considerazione. Non sono una sicurezza sulla qualità dell’opera, in particolar modo perché in questi concorsi la giuria è quasi sempre più capra di chi scrive. Puoi avere vinto Concorsi su Concorsi, ma se poi di presenza mi dimostri di avere un pensiero debole sulla Poesia, la cosa non va proprio.
E come non trovarsi in accordo?

Stesso social, altro dialogo da questo spunto
“Ho notato in questo periodo una tendenza ancor più sconvolgente dello spacciarsi per scribacchini. Adesso stanno spuntando come funghi editor, promotori culturali, correttori di bozze e altro, con relativo prezziario.”
e
“Questa è pura criminalità editoriale… (Estratto da un prezziario di servizi editoriali). “Recensioni su amazon (aiutano ad incrementare le vendite): 10 euro a recensione””
Mi pare come se il mondo dell’editoria e quello della scrittura viaggiassero ormai su binari completamente distinti. L’editoria con i suoi sempre nuovi ( e purtroppo troppo spesso incapaci e sopravvalutati) adepti, tutti costretti all’obolo del pagamento, sforna ogni giorni vagoni di presunti scrittori illudendoli delle loro incapacità trasformate in eccelse capacità. Li incanalano nei loro concorsi ove i giudici sono persone comuni cui solo titolo è “professore”, “insegnante”, “poeta” e li convincono della loro meravigliosa condizione di scrittore.
Dei concorsi che comprendono la vittoria con i like nelle pagine Facebook o nei siti stessi da parte dei lettori, non parlerò, tanto mi paiono ridicoli.
Gli stessi scrittori poi, aprono pagine Facebook, blog monotematici legati alla loro opera pubblicata e impestano le nostre mail, le nostre home delle loro fantastiche opere; sono certa che ognuno di voi ne ha da sempre sentito la necessità: io li fuggo come peste!

A me piace leggere; mi piace leggere un testo ben scritto, grammaticalmente corretto ( e non è vero che in poesia tutto è concesso, suvvia!), impaginato bene, con un buon profilo editoriale. Mi piace entrare in una libreria, toccare e annusare la carta, sfogliare le pagine, ma non per questo si deve dare a tutti l’opportunità di pubblicare.
Capite che “Trattare con cura” di Francesco Trentalance, offende tutti senza neppure passare dal via!

trattareconcura
E al termine, miei cari adorati poeti, non so come vi venga ancora voglia di prestare le vostre opere per i concorsi.
Liberiamole le poesie, lasciamole a chi le sa amare, non a meri conteggi burocratici e di comodo!
Poeti si è nell’animo, anche senza carta stampata che lo testimoni.

Chiara


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