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Prima di unirmi al coro degli indignati, vorrei sapere esattamente di cosa ci dobbiamo indignare: del fatto che ai gruppi consiliari della Regione Lazio fossero destinate enormi somme di denaro pubblico o del fatto che ci sia il forte sospetto, la quasi certezza, che il capogruppo del Pdl (Fiorito prima, Battistoni poi) abbia fatto un uso improprio di questo denaro, per giunta commettendo una mezza dozzina di reati per truccare le carte? Voglio dire: c’è da levare al cielo tutto il nostro schifo perché quei soldi sono stati spesi in ostriche, champagne, auto di lusso e villette o semplicemente perché 211.064 euro a cranio (15 milioni per 71 consiglieri) erano schifosamente troppi?La cosa m’interessa perché, nel primo caso, aspetterei almeno una condanna in primo grado, aspetterei di avere la certezza che quei reati siano stati davvero commessi. La magistratura indaga, arriverà a qualcosa. Mi auguro faccia in fretta, così avrò modo di indignarmi come si deve, puntando tutta la mia indignazione sui colpevoli, senza far di tutta l’erba un fascio. Nel secondo caso, sono pronto ad indignarmi subito, e senza fare alcuna differenza tra chi i soldi li spendeva in festini di cattivo gusto e chi invece ne spendeva solo il necessario per fare politica, documentando diligentemente le spese fino all’ultimo centesimo e lasciando in cassa quanto rimaneva. Quindi chiedo: lo scandalo sta nel fatto che i gruppi consiliari della Regione Lazio – tutti, senza eccezione – incassassero contributi quasi quadrupli rispetto a quelli incassati dai gruppi parlamentari o nel fatto che in qualche caso – alla magistratura toccherà dire quanti e quali – tutto quel denaro fosse sperperato per i più bassi fini personali?Ritengo di notevole importanza la questione, perché l’indignazione è sentimento pericoloso se non se fa buon uso. Ci vuole niente a vederla degenerare in qualunquismo, in populismo, nello scomposto e cieco moto di piazza che spiana la via all’immancabile uomo della provvidenza, alle derive autoritarie che hanno sempre soluzioni spicce e violente.Un poco di chiarezza, dunque. Con chi dobbiamo prendercela? Con Fiorito e Battistoni? Senza aspettare il processo? Prima di avere accertato se abbiano davvero commesso illeciti? So bene che a volte il garantismo è la tana in cui vanno a rintanarsi i mascalzoni, ma non per questo possiamo darle fuoco fidando nel fatto che gli innocenti saranno risparmiati e i fetenti rimarranno abbrustoliti. L’autodafé è pratica incivile, converrete.Altro discorso, invece, è se dobbiamo incazzarci per i cosiddetti costi della politica. Lì possiamo scatenarci come belve, e da subito, contro tutti i gruppi consiliari seduti nel Consiglio Regionale del Lazio, nessuno escluso.Anche quello radicale? Anche quello, a mio parere. Se a muoverci all’indignazione devono essere quei 15 milioni che potevano essere destinati ad altro uso e invece sono finiti nelle casse dei gruppi consiliari, ai radicali ne va per 422.128 euro.Bisogna essere onesti, ovviamente, e precisare: la prima cosa che hanno fatto appena seduti in Consiglio Regionale è stata quella di chiedere l’anagrafe pubblica degli eletti e dei nominati, hanno messo on line il bilancio relativo ai fondi loro erogati e non hanno speso quel denaro in escort o cocaina, ma – come giustamente urlava ieri sera a Ballarò la Polverini – «i soldi li hanno presi pure loro».Ora, giacché pare siano intenzionati a pigliarsi il merito di aver sollevato il velo che copriva lo scandalo minacciando di querela chiunque disconosca la loro eccezionalità, la si riconosca e ripetiamo: la prima cosa che hanno fatto appena seduti in Consiglio Regionale è stata quella di chiedere l’anagrafe pubblica degli eletti e dei nominati, hanno messo on line il bilancio relativo ai fondi loro erogati e non hanno speso quel denaro in escort o cocaina. Aggiungiamoci pure che non hanno votato a favore dell’aumento dei fondi erogati ai gruppi consiliari, ma l’eccezionalità non va oltre quanto abbiamo qui doverosamente elencato, perché poi «i soldi li hanno presi pure loro».Anch’essi, dunque, devono porsi la stessa domanda: quale indignazione cavalcare, quella di chi è contrario ad ogni forma di finanziamento pubblico della politica o quella di chi denuncia l’appropriazione personale del denaro destinato a coprire i costi della politica? Nel primo caso, dovrebbero essere coerenti e rifiutare ogni forma di sovvenzione pubblica. Nel frattempo potrebbero distribuire in banconote di piccolo taglio, come fecero nel 1997 in Piazza San Giovanni, quanto resta del denaro accantonato nelle casse del gruppo consiliare della Lista Pannella, che farebbe anche più rumore del solito semisciopero della fame. Nel secondo caso, da garantisti di antica tradizione, dovrebbero attendere che la magistratura svolga il suo lavoro: dare del ladro a tizio e a caio non sarebbe giusto, tanto meno strepitare sul marcio del sistema partitocratico del quale si dichiarano vittime, ma che in fondo consente loro di pagarsi i congressi transnazionali.Nell’una, né l’altra cosa, invece.
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