
Si tratta di una delle più ignobili e meschine organizzazioni criminali italiane, ma a Roma sono vissuti come un fatto di folklore. Sono perfettamente integrati nella città e sono visti in qualche maniera come uno dei tanti mali necessari. Nun danno fastidio a nisuno, fatte li caxxi tua che è meglio, chi se fa l'affari sua torna sano a casa sua.
Chi si è messo contro di loro se l'è vista brutta, ma non per il loro potere, semmai per la debolezza di chi avrebbe dovuto combatterli e tutelare le persone per bene. Che è molto diverso. Non c'è astuzia, non c'è capacità imprenditoriale, non c'è intuito, non c'è furbizia in questa gente: c'è solo una autorità connivente che ha consentito loro di affermarsi. Qui trovate solo l'ultima delle incredibili vicende in tal senso, che rende vano quanto vedrete nel video qui sotto, nonostante le ultime scaramucce qui.
Roma è una città dove basta alzare la voce e tutti, dal Giudice all'ultimo dei cittadini transitando per il sindaco, si mettono carponi e ti fanno fare. E' pigrizia più che paura. E' ignoranza più che terrore. E mancanza totale di lucidità: non capire che lasciar spazio alla criminalità ti permette oggi di vivere più tranquillo ma uccide il paese di tuo figlio, o già il tuo quando sarai più grande. A Roma basta alzare la voce per diventare boss, non ci vuole molto. Non è competitiva la faccenda come a Reggio Calabria, a Palermo o a Napoli.
Qui diventano capi della malavita o assi del commercio ambulante patetiche famiglie rom che sarebbero prese per il culo anche nella più scadente pellicola di Emir Kusturica. Sono decenni che i giornali raccontano come "lusso" quello che è solo "cattivo gusto". Andatevi a rileggere le cronache. Ogni volta che c'è una retata dai Casamonica si parla di lusso, di oro, di marmo. Quasi viene voglia di iscriversi al club dei fuorilegge, così si diventa ricchi. Basta, insomma, vedere come viene raccontata questa storia. E il cerchio si chiude sui tic e sui cliché di questa città micidiale. Si chiude con gli arrestati che dicono alla Squadra Mobile che "i problemi so artri" ("andate a prendere i pesci grossi"), si chiude col sacerdote del funerale di Vittorio Casamonica che interrogato sull'opportunità di una pagliacciata simile nella stessa chiesa che venne negata ai funerali di Piergiorgio Welby risponde come i vigilantes della metropolitana che si fanno passare sotto il naso decine di evasori: "a me nun me compete controllà cosa succede fuori dalla chiesa".
In questa città si organizza un funerale di stato per celebrare un malavitoso che si è arricchito grazie a droga, estorsione e usura, si bloccano le strade, si fa sorvolare la capitale d'Italia da un elicottero che distribuisce petali di rosa e il Prefetto dichiara "non ne sapevamo nulla". Da brividi.
