
Anto
Quando ero bambina tu eri già adulta e andavi a lavoro.
Non abbiamo potuto condividere molto in quel periodo. Io per te ero solo una palla al piede, con cui dovevi condividere la stanza. Se c’era qualche tua amica mi chiudevate la porta in faccia e io correvo a piangere da mamma. Del resto però, non è che mi interessasse stare con voi. A volte credo lo facessi solo per rompere le uova nel paniere, o perchè mi annoiavo. Per fortuna avevo i miei amici coetanei e la mia infanzia è andata avanti.

Non ho trovato l’immagine in cui si pestavano
La mia infanzia da una parte, la tua vita da adulta dall’altra. Su due binari distinti.
Perchè questo succede quando si hanno11 anni di differenza. Si cresce come figli unici, no?
Poi però, con la mia adolescenza è scattato qualcosa. Tu ti sei addolcita, io ho smesso di attirare l’attenzione (ma non di rubarti l’abbigliamento dall’armadio, nonostante il tuo lucchetto).
Mi hai fatto vedere il tuo mondo, mi hai portato in giro con i tuoi amici e il tuo fidanzato, e io mi sentivo apprezzata. Scrissi sul diario la mia prima volta al ristorante cinese con te, descrivendo minuziosamente ogni pietanza!

Il riso al curry, o riso fosforescente come da me descritto
Rileggendo ora quelle righe posso cogliere il vero stato d’animo del momento: non era la novità della cena in un ristorante, per giunta cinese, era il fatto di averlo condiviso con mia sorella.
Io, che venivo trattata da bambina anche da te, che in qualche modo ti sentivi responsabile e credevi di farmi anche da madre, quando una madre esisteva comunque. In quel momento vedevo una sorella, una mia complice, e mi sentivo in sintonia. Era quello che mancava da tanto tempo e non capivamo.
Anche io ti ho coinvolta nella mia esistenza, per lo stesso motivo.
E ovviamente, come tutte le più belle cose… sei partita.
Poi, sono partita io. Ed eccoci qui, separate da due mari, non uno.
E adesso sono due anni che non ci vediamo, e guardo le tue bambine su un monitor e mi stupisco di quanto siano cresciute. La piccola che va al supermercato da sola a farti la spesa, la grande che non riesce a mettersi a dieta.
Tu che non hai ancora sentito l’odore del Puzzolone (consigliato vivamente dopo il bagnetto, non prima) e non sai di preciso dove ti arriva Bloody Maya, ma secondo me già all’altezza del tuo ombelico (non ha preso di certo dalla zia in altezza).

Le scarpe col plateau
Stanotte ho sognato che eravamo insieme e andavamo a comprare un paio di scarpe fichissime, e tu le volevi col plateau e io ti dicevo… che devi andare facendo? E ci prendevamo in giro, come spesso facciamo.
Non voglio pensare cosa significhi tutta questa distanza e questo tempo che passa. Non voglio pensare al futuro e a quando riusciremo a vederci.
Ormai ho imparato che dalla vita prendi quello che viene, e in fondo adesso c’è Skype ed è già qualcosa.

Ena Frappé gliko
Certo, non è la stessa cosa bersi un caffè o un frappé glikò me gala sotto lo stesso tetto. O accendere delle candele in una sera d’estate e ammazzarci di Mavro Dafne. O dormire sul pavimento perchè il divano in pelle ti si appiccica addosso. Non è come farsi la ceretta a caldo a vicenda e scoprire che i peli sono tutti ancora lì, indomiti. Non è come dormire insieme, una coi tappi mentre russa, e l’altra col walkman sparato a palla. Non è come guardare i film horror a notte fonda, mentre io sotto sotto… mi caco sotto.
Ma in fondo, è già qualcosa.
Buon compleanno la sora!