Intervista a Luigi di Maio (M5S), Vicepresidente della Camera dei deputati, a cura di Piotr Zygulski, in esclusiva per il giornale online Corretta Informazione
Da alcuni mesi sta ricoprendo un incarico istituzionale di rilievo, quello di Vice Presidente della Camera dei Deputati. Stando alla gerarchia delle cariche previste dall’ordinamento italiano, ad oggi la sua è la posizione più elevata raggiunta dal M5S. Innanzitutto, come è stata la sua esperienza in questi primi mesi?
È stata un’esperienza sicuramente di grandissima responsabilità. Ci tengo a dire che sia che uno faccia il Vice Presidente della Camera, sia che uno faccia il consigliere di municipalità, lo spirito con cui noi del MoVimento ci approcciamo a questa esperienza è sempre lo stesso, cioè quello di dedizione e semplicità. Dedizione nel senso che io non avevo la benché minima idea di come si facesse il Vice Presidente della Camera, credo che nessun italiano ce l’abbia e quindi ho dovuto studiare. Ho studiato bene i regolamenti, continuo a ripassarli ogni sera e guardo i precedenti. La semplicità sta nel fatto che non utilizzo auto blu, non utilizzo alcun vantaggio legato alla mia carica, rinuncio all’indennità, non uso voli di stato, utilizzo il passaporto diplomatico solo quando faccio le visite istituzionali e per il resto sono una persona normale; come ti ho detto, è uno spirito comune a tutto il M5S. Spero che questa esperienza possa comunicare fuori che la politica è una cosa semplice, che tutti la possiamo fare e che bastano questi valori di fondo per poterla fare bene.
Se non erro lei non è neppure laureato, ma è stato eletto Vicepresidente della Camera a 26 anni – il più giovane nella storia della Repubblica, e sino ad ora non aveva mai avuto incarichi amministrativi o di governo. È da considerarsi come un caso fortuito? Si è sentito in grado di accettare questa proposta o all’inizio era un po’ titubante?
Io non sono laureato perché contemporaneamente erano due anni che avevo un progetto di e-commerce che avrei dovuto aprire a gennaio con un socio; una società di comunicazione, perché a un certo punto della mia carriera universitaria, che era di giurisprudenza, ho scoperto che c’erano più avvocati in Lombardia che in tutta l’Inghilterra. Allora ho cominciato a pensare ad altri settori in cui specializzarmi, e poi mi sarei laureato. Detto questo, quando mi è stata proposta questa cosa, io credo che tutti quanti possiate immaginare che non è stata una scelta semplice. Mi sono proposto perché nel gruppo parlamentare eravamo tutti sullo stesso piano. Essere Vice Presidente della Camera non significa essere dei ministri, non bisogna comandare la pubblica amministrazione, bensì fare un lavoro che devi imparare sul campo e imparare studiando, ma non c’è nessuna università in cui ci fanno studiare come si presieda la Camera. Non avevo avuto incarichi, però ho tenuto sotto controllo, come facciamo noi del M5S, sono stato con il fiato sul collo del mio comune per cinque anni e avevo abbastanza dimestichezza con gli atti amministrativi. Il resto è venuto da sé, il resto è venuto, appunto, con l’umiltà di imparare e anche, certo, un po’ di capacità personale, un poco poco.
Prima che ci fosse il M5S andavi a votare?
Ho iniziato a votare nel 2005; quelle sono state le prime elezioni, però c’erano le comunali e io votai una persona di una lista civica nel mio comune, Pomigliano d’Arco. L’anno dopo, nel 2006, ci furono le elezioni nazionali in cui vinse Prodi e in quelle lì non andai a votare, ero già dell’idea che bisognasse impegnarsi in prima persona e non delegare a nessuno, perché ritenevo che queste persone non potessero più rappresentarmi con le forze politiche in campo. Poi nel 2007 arriva il primo V-day e ho conosciuto il mondo dei meet-up; però è dal 2003 che ho fatto il rappresentante degli studenti al liceo, poi ho fatto il presidente del consiglio degli studenti all’università, e in quei casi ho sempre pensato che in un mondo in cui le cose attorno a noi non ci piacciono, ci dobbiamo impegnare in prima persona, ad esempio con l’associazionismo.
Quindi un impegno civico e politico, anche se non partitico
Sì, diciamo che nel mondo dei movimenti studenteschi avevo avuto già qualche esperienza.
Tre parole per descrivere i tuoi colleghi del M5S
In tre parole ti posso dire umiltà, perché è quella che ci ha portato lì, sapendo di non sapere e sapendo di dovere apprendere; preparazione nei loro settori, ognuno di loro è molto preparato nei settori di appartenenza e della propria professione; dedizione, lavoriamo 12-13 ore al giorno ogni giorno, compresi il sabato e la domenica che li passiamo sui territori con i cittadini.
Descrivi la Presidente Laura Boldrini in tre parole
È una persona nuova e decisa, che è sicuramente la parola che le appartiene. Infine speranza, nel senso che spero che lei possa pensare e guardare a tutte le forze politiche con gli stessi occhi. Ho notato nelle dichiarazioni che ha fatto ultimamente molto pregiudizio nei confronti del M5S, addirittura ci ha definito dei “nichilisti”. Quindi la speranza che mi porto è quella che lei cambi idea, perché ciò non si addice a una carica che dovrebbe essere garante di tutte le forze politiche.
Beppe Grillo e Casaleggio in che misura sono al corrente di quanto avviene in Parlamento? Avvertite la loro presenza diretta, resta solo indiretta sul blog oppure sono fuori da ogni gioco?
Loro sono completamente fuori dalle dinamiche del Parlamento. A tal punto che, a volte, quando abbiamo bisogno del blog per lanciare alcune iniziative che abbiamo fatto in Parlamento, o per dare spazio a certe tematiche, e magari ci sentiamo, dobbiamo sempre spiegar loro molte cose rispetto a quello che abbiamo fatto perché non ne hanno la contezza. Qui nella mia esperienza in Parlamento ho avuto la conferma che il M5S è totalmente libero, diversamente da quello che vogliono far pensare, ossia che Beppe Grillo e Casaleggio comanderebbero tutto. Noi abbiamo assunto personale del gruppo parlamentare, personale legislativo e amministrativo che ci serviva per far lavorare il gruppo, e mai si sono permessi di dire una parola. Abbiamo presentato proposte di legge, abbiamo presentato emendamenti e mai si sono permessi di indirizzare il nostro lavoro. È un MoVimento che ha più teste; una di queste è Beppe che riesce ad essere un comunicatore eccezionale, ma le altre teste sono i parlamentari che portano avanti i temi, i consiglieri comunali e i consiglieri regionali.
Da qualche mese a questa parte molte sono cambiate. In che modo aggiornereste il vostro programma e le vostre posizioni? Quali sono secondo te le priorità che in questo momento deve avere il MoVimento 5 Stelle?
Le due priorità sono reddito di cittadinanza e partecipazione. Riguardo il reddito cittadinanza, noi abbiamo già ultimato la legge, però abbiamo preferito non presentarla in estate perché sarebbe diventata una bolla di sapone. Invece noi vogliamo sensibilizzare tutto il paese sull’importanza di questo provvedimento, per il quale abbiamo individuato anche le coperture economiche; sarà fatta una adeguata pubblicità e sarà calendarizzato a settembre. Dall’altra parte la partecipazione. Non possiamo più pensare – e questo lo dico prima di tutto agli otto milioni e mezzo di persone che ci hanno votato – di votare e delegare i nostri problemi ad altri. Noi siamo stati e siamo la forza politica che in assoluto ha il numero più grande di atti ispettivi in Parlamento, perché siamo in continuo contatto con i cittadini che ci sottopongono problemi e, insieme a loro, prepariamo proposte di legge, interrogazioni e atti ispettivi, risoluzioni e così via. Quello che stiamo facendo è cercare di risvegliare la cultura politica italiana, nel senso che non deve essere più quella della “X” ogni cinque anni sulla scheda elettorale, ma deve essere quella della “X” che poi porta l’elettore a cercare i propri eletti e a chiedere conto di quello che stanno facendo.
La piattaforma di partecipazione del M5S è attualmente in beta: come ti sembra funzionare? Che consigli avresti per implementarla e renderla compiutamente partecipativa ed efficace?
Abbiamo ritardato anche volutamente la partenza della versione definitiva, che partirà a settembre con la discussione del provvedimento sulla legge elettorale, perché dovevamo necessariamente metterla insieme alle proposte dei parlamentari. La piattaforma che uscirà a settembre è il sunto di tutte le richieste che sono arrivate dai parlamentari in questi mesi, che hanno fatto esperienza di rapporto con i cittadini, e quindi sanno bene di cosa hanno bisogno adesso per ottimizzare il proprio lavoro. Noi oggi lavoriamo ancora via e-mail e via forum con i cittadini, cioè essi fanno proposte secondo queste modalità; adesso ci sarà una piattaforma che permetterà addirittura gli emendamenti e la votazione su di essi, una piattaforma molto interessante che metterà insieme proprio le proposte dei parlamentari che si sono rapportati con lo staff del portale in questi mesi.
Nel M5S potremmo notare alcune tendenze contraddittorie: una vorrebbe risolvere l’attività parlamentare in una scelta favorevole o contraria su singole proposte e provvedimenti (Imu, vitalizi, F35, reddito di cittadinanza) mentre l’altra, al contrario, richiede a gran voce che venga elaborata una prospettiva ad ampio raggio, una strategia in grado di inquadrare le varie proposte in una discussione più ampia. Ad esempio, alcuni economisti anziché di reddito di cittadinanza parlano di lavoro di cittadinanza, inserita in un’ottica forse più lungimirante. Oppure la questione degli F35, non dovrebbe essere ricondotta in un’ottica geopolitica coerente?
Cominciamo con gli F35. Stiamo parlando di un’ottica geopolitica di trent’anni fa; il progetto è troppo vecchio e ci sono degli aerei che in questo momento non sono assolutamente quello che serve a questo paese. Ci sono già il progetto Eurofighter, il progetto F16, molti altri progetti riguardo l’aeronautica e adesso questo ha dimostrato di essere solo una speculazione e nient’altro perché, dal punto di vista del quantitativo dei soldi che vengono impiegati, 50 miliardi alla fine del progetto, stiamo parlando di un progetto anacronistico. Molti dicono lavoro di cittadinanza. Il lavoro di cittadinanza l’ho visto; ho visto la perversione del lavoro di cittadinanza in questi anni, ho visto che si creavano società partecipate pubbliche solo per dare posti di lavoro, ma molto spesso quei posti di lavoro non servivano veramente a produrre qualcosa di utile. Il reddito di cittadinanza è l’unica soluzione, ce l’hanno in tutta Europa ormai, tranne in alcuni paesi tra cui la Grecia, non a caso. È l’unica soluzione in questo momento per ridistribuire un po’ di ricchezza e, soprattutto, calmare la tensione sociale che si sta creando in questo momento. Sotto Montecitorio, e io li vedo ogni giorno, c’è una manifestazione di persone che non prendono più stipendi da 11-12 mesi, ci sono famiglie che ormai sono indebitate sino all’osso. Noi abbiamo bisogno di un provvedimento che, almeno nel transitorio, nei prossimi tre-quattro anni, riesca a far gestire la situazione e bisogna prendere i soldi proprio da spese assurde come gli F35, come la TAV, il Ponte sullo Stretto, le pensioni d’oro, gli stipendi dei super-manager. Noi abbiamo bisogno di racimolare ricchezza per ridistribuirla. Siamo in un paese in cui il 90% della ricchezza è in mano al 10% delle famiglie. Per tornare più propriamente alla tua domanda, questo è un MoVimento che è nato con dei semplici punti che tenevano al loro interno una idea di paese molto ampia. Cioè, quando noi parliamo di ambiente, stiamo parlando necessariamente di decrescita; il nostro programma sull’ambiente è un programma di lavoro, è un programma di società, è un programma che rivoluziona l’intero approccio al mondo del consumo. Molto spesso il M5S è partito dal particolare per arrivare al generale; è una cosa che succederà ancora. Capisco che ci sia un disagio nel dire che non c’è un programma di vasta scala, non c’è un programma di politica estera, però se andiamo a vedere c’è il programma per l’energia, che è un programma di politica estera inevitabilmente. Io credo che non ci sia per forza un’opposizione tra chi vuole il singolo provvedimento e chi vuole la visione generale perché oggi il nostro programma, anche se è molto piccolo e semplice, tiene dentro tutti i concetti. Vanno in qualche modo estrapolati, va fatta un’opera ermeneutica, però sicuramente mette insieme quell’idea di paese che vogliamo, che passa necessariamente per la politica estera. Quando noi parliamo di energia e di referendum sull’Euro, si tratta di due cose strettamente collegate, perché oggi l’Euro è energia e per uscire dall’Euro dobbiamo convertire il nostro sistema energetico, rendendoci sempre più autonomi rispetto ai gasdotti e rispetto all’importazione di petrolio.
Poiché ha citato l’Euro, approfondiamo questa tematica: dovrà ammettere che le posizioni del M5S, anche nei confronti dell’Unione Europea, non sono sempre chiarissime. Talvolta si parla di uscita, magari con un referendum, come hai fatto tu adesso, altre volte invece si chiede di rimanere per “cambiare le cose dall’interno” in direzione di un’“Europa dei popoli” come auspicato anche da SEL che in una risoluzione dell’On. Gennaro Migliore, votata compattamente anche dal M5S, chiede “una vera unione politica del continente in senso federale al fine di realizzare l’obiettivo degli Stati uniti d’Europa” e “il rafforzamento del ruolo del Parlamento europeo, giungendo anche all’elezione diretta del presidente della Commissione europea”. Resta il fatto però che l’Unione Europea è stata fondata su trattati liberoscambisti che continuano a mangiarsi poco a poco anche gli ultimi brandelli di sovranità e che, inoltre, molte direttive vanno in senso di una privatizzazione spinta e le gare d’appalto europee sono nettamente in contrasto con l’ottica del chilometro zero. Secondo alcuni studiosi, quali Fabrizio Tringali e Marino Badiale, se si vogliono difendere i beni comuni e se si vuole garantire un minimo di stato sociale non vi sarebbe altra soluzione che un’uscita dell’Italia non solo dall’Euro, ma anche dall’UE. Tu come la pensi?
Se noi togliamo all’Europa la gestione della sovranità economica e monetaria dei paesi riusciamo a fare un’Europa dei popoli. Questo è molto semplice dal punto di vista logico. Perché oggi l’Europa ha un solo obiettivo: quello di gestire la sovranità monetaria e nient’altro; invece noi abbiamo bisogno principalmente di un’Europa politica, che significa ad esempio che il Parlamento Europeo deve cominciare ad avere il massimo potere decisionale, cosa che invece oggi è in mano al Consiglio Europeo e alla Commissione Europea. Noi cerchiamo di fare di quello che in realtà il M5S sta chiedendo anche in Italia, perché quando noi chiediamo la centralità del Parlamento, chiediamo che le decisioni non vengano prese dai delegati dei rappresentanti del popolo, ma dai rappresentanti del popolo. Se noi riusciamo a fare un’operazione nella quale ci sono referendum sull’Euro in Italia, nel quale si valutano scenari alternativi, e tra questi c’è una possibilità per cui l’Europa perda il monopolio della gestione della sovranità monetaria dei vari stati, parliamo quindi della BCE, l’Europa si svuoterà del suo potere impositivo economico e comincerà a ragionare più politicamente. Io non butto tutto di quello che c’è scritto nelle varie direttive europee. Se pensiamo alla privatizzazione dei servizi, si tratta di una scelta dei paesi, non un’imposizione. L’Italia ha privatizzato l’acqua selvaggiamente dicendo che ce lo chiedeva l’Europa, ma l’Europa non ha mai detto questo, perché dava delle alternative, come ha dato delle alternative sulla questione delle gare d’appalto, che prima di tutto erano un sistema integrato informatico, come il Consip, che doveva servire per evitare la corruzione. Ultimamente, le uniche normative decenti che abbiamo fatto in Italia sono state tali principalmente perché abbiamo acquisito delle norme europee, anche se poi le abbiamo sfruttate a nostro piacimento quando bisognava fare business su beni pubblici come l’acqua e i beni demaniali.
Ecco, sull’acqua pubblica. A che punto siamo con la legge per la ripubblicizzazione della gestione delle risorse idriche?
Nella Commissione Ambiente c’è un tavolo intergruppi per cercare di arrivare ad una conclusione. Il M5S avrebbe potuto decidere di presentare una propria proposta di legge e portarla allo scontro in Aula, invece come al solito noi siamo un MoVimento che è molto disponibile al confronto e abbiamo aperto questo tavolo intergruppi nella Commissione Ambiente e si sta producendo, assieme ai comitati dell’acqua pubblica, la migliore legge per poterla portare in Parlamento. Speriamo solo che non venga svuotata dei suoi significati principali, come molto spesso succede quando PD e PDL sono dentro, ovvero le lobby dell’acqua sono dentro a questi tavoli intergruppi. Altrimenti noi porteremo avanti la nostra proposta, che è la madre che viene dai comitati dell’acqua pubblica, cosa che abbiamo ribadito più volte. È successo anche per la legge sull’omofobia, dove Scalfarotto del PD aveva presentato una buona legge, che noi avevamo firmato, e poi lo stesso Scalfarotto ha cominciato un compromesso al ribasso con il PDL e, alla fine, nella legge sull’omofobia non si fa praticamente più riferimento all’omofobia. Adesso la legge che verrà approvata sarà svuotata di tutti i significati principali per i quali era nata.
Se Letta dovesse rassegnare le dimissioni il M5S sarebbe pronto per proporre un suo governo? In quel caso quali sarebbero le modalità di selezione dei ministri? Si potrebbero coinvolgere personalità “super partes”, esperti, oppure potrebbe essere composto solamente da deputati e senatori cinque stelle?
Non nascondo il fatto che dopo 6 mesi, quindi rispetto ai primi giorni della legislatura, ti parlo personalmente, adesso ho molto più delineate le personalità dei miei amici e colleghi del MoVimento 5 Stelle in Parlamento e non escludo che tra di loro ci possano essere dei ministri, perché ci sono persone che vengono da realtà d’impresa che conoscono meglio le cose degli attuali ministri che si occupano di sviluppo economico e di innovazione. Da un altro punto di vista, credo che sarà inevitabile coinvolgere persone esterne. Ma il M5S in cinque-sei giorni, con un mandato esplorativo affidatogli dal Presidente Napolitano, sarà in grado di formare un governo cinque stelle che possa fare quelle cose utili che servono al nostro paese.
Non sarebbe forse opportuno costituire una sorta di “governo ombra” per avere dei nomi già scelti e conosciuti?
Quella del “governo ombra” è un’idea sbagliata perché esiste già un governo ombra che è quello dei cittadini che hanno votato il MoVimento 5 Stelle e che continuamente ci fanno arrivare input nuovi che migliorano il nostro operato politico in Parlamento. Il “governo ombra”, come lo immaginava il PD quando Veltroni perse le elezioni, fu un’idea sbagliata e venne abbandonata dallo stesso PD, perché non si può pensare di avere dei singoli referenti per ogni questione. Quando ci sarà bisogno di fare il governo, lo faremo con dei ministri a capo dei dicasteri e porteremo avanti l’operato politico come M5S che però si dovrà interfacciare con delle maggioranze in Parlamento ben precise, che dovranno essere trasversali ai partiti, a quanto ovviamente si rileva dallo scenario politico attuale. Il “governo ombra” esiste già, quello dei milioni di cittadini che ogni giorno ci scrivono e ci mandano le proposte.
Se invece si dovessero sciogliere le camere, pensate come M5S di essere pronti per eventuali elezioni anticipate? In quel caso, ripetereste le modalità di selezione dei candidati adottate per le “Parlamentarie” nell’ultima tornata elettorale, oppure modifichereste qualcosa in questo procedimento?
Noi saremo pronti sicuramente per le elezioni. Certo, abbiamo dovuto usare il sistema delle Parlamentarie perché c’era il Porcellum, ma mi auguro che la prossima volta non andremo a votare con questa legge elettorale. Non credo che avremmo più bisogno di un sistema del genere se cambierà la legge elettorale, vedremo poi cosa servirà.
Che tipo di legge elettorale caldeggerebbe?
Come si studia molto spesso anche sui libri di diritto costituzionale, l’Italia è un paese proporzionalista, perché ha un territorio variegato, con identità variegate; i dialetti del Sud non sono comprensibili alle persone del Nord e viceversa. È un paese che ha bisogno di un sistema proporzionale perché deve assicurare innanzitutto la rappresentatività. Detto questo ci serve anche un sistema che assicuri la governabilità. Ci sono tante esperienze, noi a settembre metteremo sul portale una serie di proposte che vengono dai nostri componenti della Commissione Affari Costituzionali; immagino una legge che sappia dire chi ha vinto e chi ha perso il giorno dopo le elezioni, soprattutto, però, che assicuri la rappresentatività di tutte le forze politiche, in modo tale che non ci sia quel meccanismo perverso del voto utile che abbiamo visto in questi anni. Un assist fatto dalla legge elettorale del “Porcellum”, che è piaciuta a tutti ma di cui abbiamo visto i risultati con quella maggioranza perversa che abbiamo in Senato.
Come vedresti una prossima campagna elettorale, sempre trascinata da Beppe Grillo, oppure più “corale”, con il vostro coinvolgimento diretto attivo e non solo con una vostra comparsa al termine del comizio?
Il nostro coinvolgimento attivo c’è stato anche nella precedente, anche se in modo differente, perché quando Beppe girava i capoluoghi noi ci facevamo tutti i paesini di provincia sotto i gazebo, quindi c’è stato sempre un coinvolgimento corale. Adesso però è chiaro che i personaggi sono un po’ più conosciuti dai cittadini, quindi sarà anche più semplice arrivare alle persone di quanto non lo fosse prima.
Sta facendo discutere il ddl costituzionale C 1359 per istituire un “Comitato parlamentare per le riforme costituzionali ed elettorali” che aggirerebbe le modalità di revisione costituzionale previste dall’articolo 138 della Costituzione, che è quello che la rende rigida. Grazie all’opposizione del M5S l’approvazione è slittata ai primi giorni di settembre. Come Corretta Informazione continueremo a seguire questo tema. Comunque sia, se dovessi proporre una riforma costituzionale, quale parte modificheresti?
Quando c’è stato il momento in cui il Parlamento impegnava il Governo a fare delle riforme costituzionali – cosa abbastanza anomala, perché il Parlamento dovrebbe impegnare se stesso a fare le riforme costituzionali – noi presentammo una mozione che, prima di tutto, pensava di cambiare la Costituzione attraverso le regole decise dai padri costituenti, cioè il 138. Questo dice che sono le Camere, con doppia lettura a distanza di tre mesi, ad approvare ddl costituzionali; se non c’è la maggioranza dei due terzi si va a referendum senza quorum confermativo. Noi abbiamo proposto di fare un referendum preliminare con i cittadini per chiedere che forma di governo vogliono e quali cose modificherebbero della Costituzione, attraverso un referendum propositivo. In un secondo momento si sarebbe andati a fare le riforme indicate dai cittadini in quel referendum. Però sia chiaro: quello che sta succedendo non ha nulla a che fare con il presidenzialismo o il superamento del bicameralismo perfetto, questo lo ripeto anche a me stesso, perché il punto fondamentale è che il 138 in questo momento è la porta della nostra casa dei diritti, che è la Costituzione. Con queste modifiche si sta buttando giù la porta per chi vuole saccheggiare la casa dei nostri diritti. Il concetto invece dovrebbe essere: modifichiamo la Costituzione, aggiorniamola, innoviamola, se è opportuno farlo; noi ad esempio siamo molto attenti a voler innovare gli strumenti di democrazia diretta. Credo che padri costituenti si fidassero molto del popolo, altrimenti non avrebbero inserito un referendum confermativo senza quorum per modificare la Costituzione. Da questo punto di vista c’era una grande fiducia nelle persone. È logico che in quel momento storico si usciva da una fase in cui c’era una grandissima tendenza all’autoritarismo del leader e, quindi, si è cercato di spalmare le responsabilità su più persone con una forma di democrazia parlamentare, in cui il Parlamento era centrale. Oggi, invece, ci troviamo in un’altra situazione, in cui noi come M5S rivendichiamo la funzione del Parlamento come luogo in cui siedono i rappresentanti del popolo, solo che per noi quei rappresentanti sono dei portavoce. Che significa? Se presentano un programma in campagna elettorale lo devono realizzare e tutte le altre scelte che non stavano nel programma vanno fatte in una consultazione con i cittadini. Ovviamente un programma è un’idea di paese, che tiene dentro le grande questioni; quelle minori vanno prese insieme ai cittadini con referendum propositivi senza quorum, con l’obbligatorietà di discussione delle proposte di legge di iniziativa popolare, attraverso strumenti come il Recall, che permettono di controllare gli eletti. Il Recall in Svizzera e negli Stati Uniti permette ad un numero di cittadini di raccogliere le firme per rimettere in discussione l’elezione di un parlamentare o di un componente di una giunta o di un cantone. Il principio deve essere questo: la democrazia diretta deve servire a controllare e a far sentire controllata quella rappresentativa. Oggi, purtroppo, non abbiamo più un sistema repubblicano che si regge così come è, ma ha bisogno di un altro controbilanciamento che è quello della democrazia diretta.Infine, cosa risponderesti a chi dice che i parlamentari sono tutti uguali? Che senso ha impegnarsi in politica? Insomma, chi te lo fa fare?
In questo momento mi sento come una di quelle persone che sta cercando di cambiare le cose intorno a sé, democraticamente, in prima persona e assieme a tanti altri. Siamo riusciti ad ottenere risultati importantissimi in questi anni, soprattutto in questi mesi in Parlamento, e credo che stiamo contribuendo anche a una rivoluzione culturale, ossia a un nuovo modo di approcciarsi alla politica. Noi ci riduciamo lo stipendio, restituiamo i soldi allo Stato, li trasferiamo alle piccole e medie imprese, cerchiamo di tenere insieme i cittadini che ci fanno delle proposte, rendendoli partecipi dell’attività politica. La politica come era prima, quella dei partiti, non ha persone tutte uguali dentro, ma il problema è che all’interno di quei partiti comandano in pochi e anche quelli buoni alla fine, per la paura dell’espulsione, votano con il gruppo; è successo decine di volte in questa legislatura. Ma se noi cominciamo a cambiare l’approccio e dire che sono una persona libera, che entro in politica senza alcuna lobby o persona che mi ha finanziato la campagna elettorale, se devo rispondere solo ai cittadini che mi hanno eletto e devo fare il portavoce senza credermi un grande statista solo per il fatto di essere in Parlamento, allora facciamo da una parte una rivoluzione culturale e dall’altra diamo il buon esempio. Il limite dei due mandati che noi ci siamo dati e che auspichiamo venga introdotto nelle riforme costituzionali è il modo per dire che tutti hanno un’occasione. Alla fine dei due mandati vedo che cosa ho portato a casa per i cittadini italiani: se non avrò portato niente a casa, male; se avrò portato a casa qualcosa, bene. Ma in ogni caso la mia esperienza finirà e lascerò il posto ad altri. L’unico modo per salvare questo paese è partecipare e ognuno di noi deve dare un contributo in qualunque ambito, altrimenti se vediamo la politica come chi te lo fa fare, alla fine possiamo anche scegliere di non farlo, ma subiremo le scelte scellerate di chi lo ha fatto.