Ieri sera Crozza ha mostrato una spassosa clip in cui un docente di non so quale università islamica saudita spiegava perché la terra non può ruotare su stessa: se questo avvenisse andare per esempio da Riad in Cina in aereo richiederebbe pochissimo tempo o sarebbe impossibile a seconda del verso di rotazione. E’ impressionante come l’argomento sia in sostanza identico, (aereo a parte ovviamente), a quello proposto 400 anni fa contro la teoria copernicana, divenuto poi atto di accusa contro Galileo al tribunale dell’inquisizione. E come sia è in effetti un bella dimostrazione dell’arretratezza diacronica ma parallela, in cui vivono gli integralismi religiosi che quando non possono più prendersela con fatti ormai indiscutibili, si dedicano a contestarne altri, pure evidenti, ma non filmabili da satellite, come avviene in occidente per la teoria dell’evoluzione.
Però ieri sera mi sono domandato quanti italiani o europei sappiano spiegare perché non avvenga ciò che dice il sublime maestro saudita, perché i viaggi aerei come li conosciamo non siano impossibili o la terra non ci sfugga da sotto ai piedi quando saltiamo. Si tratta di questioni elementari e tuttavia ho il sospetto che il 90 e passa per cento delle persone, anche di media e buona cultura, non ne abbia la minima idea o non se lo sia mai domandato. Il che è davvero inquietante in una società della comunicazione come ci compiaciamo di definire l’epoca contemporanea. Figuriamoci quindi cosa posa accadere quando al posto della fisica elementare ci troviamo di fronte ad eventi complicati ed ancor più sconosciuti come quelli del Mali dove qualunque cattivo maestrino può dire ciò che vuole e dove quella faccia di latta di Hollande ha il coraggio di dire di essere stato buon profeta nell’aspettarsi un colpo di mano del terrorismo come se i francesi non fossero presenti in forze e potentemente aiutati dagli Usa per far la guerra ad Al Qaeda e non si siano più volte vantati di aver fatto terra bruciata ed aver risolto il problema.
Torniamo per un attimo indietro al 1960 quando il Mali ottenne l’indipendenza pur essendo di fatto nient’altro che un ritaglio a caso nel bel mezzo dell’Africa Occidentale Francese, comprendente popolazioni diversissime tra loro tanto che nei primi mesi di vita incorporava nel suo territorio anche il Senegal. Fin da subito sorsero diversi movimenti tuareg che domandavano l’indipendenza dell’Azawad, una immensa e desertica regione a nord del Paese anzi già nel ’62 scoppiò la prima rivolta Tuareg repressa nel sangue dal governo di Bamako, capitale posta all’estremo sud del territorio maliano. Gli scontri continuarono serpeggiando fra dune e carovaniere fino a quando, nel 1988 fu fondato il Movimento nazionale dell’Azawad e lo scontro tra nord e sud si fece sempre più intenso dando origine a una nuova rivolta tuareg durata fino al 1995, terminata poi con una tregua. Una terza rivolta è scoppiata nel 2006 e si è conclusa nel 2009 grazie alla mediazione algerina. Dopo la distruzione della Libia la situazione è tornata ad essere esplosiva: la quarta rivolta tuareg ha portato alla proclamazione dell’indipendenza dell’Azawad, anche se non riconosciuta da nessuno e ha portato Francia ed Usa ad appoggiare militarmente il presidente golpista di Bamako quando un piccolo gruppo di jihadisti islamici del popolo tuareg, Ansar al-Din, ha attaccato la città meridionale di Konna. È stata la prima volta dalla ribellione tuareg, all’inizio del 2012, che i ribelli jihadisti sono usciti dal territorio tradizionale dei tuareg, nel deserto del nord, per diffondere la legge islamica nel sud del Mali.
Però è il 2006 la chiave di volta per comprendere davvero la situazione. In quell’anno le prospezioni minerarie scoprono che l’Azawad è ricchissimo di petrolio (oltre che di uranio, vitale per la produzione di elettricità in Francia) e contemporaneamente le intelligence occidentali fanno sapere che fra i Tuareg si è formata la “al Quaida del Magreb islamico” e dunque tutta la regione viene inquadrata nel mirino di una possibile guerra al terrorismo. Che diviene tanto più urgente e necessaria quando la Cina entra in grande stile nel Paese con 800 aziende che coprono quasi tutti i settori e cominciano a costruire infrastrutture che di certo piacciono di più delle bombe. Ed è significativo che l’Onu nel benedire l’operazione Serval per sbarazzarsi delle formazioni salafite e al tempo stesso dell’indipendenza tuareg, abbia fatto melina per un anno prima di accettare l’offerta di Pechino di 500 uomini.
Ora non c’è alcun dubbio che queste piccole formazioni di fanatici salafiti finanziate dall’Arabia Saudita, armate da chissà chi, forse dagli stessi francesi e fomentate dalla contrarietà occidentale nel dare l’indipendenza alla regione del nord meno corrotta e controllabile, non incontrino i favori della popolazione (peraltro musulmana) e si siano scagliate con violenza inaudita contro i monumenti e simboli dell’Islam locale. Proprio questo però insinua ancora una volta il sospetto sull’artificialità di certe formazioni estremiste la cui creazione e affermazione è del tutto inspiegabile senza interventi esterni. Del resto ci sono le prove di operazioni aeree del Qatar per infiltrare terroristi nel Sael, lo stesso Qatar con cui Parigi intrattiene una liason dangereuse fatta di investimenti giganteschi e anche di opachi rapporti personali tra politici d’oltralpe e dirigenti qatariani wahabiti.
Quindi non bisogna essere profeti per immaginare un attacco terrorista in Mali, anzi vista la situazione sarebbe piuttosto strano che non ci fosse stata una reazione: non si ingaggiano dei fanatici per mandare a puttane un movimento di indipendenza e avere il pretesto di intervenire pensando di poter dar loro gli 8 giorni. Non bisogna essere buoni profeti nemmeno per prevedere che sconosciuti spioni meglio conosciuti come intelligence cominciassero a dire in tempo reale con i fatti del Radisson che i condottieri della guerra wahabita in Mali forse non sono di Al Qaeda, ma si sono convertiti all’Isis, cercando di ristabilire l’ortodossia delle tesi occidentali che ora fanno dei quaedisti dei terroristi buoni.
Come si vede la marea di cazzate non si ferma alle università islamiche.