Il filosofo anticlericale Denis Diderot, 1767, ritratto da Louis-Michel van Loo.
di Rina Brundu. Giorni fa, il professor Aldo Grasso criticava per il Corriere della Sera la conduzione “provinciale” – da parte di Bonolis e della Clerici – del Grand Opening televisivo dell’Expo. Sosteneva insomma che la stessa avesse danneggiato la manifestazione agli occhi del mondo. Mentre concordo con l’accusa di provincialismo alla conduzione – non ritengo esista un solo presentatore nostrano che riesca a sfuggire a questa maledizione italic, se non forse la De Filippi dei momenti migliori – non riesco a capire di quale uditorio internazionale parlasse il Corsera. Vivo da sempre in quest’Irlanda terra di frontiera tra la sponda americana dell’Atlantico, la Gran Bretagna della busissima City londinese e la miglior Europa edonistica, e tutto – posso garantire – ha fatto notizia in questi giorni tranne l’apertura dell’Expo italico. Non mi risulta neppure che la manifestazione criticata dal dottor Grasso sia stata trasmessa dalle televisioni a queste latitudini (sono programmi che non usano) e da ciò deduco che – se ci sono state televisioni straniere interessate alla faccenda non potranno che essere state quelle di qualche remoto paese dell’Europa orientale in perfetta linea con quanto accadeva per il Festival di Sanremo di quando eravamo più giovani.
Vero è invece che l’Expo ha subito sostanziali stroncature sulla carta stampata di diverse nazioni. Cito per tutti l’articolo della redazione del The Guardian titolato “Expo 2015 is – for the hopeful – a sign that Italy got back in its feet” e soprattutto del Frankfurter Allgemeine Zeitung che con un articolo a firma N. Maak, titolato “Die Expo in Mailand: hier is keine Allegorie zu schief” ha colpito duro sul problema della corrutela amministrativa che ha riguardato anche questa manifestazione, sugli sprechi del denaro pubblico a maggior danno della sostenibilità, anche ecologica, del progetto e dulcis in fondo, ha gettato un velo di profondo scetticismo sul successo finale dell’impresa. Con tutto l’amor di Patria di questo mondo, è difficile non concordare con questa visione delle cose soprattutto in considerazione dello scarso appealing che la tematica principale trattata dall’Expo ha sulle nuove generazioni digitali, che, piaccia o non piaccia, sono quelle che determinano il successo di una qualsiasi iniziativa di tipo globale.
Come già detto concordo sul fatto che il problema di fondo resti l’imperante vocazione provincialistica. Un provincialismo che trova nei programmi televisivi delle reti generalistiche un megafono non indifferente e ancora capace di fare un danno intellettuale sostanziale. Questo è tanto più vero se pensiamo che la stragrande maggioranza degli italiani vive ancora di palinsesti televisivi organizzati dal gestore Rai, Mediaset o Sky, piuttosto che gestiti individualmente via canali tematici, dvd, e accesso digitale a quel pozzo informazionale senza fondo che è la Rete.
Da questo punto di vista nelle ultime due settimane che ho trascorso in Italia, mi ha colpito in maniera molto forte la continuata messa in onda di programmi che avevano per oggetto la corrente esposizione della Sindone o di programmi dedicati ai cosiddetti miracoli, apparizioni e superstizioni correlate. Si resta davvero senza parole davanti a questo mortificante spettacolo e ci si chiede come mai non esista un organo di vigilanza deputato a proteggere i ragazzi da questo tipo di manipolazione subliminale che volenti o nolenti segnerà il loro destino. Non in meglio purtroppo. Criticare questi argomenti così strettamente legati alle naturali nobili esigenze spirituali dell’Essere non è cosa facile perché sovente questi “credo” sono direttamente legati alle cose del dolore dell’anima e del corpo, eppurtuttavia qualcuno dovrebbe farlo. Non so quanta responsabilità spetti alla famiglia, alla scuola, al consorzio civile ma resto convinta che una qualche responsabilità ricada direttamente anche sugli organi di informazione perché se é questa la qualità della “formazione” che propongono diventa molto facile spiegare da un lato la loro stessa crisi e dall’altro le critiche che senza pietà e soggezione alcuna ci piovono dall’estero. Con ogni ragione.