Door, Magritte
Bussa la notte. Tre pugni chiusi, stretti. Niente di più. Bussa e non è suono, ma rumore. Sordo. Come le parole che scivolano in una fessura di luce. Di notte. Tre pugni chiusi e un suono. No, è un rumore. Non senti com’è forte? Non senti com’è buio? Sono io. Mi riconosci? Tocca le mie mani. Tremano. Come questa notte che spia da una fessura di luce. Pallida. Come la luna che arrossisce. Lo sai perché arrossisce? È per non lasciare andar via l’imbarazzo del tramonto. Come me che nemmeno lo so perché mi coloro di rosso, mentre il mio viso fa concorrenza al pallore della luna imbarazzata. Toc, toc, toc. Solo tre pugni chiusi, ricordi? Stretti. E tu? Perché continui a vivere nel riflesso di una fessura di luce? Ci sono, mi vedi? Vedi, tutte le volte che il rumore è troppo forte, io mi stringo... No, non in un pugno: nel ricordo del tramonto. Se non te lo ricordi, guarda la luna oppure tocca le mie mani. Tremi. E non è perché hai paura. I tre pugni chiusi si son sciolti nel calore di una stretta. Due mani diventano una. La notte, adesso, suona.