Di nuovo lungo la via della seta

Creato il 23 febbraio 2014 da Eurasia @eurasiarivista
Cina :::: Lorenzo Salimbeni :::: 23 febbraio, 2014 ::::  

Il Centro Studi Eurasia-Mediterraneo ha pubblicato per i tipi di Anteo Edizioni il libro “La Via della Seta. Vecchie e nuove strategie globali tra la Cina e il bacino del Mediterraneo” (140 pp., ISBN 9788898444113): di seguito la prefazione di Lorenzo Salimbeni, Presidente del CeSE-M, nonché redattore di Eurasia.

Ci sono luoghi che in ogni epoca storica hanno svolto una funzione, andando a ben dimostrare l’influenza che la geografia ha sulle vicende umane. Alcuni di questi luoghi compiono in maniera inconscia il loro ruolo, molti sono invece evidenti a tutti, a partire dall’orografia di una regione, per giungere alla ramificazione di una rete fluviale, passando per la navigabilità di un bacino marittimo. Altri luoghi ancora entrano nell’immaginario collettivo e lì si sedimentano, pronti a riconquistare la ribalta appena possibile. La Via della Seta rientra in quest’ultima categoria.

Mitica e leggendaria quasi quanto il Regno del Prete Gianni, la Cina in epoca medioevale e moderna vantava in effetti già relazioni diplomatiche e scambi commerciali con l’area mediterranea: sarebbero stati i viaggi di Marco Polo, finalizzati a trovare un’alternativa al monopolio marittimo portoghese nei traffici con l’Estremo oriente e riferiti nel suo libro di memorie Il milione, a condurre a rinnovati splendori quest’antica relazione. Non tanto lungo quelle piste carovaniere, quanto lungo le rotte marittime l’espansionismo occidentale avrebbe in seguito violentemente bussato alle porte del Celeste Impero, sino a scardinarle ed infine abbatterle, avviando una perniciosa opera di infiltrazione politica, militare e culturale che l’obsoleta compagine imperiale cinese non era in grado di sostenere. Passata da soggetto a oggetto della storia, la Cina si è risollevata dopo una guerra civile scoppiata a margine della più pesante di queste ingerenze, avviata dal Giappone. A metà del XIX secolo Pechino e Tokio erano entrambe in cospicuo ritardo rispetto ai livelli tecnologici, industriali e militari dell’Europa occidentale e dell’ancora embrionale potenza statunitense. L’impero del Sol Levante accettò la sfida, avviando un tumultuoso processo di modernizzazione e occidentalizzazione che portò in dote pure la componente imperialistica. Il decadente Impero sull’altra sponda del Mar Giallo sarebbe così diventato obiettivo di una vera e propria politica coloniale ed espansionistica, ben più devastante rispetto alle concessioni europee che punteggiavano il litorale cinese. Dal momento più basso del suo declino, ebbe inizio l’inarrestabile riscossa della Cina, capace di sospendere la guerra civile che la stava dilaniando ed in cui si confrontavano due risposte al problema della modernizzazione dell’immenso Paese: l’opzione comunista di Mao, che poi risulterà vincente, e quella occidentalista di Chang Kai Shek. Liberato il territorio nazionale dalle ingerenze straniere, il “Grande Timoniere” seppe reindirizzare la Cina verso il suo ruolo tradizionale di potenza globale lungo un percorso accidentato e tutt’altro che semplice, vuoi per l’arretratezza delle condizioni di partenza, vuoi per le difficoltà provenienti dallo scenario della Guerra fredda.

Oggi che la Cina è punto di riferimento tra le economie cosiddette emergenti del BRICS, assieme pertanto a Brasile, Russia, India e Sudafrica, ecco che le antiche tradizionali vie di comunicazione tornano in auge a fianco di nuove rotte e nuovissime destinazioni. La Via della Seta è ancora una volta asse privilegiato per collegare la Cina al Mediterraneo ed all’Europa; la Via della Seta è a livello terrestre quello che a livello marittimo è la Collana di Perle; la Via della Seta è il tracciato asiatico del Rimland. Negli anni Trenta del secolo scorso, infatti, Nicholas John Spykman riconobbe in tale “regione di frontiera” il perimetro difensivo dell’Heartland, il centro del mondo che Sir Halford Mackinder ad inizio Novecento aveva individuato proprio nelle terre su cui estendeva il suo colossale dominio l’Impero zarista. Proprio lungo tale linea di faglia che coronava la Russia cosiddetta europea, la Siberia e le immense steppe dell’Asia centrale, si erano da sempre lanciate all’offensiva le potenze che volevano insidiare il potere di Mosca, a prescindere che al Cremlino regnasse lo Zar ovvero il Soviet Supremo. Lungo una via così delicata si era invece tradizionalmente sviluppata la cosiddetta Via della Seta, luogo di transito di merci, culture e idee, che avrebbero condizionato i due estremi del percorso con suggestioni, sincretismi e confronti.

Oggi la Cina giunge nel Mediterraneo anche lungo le rotte marittime di Suez, ha rispolverato le antiche relazioni con l’Africa e ne ha intrecciate di nuovissime con l’America indiolatina, ma il fascino della Via della Seta e la sua importanza strategica restano immacolati. Nella nostra epoca si tratta della strada lungo cui transitano oleodotti e gasdotti dal cuore dell’Eurasia al sistema industriale europeo, è il perimetro difensivo lungo il quale Pechino ha intessuto una rete di alleanze militari dai preziosi risvolti economici ed imprenditoriali. Se il XXI secolo sarà “un secolo cinese”, come ipotizzato da Eurasia. Rivista di studi geopolitici, uno dei canali privilegiati per il cammino di crescita e di sviluppo di quella che ormai è indiscutibilmente la seconda potenza economica planetaria transiterà sulle orme di Marco Polo.

Partendo da queste analisi, il Centro Studi Eurasia-Mediterraneo ha creato un gruppo di ricerca per sviscerare la complessa matassa culturale, economica, militare e geopolitica che insiste su questa antica via carovaniera e scoprire cosa è diventata, provando altresì ad ipotizzare cosa potrà ancora diventare. Ponendosi in continuità con uno dei tanti precedenti progetti editoriali sviluppati assieme all’intraprendente casa editrice Anteo (La Grande Muraglia. Pensiero Politico, Territorio e Strategia della Cina Popolare con i contributi di Marco Costa, Andrea Fais e Alessandro Lattanzio), il CeSE-M è così tornato a occuparsi della Cina, riscontrando ancora una volta interesse da parte dell’Ambasciata della Repubblica Popolare di Cina. Questa collaborazione ha dato vita ad appuntamenti seminariali, convegni e presentazioni librarie e prosegue con questo volume collettaneo, in cui vengono affrontati svariati aspetti legati non solo al tragitto della Via della Seta, ma anche al rinnovato ruolo di protagonista mondiale della Cina. Vittoria Squillacioti ha saputo cogliere le influenze culturali, artistiche e religiose che si sono contaminate, condizionate ed affrontate fin dall’antichità sulla scia dei traffici e degli scambi tra gli estremi opposti della massa eurasiatica. La Cina, potenza continentale e terrestre, ha tuttavia recentemente intrapreso un rafforzamento militare e commerciale anche sul fronte marittimo, mettendosi in diretta concorrenza con la talassocrazia statunitense: gli scali delle rotte commerciali e le basi d’appoggio per una rinnovata marina da guerra vanno a comporre quella che viene chiamata la Collana di Perle, argomento il quale è al centro del saggio curato da Sara Nardi. L’importanza strategica e militare della Via della Seta, che, come abbiamo già avuto modo di ricordare, insiste sulla regione chiave del Rimland ed è quindi fondamentale non solo per la sicurezza di quello che era stato l’Impero di Mezzo, ma anche di Mosca, è stata analizzata da Andrea Fais, con un intervento dedicato soprattutto alle alleanze che la paziente e meticolosa diplomazia cinese ha saputo intessere. A Pechino e dintorni il mercante Marco Polo ed il gesuita Matteo Ricci sono tutt’oggi favorevolmente ricordati come gli apripista dei tradizionali buoni rapporti che intercorrono tra l’Italia e la Cina, però ancor più ampi ed interessanti sono i risvolti di questo rapporto che Loredana Orlando ha saputo cogliere nel suo contributo. Nascita, crescita e consolidamento dei rapporti diplomatici tra Roma e Pechino sono stati poi approfonditi da Carmen Nigro, la quale ha delineato come la tanto vituperata Prima repubblica, avendo l’audacia di avventurarsi nel riconoscimento diplomatico di Pechino in piena Guerra fredda, seppe invece avviare una proficua sinergia i cui benefici effetti devono ancora completamente sprigionarsi. Ben prima di dare la scalata ai mercati mondiali, la Cina ha voluto fin dall’epoca maoista conquistare un ruolo di primo piano sul versante politico, presentandosi tra i cosiddetti Non Allineati come un punto di riferimento ideologico, nonché come esempio per la riscossa dal colonialismo in strictu sensu e dalle ingerenze occidentali in senso più ampio: l’esportazione pacifica della dottrina politica cinese ha ricevuto ampia ed accurata trattazione da parte di Marco Costa. Partendo da siffatte premesse, la seconda metà del secolo scorso ha visto fiorire una relazione particolare fra la Cina e quei Paesi africani che stavano liberandosi in maniera più o meno cruenta dalla presenza coloniale europea, sicché oggi tale partnership è giunta a maturazione e Vanessa Baselli ha per l’appunto descritto le sinergie e le interrelazioni che il continente nero continua a sviluppare con questo attore globale.

Pur scritti da diverse sensibilità e partendo da differente prospettive, tuttavia questi interventi concordano nel mostrare come la Cina di oggi possa diventare un interlocutore privilegiato per l’Italia, partendo da rapporti storicamente ben radicati e considerando quei margini di sviluppo che la proiezione della penisola italica nel cuore del Mediterraneo propone in qualità di terminale occidentale della Nuova Via della Seta.

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