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Qui, tra le piccole luci di una provincia lontana e silenziosa, può accadere anche questo.
Che di sera, infilandoti in un anonimo portone, scendendo una rampa dai gradini lunghi, bassi e sconnessi, sotto ad un soffitto basso, con tubi bianchi e cavi sospesi, ci si ritrova dentro un vecchio frantoio, nelle grotte cantine di una casa padronale. Il frantoio della Briccola.
Qui gli amici di TerritorioTeatro creano e raccolgono eventi, e li custodiscono, come le cose buone per l'inverno magro. Dentro al vetro come il vino e l'olio, appesi al soffitto come il prosciutto e il salame, nelle cassette di legno come le patate e le cipolle, sotto il grano come le mele e i meloni.
Stasera hanno raccolto, e lo mostrano a trenta fortunati amici, un prezioso momento di cultura.
Ho rivisto Giulio Greco dopo molti anni, durante i quali le nostre strade diverse non ci avevano più fatto incontrare. Lui proseguendo nella sua attività artistica dipanata tra la pittura e la scultura con la quale materializza il suo percorso di vita, mescolando le atmosfere arcaiche e magiche del natio Cilento con il rigore formale e naturale della Toscana dove risiede. Io, che forse avevo il bisogno del silenzio di Pierino per tornare sui miei passi, e riscoprire quello che avevo fatto.
Giulio mi chiede se ancora scrivo e fotografo. Ricorda dei miei lavori, quelli degli anni '90. Di cose fatte in un momento in cui erano nuove, importanti, che hanno lasciato il segno. Che lui, come altri, ricorda.
Giulio Greco è qui perché stasera Lapo Ciari mette in scena, assieme a Roberta Geri, una sua opera: "Pisacane nella terra dei tristi".
Sapevo che oltre alla pittura ed alla scultura si dedicava alla scenografia per il teatro. Stasera scopro un Giulio Greco scrittore sceneggiatore, autore di questo racconto storico-teatrale.
E' una storia romantica, che ci porta a rileggere il Risorgimento. Un'epopea di uomini che avevano avuto il coraggio di scegliere per cosa vivere, sapendo per cosa potevano morire.
Ma è soprattutto una storia di donne, e ci racconta che anche le donne hanno fatto il risorgimento, prima ancora di cominciare a pensare al suffragio universale, come se la consapevolezza dell'autoderminazione dell'uomo è il primo passo verso la libertà, e che la libertà è il primo, indispensabile, passo nella ricerca della felicità.
"Noi sottoscritti, forti nella giustizia della nostra causa e nella gagliardia del nostro animo, ci dichiariamo iniziatori della rivoluzione italiana".
Carlo Pisacane non c'è. Il racconto parte da pochi mesi dopo la sua morte. Dal tragico epilogo della spedizione di Sapri dell'estate del 1857, da quel tentativo di incendiare le masse contadine del sud, di quella politica del fare. Progenitrice della meglio preparata e più matura spedizione dei Mille che solo tre anni dopo riuscirà nell'obiettivo di rovesciare il regno borbonico con l'aiuto della popolazione.
La narrazione parte dal collegio femminile delle Peschiere di Genova, dove Enrichetta De Lorenzo, la compagna di Pisacane, affida la loro figlia Silvia al tutore Mercantini.
Con lui rilegge il proprio diario, ripercorrendo la vita propria e di Carlo Pisacane, e, soprattutto il racconto della spedizione e della mattanza dei trecento giovani e forti, tutti morti. I più proprio per mano di quei contadini che credevano di poter liberare.
Nella seconda parte la protagonista è lei, Silvia, la figlia di Pisacane. Che dopo il collegio e la prematura morte della madre, viene presa in protezione da Giovanni Nicotera, futuro ministro del Regno d'Italia, tra i pochi superstiti, ma ferito, della spedizione di Sapri.
Racconta della sua malattia, la tubercolosi che la porterà via poco più che trentenne, ma soprattutto delle ingiustizie subite, dell'assenza, della superficialità e spregiudicatezza del padre adottivo, del Nicotera che aveva dato in prestito la sua dote, all'amico senatore Del Giudice, che non restituì mai, nonostante la causa intentata e le dimissioni da senatore del Regno.
Lo spettacolo è commovente. La narrazione è poetica. Gli attori bravissimi, appassionati ed appassionanti.
Senti che la storia ti appartiene, che la bandiera inneggiata ed insanguinata ti appartiene.
Si sente. Bravi!
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