Un batuffolo di peli rossi, due occhietti tenerissimi e un carattere deciso. Un gattino, un destino. Amore a prima vista.
Avevo poco più di vent'anni, non avevo mai avuto un cucciolo e sapevo che La Ma non avrebbe approvato, ma ero determinata a farlo entrare nella mia vita, nella nostra vita.
Non lo portai subito a casa, dovevo prepararmi ad accoglierlo, ad accudirlo, dovevo prepararmi allo scontro con La Ma.
E poi una sera rientrai a casa, nell'ottobre del 2001, col cucciolo pigolante, la testa alta, pronta a tutto, con la ferma convinzione che avrebbe cambiato la mia vita.
Una breve schermaglia e Lapillo fu accettato e amato.
Il mio cuore si aprì anche grazie al gattino da accudire; la nostra esistenza è stata riempita da una tenera e dolce pelosità. L'ho nutrito, ho imparato a capirlo, a tranquillizzare la sua irrequietezza, l'ho curato, ci ho giocato.
Per scherzo, ma non troppo, l'ho sempre chiamato il mio figlio di pelo, anche i bimbi lo sanno.
In fondo, la maternità è cura, accoglienza, amore, determinazione, dedizione, attenzione, è uno stato, del cuore e della mente, che si manifesta nei confronti di quello a cui teniamo. Si coltiva, si esercita, cresce con noi.
Con quel gattino è nata in germe la madre che sono diventata, che ha imparato ad amarsi e a prendersi cura di sé, che ha imparato ad amare, che ha desiderato dei figli, li ha avuti e se ne prende cura, che è madre anche delle scelte che fa, dei progetti che segue, di quello in cui crede, di quello che le sta a cuore.
O almeno ci prova.