Pur non avendone mai parlato apertamente e direttamente, credo che si sia capito quale sia la mia opinione in merito all'editoria a pagamento. La trovo svilente per l'autore e mi viene spesso da pensare che se hai pubblicato a pagamento è perché gratis nessun editore ha voluto scommettere su dite... perché la tua opera non merita. Pregiudizi? Forse, anzi sicuramente sì. Ma finora nessuno è mai riuscito a farmi cambiare idea. Certo è che se le case editrici a pagamento esistono è perché sono legali e, soprattutto, perché qualcuno a loro ricorre. Autori sprovveduti? Autori troppo egocentrici e convinti che tutta l'editoria non sia in grado di apprezzare il loro lavoro? Autori che non hanno voglia di aspettare i lunghi (effettivamente lo sono) tempi di lettura delle case editrici free? Non lo so quali possano essere le vere motivazioni, anche perché queste sicuramente possono cambiare da persona a persona. Fatto sta che l'editoria a pagamento esiste, così come esistono autori che hanno pubblicato a pagamento. E che poi si trovano a rapportarsi con il mondo esterno.
Questo post nasce proprio da qui. Da un autore che ha pagato per pubblicare il suo libro. Qualche giorno fa sono stata infatti contattata da un autore emergente che voleva propormi la lettura del suo libro. La sua mail iniziava così:
Ho pubblicato con Albatros; ora, so che questo nome ti farà probabilmente sputare sangue e piangere lacrime amare...Ora proprio sputare sangue e piangere lacrime amare no, ma sicuramente il primo istinto è stato quello di liquidarlo immediatamente. Ne ho già tanti di libri da leggere, che sono stati sottoposti all'iter tradizionale... figuriamoci se mi metto a perdere tempo con altri.
Poi però sono andata avanti a leggere e mi sono resa conto di trovarmi di fronte a una persona con una buona proprietà di linguaggio (cosa che, come forse vi ho già detto in precedenza, non sempre succede con certi emergenti) e soprattutto con una strana consapevolezza. Non so spiegarvi. L'ho sentito quasi come se si pentisse di averlo fatto ma che non voglia comunque rinnegarlo. E quindi, curiosa come una scimmia, ho provato a chiedergli le motivazioni per cui ha pubblicato a pagamento. Ne è nato un per me interessante scambio di mail che mi ha portato a questo post.
L'autore in questione sa che avevo in mente di scrivere qualcosa e ha letto queste parole in anteprima. E troverete quindi qua e là qualche suo commento o precisazione. Non voglio, per il momento, farne il nome perché non credo che sia poi così necessario. Quindi troverete in carattere normale il mio pensiero, in corsivo gli estratti delle mail precedenti e in viola i commenti diretti dell'autore dopo la lettura in anteprima del post.
Come vi dicevo dopo la sua mail di richiesta di recensione, gli ho risposto chiedendogli perché ha pubblicato a pagamento, cosa lo ha spinto a scegliere quella particolare casa editrice. E mi ha risposto, molto sinceramente, che inizialmente era un po' sprovveduto, che ha inviato il manoscritto un po' a raffica e a casaccio senza soffermarsi più di tanto a pensare, e seguendo un rating trovato su internet, che poneva Albatros nel versante positivo del settore.
Due case editrici gli hanno risposto. Entrambe a pagamento. E lui ha scelto quella che tra le due gli sembrava più seria e che gli forniva di più. A posteriori, ammette di non essere un granché soddisfatto del Gruppo Albatros, ma non per il discorso economico.
Da lì, si è passato a parlare di case editrici in generale, perché gli ho fatto notare che esistono anche case editrici piccole o medie che puntano sugli emergenti (o che pubblicano solo emergenti), con comitati di lettura e selezione e con un certo lavoro di cura del testo prima di mandarlo in stampa (esiste anche chi pubblica a gratis e non fa editing eh, sia chiaro.) Ancora una volta, ho trovato le sue parole molto consapevoli, molto ben sviluppate e pur non riuscendo a condividere il suo pensiero, credo che valga la pena analizzarle un attimo.
La prima cosa che si riscontra è il disincanto, misto forse a una piccola dose di autoconvincimento:
"Nessuno è realmente disposto a puntare sugli esordienti, e scegliere fra questa o quella casa editrice è come scegliere fra le mele e le banane dopo pranzo: irrilevante. Le case editrici che pubblicano gratuitamente le conosco [una mia amica di famiglia è la responsabile di una catena di librerie], ma le conosco giusto perché me ne ha parlato lei, altrimenti rimarrebbero buchi neri nella galassia dell'editoria."E' davvero così? Non è una domanda retorica, è una domanda vera. Da quel poco che so io di editoria, no, non è così. Certo, ci sono tante, tantissime case editrici che non investono sull'autore o sul testo ma semplicemente sul prodotto e che quindi magari se un romanzo è bello ma non "di moda" viene scartato. Ci sono tante, tantissime case editrici che sì ti pubblicano, gratuitamente, ma che poi lasciano a te l'onere della promozione o delle vendite. Ci sono case editrici che pubblicano tutto, in ordine di arrivo. Ma poi ci sono anche case editrici che davvero investono sugli autori e sui loro libri, accompagnandoli e seguendoli in ogni passo. Certo, hanno tempistiche di lettura magari lunghe e la selezione è ristretta, proprio perché devono investire. Ma esistono.
Le case editrici a pagamento sono più scelte e guadagnano di più, questo è evidente anche solo guardando al Gruppo Albatros. Quelle gratuite sono pressoché sconosciute, almeno a livello popolare [il mio livello prima di pubblicare, appunto], modeste, ridotte o fallimentari. Vuoi che non sorgano delle invidie e dei malumori? Visto che segare le gambe alle case editrici non si può, perché appunto, sono legali, ecco che il carico di merda se lo devono sorbire i poveri incolpevoli autori, accusati di pubblicare a scatola chiusa, senza selezione alle spalle. Così è nato il pregiudizio, colpendo il prodotto invece del produttore.
Il discorso della selezione è stato un altro argomento di questo piacevole scambio di mail. Io ho sempre dato per scontato che non ci sia alcun processo di selezione nelle case editrici a pagamento. Non ho mai effettivamente indagato a tal proposito, mi sono sempre e solo limitata a leggere qualche articolo qua e là. L'autore mi fa notare questo:
Un buon concorso letterario, diciamo di livello internazionale, si tiene una volta all'anno, e riceve all'incirca uno-due migliaia di manoscritti [un concorso minore, che ha pubblicato di recente i suoi dati, ha dichiarato, se non ricordo male, 546 partecipanti.. Quindi dovremmo esserci]. Giusto?Proporzionalmente, una casa editrice che pubblica bandi mensili [come l'Albatros] dovrebbe ricevere all'anno qualche decina di migliaia di manoscritti.L'Albatros ha in catalogo 2000 titoli [numero ufficiale presentato al Salone del Libro di Torino, che comprende anche i non esordienti].La domanda a cui accennavo è questa: perché gira voce che in questi tipi di case editrici non si faccia selezione, non esista un comitato di lettura? È ingenuo anche solo pensarlo, dovrebbero essere in migliaia a lavorare, senza dormire la notte.Ovviamente la selezione di Albatros sarà più ampia, perché, essendo mediamente più nota, riceve più manoscritti.Ora, stante la selezione di base presente in entrambi i "circuiti" [gratuito e a pagamento], perché quelli pubblicati gratuitamente dovrebbero essere migliori a prescindere? In base a cosa? E se la qualità del comitato di lettura fosse scadente [ho letto opere semplicemente incommentabili, lautamente premiate in restrittivissimi concorsi letterari]?Se pubblichi con Einaudi, Mondadori & co. sei un figo a prescindere, ma i loro "blasonati" cataloghi sono pieni di merda, e direi che non c'è neanche bisogno di fare nomi.
Quindi quella che non fanno selezione nelle case editrici a pagamento, o almeno in questa nello specifico, è solo una voce? (Di nuovo, non si tratta di una domanda retorica ma di una domanda vera). Se sì, allora, perché se ti selezionano e credono nella tua opera e nel tuo valore, ti chiedono soldi per pubblicarti?
La risposta c'è, ed è piuttosto nota nell'ambiente. Effettivamente è la domanda fondamentale, perché dalla risposta scaturiscono tutti i vari pregiudizi [il fatto che tu davi per scontata l'assenza di selezione è emblematico di ciò, e deriva proprio dagli sviluppi di questa questione].
Alcune case editrici chiedono soldi perché... Possono farlo. È perfettamente legale, l'hai detto tu [e l'ha confermato un avvocato del Codacons, contratto del Gruppo Albatros alla mano]. Certo, è piuttosto immorale, perché potrebbero fare diversamente. E infatti c'è chi fa diversamente e sceglie di preservare la moralità, cioè le CE gratuite.
Dal mio punto di vista, considero "migliori" le selezioni del circuito gratuito proprio perché non chiedendo soldi all'autore devono davvero essere sicuri di quello che pubblicano. Ci guadagnano solo se il libro vende e quindi devono far sì che i libri siano, appunto, di qualità e adatti al pubblico. Io non ti chiedo soldi per pubblicare, i costi sono tutti a carico mio, quindi la tua opera deve davvero essere meritevole. Semplice, no? Certo, quando dice che anche le case editrici più rinomate hanno cataloghi pieni di merda non posso che dargli ragione. Purtroppo è così. Ma si tratta di libri sicuramente brutti ma per una casa editrice "commerciabili". (Sui comitati di lettura invece non concordo tanto, ma semplicemente perché può essere scadente sia quello di una free sia quello potenziale di una a pagamento...)
Sarò sincera, alla fine di questo scambio di e-mail, i miei pregiudizi sono rimasti e tra i milioni di libri che devo ancora leggere, quelli pubblicati da una casa editrice a pagamento sono sicuramente gli ultimi in classifica. Forse sbaglio, forse così facendo rischio di perdermi dei capolavori. Però non so, c'è qualcosa in questo meccanismo che, pur essendo sicuramente legale, pur mettendo davanti all'autore un contratto che lui stesso accetta e firma, non mi piace, che mi sembra una presa in giro, dell'autore e del suo talento. Se esiste, perché mi chiedi soldi e non investi su di me? Se non esiste, non è vile che dici ugualmente che io ce l'abbia per rubarmi dei soldi?
Certo i pregiudizi, in ogni ambito della vita, sono sbagliati e probabilmente se tutti riuscissimo a smettere di averne il mondo sarebbe migliore. Ma su certi aspetti è davvero difficile.
L'hai detto tu: quasi nessuno è disposto a recensire e fare affidamento su libri a pagamento. E allora CHI ha deciso della loro qualità? Evidentemente nessuno, se non l'astio delle case editrici gratuite, rapidamente diffusosi su internet e [quindi] immediatamente accolto come vero dalla massa [la maggior parte dei blog letterari sono a tutti gli effetti filiali, succursali delle CE gratuite, questo è abbastanza ovvio].
Prova ne sia il fatto che gli scrittori, gli editori e le figure del settore a cui ho fatto avere il mio libro, l'hanno letto senza pregiudizio alcuno, perché viventi la realtà dei fatti e non quella di internet: chi pubblica un libro, qualche merito deve averlo [tranne magari quelli che si pubblicano da soli sulla rete]. Poi non è detto che la qualità ci sia eh, sia chiaro, ma sicuramente non può essere decisa a priori da una supposta elite di illuminati.
E ancora, sicuramente esisteranno realtà ancora meno oneste che non fanno alcuna selezione, ma devono per forza di cose essere realtà minori, sia in quantità che in importanza. Una grossa casa editrice [e l'Albatros è una grossa fra le piccole, come mezzi] non può farlo, ma proprio matematicamente. La selezione sarà più ampia e tutto quello che vuoi [anche e soprattutto perché arriva più materiale], ma così è.
E poi, in queste mail, ci sono due frasi che mi hanno fatto un po' sorridere, un po' commuovere e un po' arrabbiare. Perché mi sono immedesimata un attimo in questo autore, soprattutto nel momento in cui si è trovato di fronte per la prima volta a quei pregiudizi:
Io sogno un mondo in cui si badi all'autore, e non alla casa editrice. Un mondo in cui l'autore possa farsi conoscere senza ostacoli dettati da pregiudizi infamanti, che oltretutto non dipendono neanche da lui.Perché in realtà, come idea di base sarebbe anche molto bella e molto, molto giusta. Perché è vero, bisogna giudicare il libro e la sua storia, non chi lo ha pubblicato. E questo deve valere per qualunque libro. E mi rendo conto che per un emergente, sia che abbia pubblicato con una free sia che abbia pubblicato a pagamento, nella giungla in cui si è trasformata l'editoria negli ultimi anni farsi notare e sopravvivere è difficile. Però trovo anche una certa ingenuità in questa sua posizione. Perché offuscato dall'entusiasmo (che capisco e condivido, ci mancherebbe!) non ha svolto una ricerca prima di accettare di pubblicare. Una ricerca nemmeno poi così difficile, visto che come si diceva all'inizio quello dell'editoria a pagamento è un argomento scottante e di cui gli addetti ai lavori parlano spesso (c'è una famosissima lista... che non mi sento di condividere totalmente, ma che comunque per gli autori emergenti penso sia una buona guida). Forse si sarebbe scontrato lo stesso con altri pregiudizi, forse avrebbe avuto comunque difficoltà a emergere e a farsi notare. Ma sarebbe sicuramente partito meno svantaggiato.
In conclusione: sono stato uno sprovveduto che poteva informarsi meglio ed evitare spese inutili? Sicuro.
Sono un brocco presuntuoso e sopravvalutato senza speranza alcuna perché ho pubblicato a pagamento? No, lì mi girano i coglioni. Almeno conoscetemi e fatemi parlare prima.
Alla fine comunque siamo rimasti d'accordo che, quando avrò esaurito un po' la coda dei libri che mi sono stati inviati dagli emergenti per una lettura, leggerò anche questo. Concludo ringraziando ancora una volta questo autore, per la disponibilità al dialogo e per lo scambio di opinioni, che per me è stato davvero molto interessante e utile a farmi un'ulteriore idea su questo strano mondo che ancora una volta ha dimostrato di essere l'editoria.