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Di quello che vuol dire lavorare con un invasato di pesca

Da Pietroinvernizzi
Trout-Michael Meyer

Dove sono i nostri pensieri… (foto tratta dall’opera di Michael Meyer) http://www.facebook.com/michael.meyer.3532

Qui di seguito pubblichiamo l’articolo scritto da una mia collega che segue il blog, preferisce restare “anonima”…lei è un’esperta di moda e di moda scrive, ma la pesca l’ha contagiata, più o meno come il raffreddore in Autunno. Qui riporta il punto di vista di chi vede noi appassionati dall’esterno.

Ho letto le divertenti testimonianze della compagna di Jacopo e non sono riuscita a trattenermi dallo sfogare il punto di vista delle Colleghe di Pietro.
Pietro.
Caro Pietro.
Simpatico, cordiale, mattacchione di un Pietro.
Ci lavoro insieme da due anni e dopo aver esordito male con la sua prima battuta in ufficio <E il Mac? Dov’è il mio Mac? Io non lavoro se non ho un Mac!> (Nego tutto! N.d.R.) ha guadagnato tutta la mia simpatia il giorno che disse <…dai un pesce ad un uomo e lo sfami un giorno, insegna ad un uomo a pescare e te lo levi dai coglioni tutti i week-end>.
Che ridere, ho pensato.
Oggi giorno c’è ancora gente che pesca!
Io, che pensavo che la pesca si fosse estinta tanto quanto il furto di autoradio, mi sono dovuta ricredere (anche perché le autoradio le rubano ancora).
Io, che la pesca la consideravo limitata ai cartoni animati, a San Pei (Sampei! N.d.R.) e a pochi altri, non pensavo che esistesse “Gente Giovane Che Va a Pescare”.
Pensavo fosse una cosa da papà, da nonni.
Quanto mi sbagliavo.

Lavorare con Pietro, passare circa nove ore al giorno insieme a lui, è stancante.
Certe volte penso a quella santa donna di Marta e mi chiedo come fa. Marta, hai tutta la mia stima.
Siamo in quattro donne in ufficio e, con tutto il rispetto, non ne sappiamo nulla di pesca e non ci interessa nemmeno saperlo. Eppure abbiamo imparato un botto di cose, nostro malgrado.

Io non ne so una fava di queste cose, di pesci, di fiumi, di canne e di mulinelli.
So di red carpet, di sfilate, di celebrities, di come abbinare le scarpe e poco altro.
Negli ultimi due anni però  mi sono ritrovata a parlare di quando finisce la stagione della trota, di quante e quali canne usare per pescare al mare, di cosa sia un “release”, AH MA PERCHE’ POI NEMMENO TE LO MANGI?,  del pescare in Serbia, sui Balcani, al mare, in montagna, sul fiume, nel lago e nelle pozzanghere, del bracconaggio, di come si pesca dentro l’acqua, fuori l’acqua e di come si rilascia il pesce.
Io.

work and fishing - card - (liberamente tratta da google immagini)
Lavorare con Pietro non è semplice.
Quello che diciamo sempre è che il venerdì, a partire da dopo l’ora di pranzo, parte incontrastato e inesorabile il suo monologo sulla pesca del week-end. Una specie di corso accelerato per inconsapevoli pescatrici dilettanti dove lui parla a prescindere dal fatto che una di noi gli presti attenzione.
Ma fosse solo il venerdì il problema.
Tutto parte il lunedì: dopo un’oretta e mezza di religioso silenzio nel quale aspettiamo che si metta in moto, parte con il racconto del week- end.
La trota, le esche, il pesce che è scappato, il cellulare che è caduto in acqua, le foto, il report, mi ha commentato il SAVIO! Ma capisci? IL SAVIO! il pesce che ho preso, guarda la foto, lo sguardo allucinato, le telefonate.

Le telefonate.

Dio ce ne scampi dalle telefonate.

Siamo tutte così consumate dal suo entusiasmo, dal suo parlare fitto fitto, dal suo esaltarsi per misurazioni <…una trota di 70 cm? MA VERAMENTE?>, dal suo stato di ansia come se stesse per giocarsi una finale di Champions costante, che ringraziamo il cielo che le sue lunghe telefonate di celodurismo di pesca si limitano all’ora di pranzo e alla pausa caffè!

shopping online
Le lunghe chiacchierate con Francis, le intense discussioni con Jacopo, gli accordi per il week-end <io ho l’applicazione per il meteo PRO, mica quella che hanno tutti, la mia NON SBAGLIA MAI>, e andiamo sul lago in montagna, e COSA MI METTO, e cosa porto nello zaino, oh zio hai preso le buste dei risotti, mi presti la carta di credito che ho vinto l’asta per queste esche rapala su ebay, sono indeciso dove andare sabato: sul Sesia, il Toce o l’Adda, oh sfiga Jacopo si è ammalato e non viene con noi, che sfiga cazzo, mi dispiace un casino, oh stasera vado a pescare con Francis, oh stamattina sono andato a pescare con Francis, oh sabato vado a pescare con Francis.

Ricordo ancora con affetto il giorno che, vedendolo uscire un venerdì sera dall’ufficio per salutarlo ho urlato un BUONA PESCA!, così per essere gentile, per essere carina e per dimostrargli la mia partecipazione, il mio interesse per le sue attività di pesca.
Le MADONNE che non mi ha tirato.

Sono stata io ad insistere perché aprisse un blog.
Pur di NON ASCOLTARLO, pur di farlo sfogare con gente che può dare dei feedback più partecipativi di un timido annuire di tanto in tanto, gli ho detto APRI UN BLOG DI PESCA, pensando di riuscire in questo modo a trovare la giusta via per farlo sopravvivere da lunedì a venerdì. Pensavo che poi le cose migliorassero in ufficio.

Telefonata di pesca

No.

Con il blog è pure peggiorato.
Ma la cosa che mi fa più specie riconoscere sono io stessa. IO che gli chiedo che programmi ha per la chiusura di stagione della trota.
Vi lascio con l’immagine più tipica della nostra vita in ufficio: al telefono mentre si allontana dalla scrivania, esaltato per l’incombente week-end in pieno preparativi per la giornata di pesca.



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