Magazine Diario personale

Di sale e sòle

Da Icalamari @frperinelli

 

29 giugno 1912

Da qualche parte in mezzo al mare

 

Siamo partiti da Marsiglia con il tempo incerto di questa stagione strana, oggi al risveglio in mare aperto siamo già in un altro quadro, impressionista forse. Le mie impressioni si rincorrono e riflettono lo specchio d’acqua nel quale i delfini emergono a tratti e si nutrono della scia dei nostri scarti. E nutrono i miei occhi di un’energia nuova, una corrente alternata che non so rifasare. Sul ponte principale, attorniano in pochi la tavola imbandita, sulla quale si affaccendano camerieri sbarbati senza cura. Hanno divise chiazzate dalle ombre dei ricordi di altre traversate. Non voglio immaginare, sapere nulla delle loro vite. Mi basta osservarli, mentre si scambiano il disprezzo per le risibili nausee dei terricoli. Mi sporgo in direzione del buio al quale andiamo incontro e, a stomaco vuoto, cerco all’orizzonte i segni restanti delle Colonne d’Ercole. Non ho dormito affatto.

Il vento contrario tiene desta più di una veglia, ed ecco comparire accanto a me M.me Berquet, fresca al mattino, come non so più esserlo. Avrà meno di una trentina d’anni. È sulla nave per raggiungere il marito che verrà a prenderla al porto di New York. Appare in ansia. L’accolgo nel mio spazio con lo sguardo. I ricci castani sbattono ritmicamente contro i suoi occhi, pieni di sale, e io confondo la sua espressione con la mia. Mi afferra un dubbio e io, che non amo l’invadenza, torno a guardare fuori e a non pensare.

Appena tornata in disparte, con la mia sola compagnia, sento qualcosa che inizia a scoppiettare alla mia destra. Singhiozzi radi, che si mescolano alle grida dei delfini.

La sera precedente -sera di gala, di tartine e di lamé. Noi, due donne sole, ci riconoscemmo e chiuse a difesa, provammo sollievo a fare conoscenza- mi aveva confidato che il marito, medico, bello e dissoluto, affascinava al punto gli altri da portarlo a chiederle perdono appena conosciuti, se mai fosse caduto in tentazione. Giurandole che amava solo lei. Vissero anni mondani, la bella gente era orgogliosa di averli ai loro party, ai vernissage erano così invidiati. Non fece che un accenno alla loro intimità, ma compresi che fosse stata magnifica. Solo una macchia sembrava tormentarla. C’era una donna che più delle altre sembrava tartassare l’uomo e lei, gelosa, un giorno, aprì un cassetto che lui lasciava incustodito. Mi disse che aveva deciso così, di perdonarlo, raggiungerlo in America e vivere alla giornata, sapendo di non potersi più fidare. Scoprì ciò che avevo anticipato col pensiero, ma mi guardai dal dirlo. Io, che ho vissuto tanto, credetti di poterla compatire.

Le posi una mano sulla spalla e in poco tempo ci salutammo con un appuntamento per il giorno dopo. Chiusi dietro di me la porta della mia cabina e svolsi con cura i gesti serali, per propiziare il sonno. Sforzi inutili, la brama incomprensibile di volerne sapere di più della mia nuova conoscenza mi tenne gli occhi spalancati fino al mattino.

Appena sveglia avevo aperto la lettera che custodivo con le altre dentro lo scrigno di velluto rosso. Era datata il giorno prima della mia partenza, l’uomo scriveva di aver pensato a me fin dal risveglio, e a me aveva pensato prima di andare a letto. Su quelle righe rinfocolai per lunghi attimi l’esito raggiante della prima lettura. Poi aggiungeva frasi che mitigavano il senso di straniamento per avere in cuore un tipo come lui. Era abile e sfuggente, ma ero convinta di averne compreso il nucleo.

Io su quella nave non fuggivo, cercavo giusto di vivere una vita senza lacci. Lui aveva la sua pittura che gli riempiva i giorni, e lettere e lettere, per me, per non dimenticare. Sarei tornata un giorno prossimo alla fine dell’estate, e avrei placato l’inquietudine guardandolo negli occhi.

Ci riconoscemmo entrambi soli e affamati di vita, per questo allacciammo le nostre vite. Ma anche lui, sposato a una moglie distante, aveva anticipato subito, come M. Berquet alla povera Emilie, l’origine dei miei tormenti. Excusatio non petita, avrei dovuto stare più attenta.

Ci tenne a farmi conoscere la sua incolpevole attitudine alla giocoleria. Alla manipolazione in cerchi concentrici di azioni reiterate e compulsive. Chiese una mano a me, e gliela concessi, per quanto non avessi tutto ben chiaro. Ciò che importava era la reciproca ammissione di fiducia, non altro. E mentre col mio pensiero accanto passava notti regolari, a me il misantropo pittore di Parigi, galante incontro di una notte di plenilunio al margine tra i campi e la città, toglieva il sonno.

Emilie Berquet è accanto a me e parla per prima, e dà segno di grande intimità, posa la testa sulla mia spalla per un momento, mi guarda e ride. Sono sorpresa. Mi fa,

“Qualche notte prima della partenza avevo preso l’abitudine di passeggiare sola. Parigi è una città in cui una donna libera può permettersi il lusso”, io annuisco e penso a me che faccio lo stesso ma giro col bavero rialzato, “Sola lo sono da così tanto tempo che non mi è rimasto altro che queste camminate. Ho conosciuto un uomo, un curioso dei tanti in cui ci si può imbattere. Senza pensarci, gli ho raccontato la mia storia. Sembrava interessato, pure troppo. Giusto ieri mi ha invitato a entrare a casa sua, una stamberga abitata da artisti, drogati e dalle loro pulci. Prima ha premesso di essere sposato e di cercare un po’ di compagnia. Vedi, non fa per me, gli ho detto. Peccato, ha risposto lui, sarei rimasto da solo per un bel po’. È orribile non trovi?”

Il suo sorriso complice invita me, tutta età e solida esperienza a rispondere che, sì, gli uomini deboli cercano la compagnia di donne libere pensando di aver vita più facile. Non tengono conto che lo scotto della nostra libertà è l’essere più esigenti, non tanto più delle puttane, quanto delle cosiddette donne perbene, le loro mogli abituate e stanche.

A sbuffi, come un treno a vapore, ogni tanto smettiamo e poi riprendiamo a ridere. Alziamo gli occhi. Il sole si è alzato in fretta, ora le ombre si accorciano e rivelano la ruggine e il legno scrostato della lussuosa nave da crociera.

“Solo perché eravamo entrambi di Parigi mi ha fatto la proposta”, ride di nuovo, “Che ometto. Pensava di irretirmi vantando di essere un pittore.”


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