Magazine Maternità

di scolarità, apprendimento e vita

Da Orsomichele @orsomichele
Ci sono percorsi che inizi un po' in sordina, che manco te ne accorgi. Tempo fa io "facevo" l'educatrice: costituente la seconda generazione in quest'ambito nella mia famiglia (mia madre è appassionata maestra elementare), ero arrivata  a costituire il perfetto modello di educatrice "alla S.O.S. tata", quella della severità rigida e della punizione "con gentilezza".
Poi arrivò il Tarta. Con lui iniziò il lento processo di disgregazione delle scempiaggini che fino a poco tempo prima proferivo con tanta convinzione (uno su tutti: cosleeping? orrore!). Ma La Scuola continuava ad avere per me quell'aspetto idealistico-vocazionale che fino ad allora mi aveva sempre contraddistinta. Poi la decisione di lasciare le supplenze al nido per stare a casa col tarta: nella mia esperienza avevo visto troppe cose che non quadravano nei nidi, e no, non potevo lasciarlo nel primo nido. E manco nel secondo. E qui iniziò la nostra esperienza di home-schooler, quando manco sapevo che esistesse questa parola. Mi ha sempre fatto divertire il fatto che il figlio di un'educatrice non andasse al nido, e questo contrasto l'ho sempre sentito foriero di un "qualcosa", che non sapevo ancora bene individuare.
Intanto mi sono messa a studiare: Kohn mi ha aperto la testa, Montessori mi ha entusiasmata e riempita di ammirazione, Juul mi ha dato suggerimenti e conferme. L'hanno scorso mi sono resa conto che di lì a poco avremmo dovuto pre-iscrivere il tarta alla materna: il maritozzo entusiasta all'idea, io per niente. Abbiamo chiesto un colloquio prima, ci sono sembrate maestre disponibili a collaborare in un certo senso, pareva che il bimbo e il suo benessere fosse il centro del lavoro. Vabbè, ci proviamo, speriamo. Facciamo le riunioni, cerco di fare buon viso a cattivo gioco, alla fine mi entusiasmo quasi: in fondo era il tarta a dire di voler andare, e avevo l'impressione che a casa si stufasse, avesse bisogno di altro. Lo accompagno, lui vive i primi tre giorni in maniera entusiasta: quasi manco mi fila, nonostante la sua naturale ritrosia nei consfronti degli sconosciuti ha voglia di andare ed è contento. Il quarto giorno è già un po' meno propenso, poi si ammala. Sta qualche giorno a casa e, quando rtorniamo a scuola, non mi molla più. Proviamo ancora per una settimana, ma lui non ne vuole sapere di lasciarmi tornare a casa: lì vuole stare con me. Intanto io sento frasi, vedo atteggiamenti, che proprio non condivido: "non piangere, fai l'ometto", "prima piangevi, ora hai smesso e sei di nuovo bravo", "stamattina siete stati più o meno, eh, ora siete stati bravi"... la sensazione del ricatto morale e del plagio è molto forte e mi sento a disagio. Inizio a sentire la fretta delle maestre affinchè il tarta si stacchi, mi mette ansia. Cerco comunque di essere positiva, di parlarne, di agevolare il più possibile. Ne parliamo, lui dice che è stufo. E ci penso. In fondo a casa ha più omeno gli stessi giochi, tutte le volte che lo porto o lo vado a prendere sono nel caos fracassosissimo del salone oppure seduti sulle sedie. Ettecredo che si stufa. A quel punto, però, un po' forzati dalle costrizioni delle regole della scuola dobbiamo prendere una decisione: le maestre mi dicono che "se lo voglio inserire" dobbiamo fare "come con tutti gli altri" (= farlo piangere), io rispondo loro che io non voglio proprio inserire nessuno, che se il tarta ha piacere di andarci ed è per lui una bella esperienza ci andrà, altrimenti no (maestra sconvolta: "ah."). Però capiamo: so come funziona la scuola e so che non posso pretendere cambi le regole per noi, quindi parliamo col tarta e gli spieghiamo quali sono le regole della scuola, che se ci vuole andare però non può farlo con noi, deve farlo da solo, altrimenti non ci andrà e farà altro. E lui decide: non ci vuole andare. Da quel momento è irremovibile e per un paio di mesi non ne vuole più neanche sentir parlare.
E io penso. Penso, penso a quanti alambiccamenti mi sono fatta sulla scuola, sull'opportunità di mandarlo o meno, quando bastava solo dargli fiducia e la possibilità di scegliere.
E siamo ripartiti, recuperando un po' della relazione che è stata un po' più traballante in quest'ultimo anno e mezzo (per la mia stanchezza, il mio nervosismo). Abbiamo ripreso Home-Trippin', in chiave più seria, più dedicata e poi gli incontri con Mamma VoliPindarici, sempre così strabordante di ricchezza interiore e mentale, che mi riempie di spunti e stimoli e mi apre nuove porte e punti di vista.
Vediamo dove ci porterà questo percorso, alla ricerca del giusto equilibrio tra impronta genitoriale e libera corsa filiale..

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