In questi giorni, più di una volta sono entrato nel Blog di Kamala “Prima e dopo il 68” per rileggere il post “lettera agli ex-comunisti”. Più di una volta sono stato tentato anche di commentare. Infine, rendendomi conto che un commento mi risultava riduttivo rispetto a quelli che erano i miei pensieri il post l’ho fatto pure io, augurandomi di dare risposta a Kamala, ma nello stesso tempo, forse, proporre sotto altre angolature lo stesso “tema”.
Personalmente aborro il termine “ex”, perché da il senso dell’aver fatto proprio il pensiero dominante dei “Vincitori”. In questo caso, oltre ad “ex” ci troviamo di fronte, anche al concetto di “vinti. Posso ritenermi sconfitto, ma non vinto.
Se il post di Kamala si rivolge agli “ex-comunisti” io ritengo che la riflessione debba coinvolgere in maniera più ampia tutta la “sinistra”, e che debba interessare tutte le mutazioni, sociali, economiche e tecnologiche che sono maturate nel tempo.
Leggendo nel “Manifesto” di ieri (30 nov) tra i diversi ricordi di Lucio Magri, in quello di Ingrao, trovo forse le ragioni più semplici, più trasparenti ed immediate per motivare un “essere” che non potrà mai coniugarsi con l’aggettivo “ex” e che ci alimenta proprio nel momento che riusciamo ad interpretare quei mutamenti che producono comunque da una parte profitti e dall’altra chi il profitto lo produce senza beneficiarne. Nessuna remora e nessun pentimento quindi, ma la consapevolezza che la quotidianità della storia, ad oggi, pur nelle sconfitte e nelle mutevoli condizioni storiche e sociali, abbisogna di una sinistra capace di interpretare e lottare per quei bisogni di giustizia sociale e ambientale in cui milioni di individui si identificano.
Sono molti i sarti che si sfracellanno al suolo per far vedere che si può volare, a loro il merito di aver visto dove altri per mancanza di coraggio, o per oggettiva incapacità non hanno osato vedere e spesso neanche guardare ciò che oggi è sotto gli occhi di tutti.
Dal "il Manifesto del 30 novembre 2011
…..Oggi Lucio ci ha lasciati, in giorni bui dominati da gelide dispute sulla Borsa e i bilanci.
Un altro ricordo: era il maggio del 1962, in un convegno dell'Istituto Gramsci sulle tendenze del capitalismo. Si discusse animatamente, la nostra critica alla relazione di Amendola fu uno dei prìmì segni visibili della nostra ricerca di un nuovo sguardo sul mondo. In quell' occasione, Lucio parlò del bisogno di una critica a quella che lui chiamò "la società opulenta": la pervasività del mito dell' opulenza in ogni luogo della vita, a colpire l'autonomia dei bisogni umani. In questo presente così aspro e difficile, in cui la politica sembra aver ceduto le armi di fronte aì luoghi della finanza, ho risentito l'eco. di quelle parole: non più solo nei miei ricordi, ma negli slogan di chi si accampa davanti a WalI Street. Caro Lucio, carìssìmo compagno di tante lotte e di tante sconfitte: nessuna sconfitta è definitiva, finchè gli echi delle nostre passioni riescono a rinascere in forme nuove, perfino di fronte al tempio del capitalismo mondiale…” P.Ingrao