Anch’io, come tanti, sarei contento di vedere Emma Bonino al Quirinale e penso che stavolta le probabilità che accada siano più alte che in passato. Non molto più alte, in verità, e comunque molto meno di chi si augura che i suoi meriti trovino questo riconoscimento, ma un po’ più alte che in passato, senza dubbio, sì. Cercherò di spiegare il perché, ma sorvolando sui fattori, d’altronde noti a tutti, che presso l’opinione pubblica giocano in suo favore, né m’intratterrò su quelli che giocano contro, giacché in realtà sono quelli di sempre, e oggi, sia gli uni, sia gli altri, non contano più di quanto abbiano contato nel 1999 e nel 2006. Se l’elezione del Presidente della Repubblica fosse a suffragio universale, infatti, i primi prevarrebbero di gran lunga sui secondi, anzi, avrebbero già prevalso nelle due precedenti occasioni, almeno a dar retta ai sondaggi, che da tre lustri danno Emma Bonino in cima alla classifica dei preferiti a rivestire quella carica. Mi soffermerò, invece, sui fattori che hanno reso impossibile la sua salita al Quirinale col Parlamento del 1999 e con quello del 2006, cercando di spiegare perché su quello del 2013 abbiano minor peso, perché fino a quando la Costituzione non sarà modificata in senso presidenzialista – campa cavallo… – l’opinione pubblica conta poco o niente. Comprendo, quindi, lo spirito che può muovere una campagna «Emma for President», ma ho seri dubbi che possa dar frutti, anzi, temo possa addirittura nuocerle. Veniamo, dunque, a considerare i fattori che stavolta, a mio modesto avviso, possono rivelarsi efficaci.La Chiesa, in primo luogo, e mi riferisco alla sua indiscutibile capacità di interferire nei passaggi nodali della politica italiana. Superfluo spiegare perché un Presidente della Repubblica come Emma Bonino non sarebbe gradito alla Santa Sede, tanto meno alla Cei, ma la delicata congiuntura in cui si trovano le gerarchie ecclesiastiche rende oggi assai difficile un dissenso manifesto, soprattutto ora che l’ancor più delicata congiuntura in cui si trova la Repubblica italiana ha reso assai meno scorrevoli i canali attraverso i quali, per oltre mezzo secolo, sono stati veicolati veta e desiderata. Sia chiaro, non si sono obliterati, ma alla Chiesa, almeno per il momento, conviene storcere il muso di fronte a un inquilino del Quirinale che non le sia di gradimento piuttosto che rischiare di dar mostra della sua tradizionale arroganza nell’ingerenza in questioni del genere. Sul Soglio Pontificio è assiso un furbacchione che non arrossisce a farsi fotografare assieme a Cristina Kirchner, ma è bravissimo a fingersi imbarazzato quando è costretto a stringere la mano a Robert Mugabe: Emma Bonino sarà pure quella che tanti anni fa svuotava uteri con una pompa di bicicletta, ma è simpatica a una fetta del variegato mondo cattolico italiano, che a dispetto della sovraesposizione data dai due precedenti pontificati a quella più intransigente ha una discreta consistenza. Molto probabile che a esercitare le ovvie resistenze all’elezione di Emma Bonino al Quirinale oggi sarebbe quel ceto politico che con il pensionamento di Joseph Ratzinger ha perso la centralità d’un tempo: otterrebbe l’appoggio di qualche vescovo, ma nessuna presa di posizione ufficiale da parte della Santa Sede e forse neppure da parte della Cei.In secondo luogo, lo scenario politico. Il bipolarismo è morto e seppellito, e più d’un segnale avverte che la frammentazione di quelli che erano i due poli di centrodestra e di centrosinistra non è ancora giunta a termine. L’accordo che ha portato Carlo Azeglio Ciampi, prima, e Giorgio Napolitano, dopo, a rivestire la più alta carica dello Stato era di natura sostanzialmente compromissoria, come molto probabilmente lo sarà anche quello che porterà all’elezione del prossimo Capo dello Stato, ma stavolta sarà molto più improbabile che il compromesso sia raggiungibile sul nome di chi possa essere garante di uno schema bipolare, ancorché assai imperfetto. Più probabile che il nome sia pescato in quell’area assai ristretta di personalità al di fuori di tale logica e in grado di garantire il rispetto delle regole costituzionali di là dalla lettura «materiale» che ne è stata fatta lungo il ventennio della Seconda Repubblica. In questa rosa di personalità che possono assicurare di rappresentare l’unità nazionale nel rispetto di una lettura «formale» della Costituzione, oggi resa indispensabile dalla rottura del sistema bipolare, Emma Bonino spicca per gli ulteriori meriti di una larga notorietà, di una stima trasversale e di una simpatia costruita con intelligenza. Il fatto che sia donna, poi, aggiunge peso alla sua candidatura in un Parlamento che non è mai stato tanto rosa come quello della XVII legislatura.In terzo luogo, Marco Pannella, che paradossalmente, ma solo per chi guarda in superficie, è il fattore negativo. Emma Bonino al Quirinale, infatti, sarebbe il risultato più importante della scapestrata avventura politica del vecchio leader radicale, ma allo stesso tempo sarebbe un colpo micidiale inferto al suo mostruoso narcisismo. Da un lato, c’è da prevedere che si sentirebbe un po’ Presidente della Repubblica anche lui, dall’altro, c’è da essere certi che tale sensazione sarebbe quotidianamente frustrata dall’impossibilità di manovrare una sua creatura finalmente libera, necessariamente libera, dai suoi giochi. Non può non esserne conscio e dunque, quando l’elezione di Emma Bonino al Quirinale dovesse farsi possibile, non c’è da dubitare che farà qualcosa per renderla più difficile, per poi intestarsene il fallito esito come un merito personale, a riprova che il regime ha voluto ancora una volta ferirlo. Cosa sarà in grado di inventarsi, è difficile immaginarlo. Ma si tratterà di un’iniziativa che metterà Emma Bonino in una situazione assai delicata, senza dubbio assai imbarazzante. E lì potremmo vederne di tragiche e di comiche.
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Anch’io, come tanti, sarei contento di vedere Emma Bonino al Quirinale e penso che stavolta le probabilità che accada siano più alte che in passato. Non molto più alte, in verità, e comunque molto meno di chi si augura che i suoi meriti trovino questo riconoscimento, ma un po’ più alte che in passato, senza dubbio, sì. Cercherò di spiegare il perché, ma sorvolando sui fattori, d’altronde noti a tutti, che presso l’opinione pubblica giocano in suo favore, né m’intratterrò su quelli che giocano contro, giacché in realtà sono quelli di sempre, e oggi, sia gli uni, sia gli altri, non contano più di quanto abbiano contato nel 1999 e nel 2006. Se l’elezione del Presidente della Repubblica fosse a suffragio universale, infatti, i primi prevarrebbero di gran lunga sui secondi, anzi, avrebbero già prevalso nelle due precedenti occasioni, almeno a dar retta ai sondaggi, che da tre lustri danno Emma Bonino in cima alla classifica dei preferiti a rivestire quella carica. Mi soffermerò, invece, sui fattori che hanno reso impossibile la sua salita al Quirinale col Parlamento del 1999 e con quello del 2006, cercando di spiegare perché su quello del 2013 abbiano minor peso, perché fino a quando la Costituzione non sarà modificata in senso presidenzialista – campa cavallo… – l’opinione pubblica conta poco o niente. Comprendo, quindi, lo spirito che può muovere una campagna «Emma for President», ma ho seri dubbi che possa dar frutti, anzi, temo possa addirittura nuocerle. Veniamo, dunque, a considerare i fattori che stavolta, a mio modesto avviso, possono rivelarsi efficaci.La Chiesa, in primo luogo, e mi riferisco alla sua indiscutibile capacità di interferire nei passaggi nodali della politica italiana. Superfluo spiegare perché un Presidente della Repubblica come Emma Bonino non sarebbe gradito alla Santa Sede, tanto meno alla Cei, ma la delicata congiuntura in cui si trovano le gerarchie ecclesiastiche rende oggi assai difficile un dissenso manifesto, soprattutto ora che l’ancor più delicata congiuntura in cui si trova la Repubblica italiana ha reso assai meno scorrevoli i canali attraverso i quali, per oltre mezzo secolo, sono stati veicolati veta e desiderata. Sia chiaro, non si sono obliterati, ma alla Chiesa, almeno per il momento, conviene storcere il muso di fronte a un inquilino del Quirinale che non le sia di gradimento piuttosto che rischiare di dar mostra della sua tradizionale arroganza nell’ingerenza in questioni del genere. Sul Soglio Pontificio è assiso un furbacchione che non arrossisce a farsi fotografare assieme a Cristina Kirchner, ma è bravissimo a fingersi imbarazzato quando è costretto a stringere la mano a Robert Mugabe: Emma Bonino sarà pure quella che tanti anni fa svuotava uteri con una pompa di bicicletta, ma è simpatica a una fetta del variegato mondo cattolico italiano, che a dispetto della sovraesposizione data dai due precedenti pontificati a quella più intransigente ha una discreta consistenza. Molto probabile che a esercitare le ovvie resistenze all’elezione di Emma Bonino al Quirinale oggi sarebbe quel ceto politico che con il pensionamento di Joseph Ratzinger ha perso la centralità d’un tempo: otterrebbe l’appoggio di qualche vescovo, ma nessuna presa di posizione ufficiale da parte della Santa Sede e forse neppure da parte della Cei.In secondo luogo, lo scenario politico. Il bipolarismo è morto e seppellito, e più d’un segnale avverte che la frammentazione di quelli che erano i due poli di centrodestra e di centrosinistra non è ancora giunta a termine. L’accordo che ha portato Carlo Azeglio Ciampi, prima, e Giorgio Napolitano, dopo, a rivestire la più alta carica dello Stato era di natura sostanzialmente compromissoria, come molto probabilmente lo sarà anche quello che porterà all’elezione del prossimo Capo dello Stato, ma stavolta sarà molto più improbabile che il compromesso sia raggiungibile sul nome di chi possa essere garante di uno schema bipolare, ancorché assai imperfetto. Più probabile che il nome sia pescato in quell’area assai ristretta di personalità al di fuori di tale logica e in grado di garantire il rispetto delle regole costituzionali di là dalla lettura «materiale» che ne è stata fatta lungo il ventennio della Seconda Repubblica. In questa rosa di personalità che possono assicurare di rappresentare l’unità nazionale nel rispetto di una lettura «formale» della Costituzione, oggi resa indispensabile dalla rottura del sistema bipolare, Emma Bonino spicca per gli ulteriori meriti di una larga notorietà, di una stima trasversale e di una simpatia costruita con intelligenza. Il fatto che sia donna, poi, aggiunge peso alla sua candidatura in un Parlamento che non è mai stato tanto rosa come quello della XVII legislatura.In terzo luogo, Marco Pannella, che paradossalmente, ma solo per chi guarda in superficie, è il fattore negativo. Emma Bonino al Quirinale, infatti, sarebbe il risultato più importante della scapestrata avventura politica del vecchio leader radicale, ma allo stesso tempo sarebbe un colpo micidiale inferto al suo mostruoso narcisismo. Da un lato, c’è da prevedere che si sentirebbe un po’ Presidente della Repubblica anche lui, dall’altro, c’è da essere certi che tale sensazione sarebbe quotidianamente frustrata dall’impossibilità di manovrare una sua creatura finalmente libera, necessariamente libera, dai suoi giochi. Non può non esserne conscio e dunque, quando l’elezione di Emma Bonino al Quirinale dovesse farsi possibile, non c’è da dubitare che farà qualcosa per renderla più difficile, per poi intestarsene il fallito esito come un merito personale, a riprova che il regime ha voluto ancora una volta ferirlo. Cosa sarà in grado di inventarsi, è difficile immaginarlo. Ma si tratterà di un’iniziativa che metterà Emma Bonino in una situazione assai delicata, senza dubbio assai imbarazzante. E lì potremmo vederne di tragiche e di comiche.
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