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Di Vendola e della Lucania

Creato il 20 novembre 2013 da Albertocapece

elezioLe nuove strazianti giustificazioni di Nichi Vendola, quelle che le sue grasse risate con Archinà sarebbero state artatamente allungate nell’audio della telefonata, ci danno una dimensione nuova del personaggio che dall’ardire utopico dei pensieri lunghi, si arena sulla sfacciataggine concreta delle gambe corte. E tuttavia una spiegazione di Vendola, come di gran parte della ex sinistra e della situazione in cui versa il Paese intero viene dalla Lucania (mi rifiuto di chiamarla Basilicata*)  e dalle sue recenti elezioni regionali. Sappiamo che ha votato poco più del 47% degli aventi diritto il che non ci avvicina affatto alle democrazie mature, come con puntualità cronometrica fanno sempre notare i cretini, ma semplicemente alla disillusione dei cittadini.

Dunque se estrapoliamo i voti arrivati ai piccoli partiti da sempre esclusi dalla stanza dei bottoni, quelli delle formazioni personali e del M5S, troppo recente per avere ancora le mani in pasta, abbiamo 209. 954 schede andate alle forze politiche, diciamo così, tradizionali nel senso che direttamente come maggioranza o indirettamente come consistente minoranza hanno partecipato al potere locale. Questo magari di per sé non dice molto, ma se cominciamo a sommare la Regione con i suoi 20 consiglieri e i 1163 dipendenti, le due provincie di Potenza e Matera con i loro apparati, i 131 Comuni ognuno dei quali col suo consiglio e i suoi dipendenti, se a questi aggiungiamo i lavoratori delle municipalizzate, la schiera dei consulenti, chi lavora in strutture esterne a guida totale o parziale degli enti locali, ci ritroviamo con non meno di 40 mila persone, che volenti o nolenti sono nel giro della politica e da essa dipendono per le carriere, i contatti, l’eventuale uscita dal precariato, il mantenimento di posti di lavoro di per sé ridondanti o la possibilità stessa di lavorare. A questi vanno aggiunti tutti i privati, legati in qualche modo alla benevolenza e/o ai contratti della mano pubblica nella modalità scambista ormai tipica dello Stivale: aziende del settore edile, stradale ed energetico, servizi territoriali, attività agricole. La cifra sale prudenzialmente a circa 60 mila persone. Se a queste applichiamo un moltiplicatore di 2,5 ossia quello che si riferisce al numero di familiari con diritto di voto (ma è una media europea ed è possibile che in Lucania siano di più)  otteniamo la bellezza di 150 mila.

E’ presumibile che non siano certo queste le persone che si astengono dall’andare alle urne per rabbia, senso di impotenza o di disaffezione, per cui possiamo con una certa tranquillità e plausibilità sostenere che solo poco più di 50 mila suffragi si riferiscano a un reale voto di opinione. Certo il fenomeno non è nuovo, ma purtroppo è andato allargandosi a dismisura negli anni del berlusconismo e rischia di esplodere con l’astensionismo; una cosa è avere – per lo meno nelle regioni meridionali – un 40 per cento di voto eterodiretto, un’altra averne i tre quarti. In questo modo infatti il sistema politico elegge se stesso e si perpetua, senza dover alcuna prova di buongoverno, anzi ricavando vantaggi dal suo contrario.

Ma cosa c’entra Vendola con tutto questo? C’entra col fatto che in Puglia, di certo non un altro mondo rispetto alla Lucania, è molto difficile che qualcuno governi senza cedimenti in una realtà che fa della consociazione trasversale la sua struttura. Anche se fa parte di una formazione politica radicale. Anzi forse più è radicale la forza politica, senza praticamente sponde nel governo nazionale, più questi cedimenti e le relative garanzie devono essere ampi. Per questo non c’è alcun bisogno di allungare le risate in un audio che del resto è facilmente controllabile dal questo punto di vista: le giunzioni e le ripetizioni sono immediatamente visibili sulla forma d’onda.

Forse per uscire da queste logiche bisognerebbe avere il coraggio di mettere un quorum alle elezioni locali e regionali, smettendola di dire che meno gente vota e più si è moderni. No, c’è solo più vecchia e corrotta oligarchia.

*Mi rimane misteriosa la ragione di chiamare Basilicata la Lucania, abbandonando il nome romano in favore di quello di ispirazione bizantina adottato  dai Normanni che riunirono in un un unico “giustizierato” con quel nome generico, peraltro attribuito anche ad altri territori , i vari castaldati longobardi in territorio lucano. Tra l’altro gli abitanti si chiamano Lucani, probabilmente dal nome di un’antica immigrazione dall’Asia Minore da cui ha preo poi il nome il terriotrio e porta questo nome anche la lucanica  la tipica salsiccia che nel nord ha trasformato la c in g, come accade con molta regolarità linguistica ed ha testimonianza anche in parole impudenti. In pratica l’unico luogo dove la dominazione bizantina in Italia è stata effettiva, è l’Esarcato di Ravenna il cui territorio si chiama oggi, beffardamente, Romagna. 


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