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Di Vittorio: le cause del crac. Tribunale: “frode ai creditori”

Creato il 06 gennaio 2015 da Bernardrieux @pierrebarilli1

Di Vittorio: le cause del crac. Tribunale: “frode ai creditori”La scorsa settimana, il Tribunale di Parma ha dichiarato fallita la cooperativa Di Vittorio e la sua controllata Polis (LEGGI QUI). Perché? Tutti i problemi irrisolvibili che stanno dietro il crac della cooperativa fidentina sono scritti nel decreto firmato dal giudice Pietro Rogato e dal presidente del Tribunale Roberto Piscopo per la revoca della domanda di concordato della Di Vittorio, ultimo ed inutile tentativo di salvare la società in tracollo. Il concordato è stato ritirato perché taceva troppe cose.Ritiene il Tribunale che le omissioni informative e le condotte descritte dal commissario nelle sue relazioni, e dallo stesso accertate, e le ulteriori rilevate e descritte dal Pm, assumano rilevanza quali atti di frode ai creditori”, si legge nel decreto di revoca. Per spiegare a quale tipo di frode si riferisca, il giudice fa riferimento a recenti sentenze della Corte di Cassazione: sono “atti di frode” che determinano l’interruzione dei percorsi di concordato “il comportamento del proponente posto in essere con dolo consistente anche nella mera consapevolezza di aver taciuto nella proposta circostanze rilevanti ai fini dell’informazione ai creditori” e comportamenti volti “ad occultare situazioni di fatto idonee ad influire sul giudizio dei creditori”.Che cosa dunque è stato taciuto ai creditori della Di Vittorio da chi ha proposto il concordato? Per spiegarlo, il giudice ha riempito otto pagine dattiloscritte. Alcuni fatti sono già stati riferiti da Parma Quotidiano (LEGGI QUI). Altri sono nuovi. Proviamo a riassumere alcuni punti, in maniera sommaria.Anzitutto, anche la stessa Di Vittorio ha ammesso la possibilità di una mala gestione negli anni scorsi. Ma lo ha fatto in una memoria presentata al Tribunale solo dopo le indagini del commissario giudiziale. La Di Vittorio, inutilmente insistendo per proseguire col concordato, ha previsto “la possibilità di approfondire e avviare, ricorrendone i presupposti”, azioni revocatorie contro amministratori scorretti. Troppo poco: il giudice ha accusato il concordato di “inadeguata rappresentazione ai creditori delle effettive cause del dissesto, dei profili di responsabilità dell’organo amministrativo e degli organi preposti alla vigilanza”. Le azioni di responsabilità (che vuol dire far causa agli ex dirigenti perché paghino loro i danni), dovevano essere decise prima del concordato, chiarendo a chi andranno i soldi eventualmente recuperati. “Tale omissione informativa sarebbe già di per sé sola sufficiente a giustificare la revoca” del concordato.Il concordato non ha adeguatamente riferito anche delle condotte degli amministratori della società Polis, in particolare i casi delle società AB1 srl e AB2 srl, due società fondate da Polis spa nell’aprile 2008. E questa è un’altra novità. All’atto di fondazione, Polis ha versato l’intero capitale sociale delle due società, 10mila euro ciascuna. Ma per ragioni ancora misteriose, si è intestata solo l’1% delle quote. Il resto è andato ad una altrettanto misteriosa fiduciaria, che negli anni successivi ha rivenduto la sua partecipazione a prezzo d’oro. Per il 19% di AB1 srl, Polis ha pagato 301mila euro un mese dopo la fondazione, per poi rivendere tutto il pacchetto nel 2009 a 300mila euro. Lo stesso giorno, però, ha anche acquistato il 79% di AB2 srl, pagando alla fiduciaria 1,2 milioni – somma poi ridotta a 1.042.268 euro. Per arrivare al 100% di AB2 srl, dieci giorni più tardi ha pagato altri 2mila euro. A chi sono andati questi soldi e perché (Ab2 ha un patrimonio netto di appena 10.049 euro ed è stata pagata più di un milione…), ancora non lo sa nessuno.Il concordato, poi, non ha spiegato che il prestito sociale è stato usato per finalità diverse da quelle dichiarate. Doveva servire solo allo scopo sociale della Di Vittorio: fare case per i soci. Invece, fra 2008 e 2011, quasi 11 milioni di euro sono stati trasferiti alla controllata Polis spa, che faceva cose diverse dalle case. Non ha spiegato neppure che dopo il congelamento dei depositi del prestito sociale, c’è stato chi comunque ha riavuto indietro i propri soldi, “in violazione della par condicio creditorum”: 2,2 milioni di euro di rimborsi nell’anno precedente al concordato. Il grosso (1.663.096 euro) sono stati dati a soli 60 soci, compresi 9 che il Tribunale ha individuato come “parti correlate”. Gente che sapeva del dissesto e metteva al sicuro la propria parte prima che scoppiasse il panico.Il concordato non ha preso adeguatamente in considerazione neppure l’ipotesi alternativa di dichiarare nulle le ipoteche sulla proprietà indivisa stipulate per finanziare attività diverse dall’oggetto sociale della Di Vittorio, come una parte della giurisprudenza ammetterebbe. In particolare, sarebbero nulle le ipoteche su circa 4,5 milioni euro prestati da Monte Paschi nel 2010 con ipoteca su abitazioni dei soci a Salso, Noceto e Fornovo e quasi 6 milioni prestati da Carige nel 2011, ipotecando case a Fontanellato e Fidenza. Formalmente, questi soldi erano destinati a costruire altre case a Parma in strada S.Margherita e a Fidenza nel quartiere Europa, ma in realtà sono stati usati per rifinanziare debiti con la stessa Carige e ad aiutare attività delle controllate Polis e Attoprimo.Il giudice ha contestato anche alcune operazioni fatte dopo il deposito della domanda di concordato. Sono state pagate le fatture di alcuni consulenti, quando tutti gli altri debiti erano congelati. Fatture, fra l’altro, che riguardavano lavori per Polis spa e non per Di Vittorio. Così come è stato cancellato il piano di aumento dei canoni di affitto della abitazioni dei soci, a danno dei creditori.Troppi ostacoli per proseguire sulla strada del concordato. Per la Di Vittorio, il fallimento è stato inevitabile.http://feeds.feedburner.com/BlogFidentino-CronacheMarziane

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