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Diabete: l'olio d'oliva contiene i picchi di zucchero

Creato il 17 febbraio 2016 da Informasalus @informasalus

olio oliva
L'olio d'oliva contribuisce a contenere le impennate della glicemia dopo i pasti nei soggetti con diabete di tipo 1

L'olio d'oliva contribuisce a contenere le impennate della glicemia dopo i pasti nei soggetti con diabete di tipo 1. A confermarlo è uno studio di un gruppo di ricercatori della Società Italiana di Diabetologia che dimostra come l'uso dell'olio aiuta a migliorare il controllo del diabete e dunque a proteggere l'apparato cardiocircolatorio dalle complicanze di questa malattia.
Lo studio condotto da Giovanni Annuzzi e Lutgarda Bozzetto del gruppo di Gabriele Riccardi, Società Italiana di Diabetologia (SID) e di Angela Rivellese dell'Università di Napoli 'Federico II' dimostra che aggiungere olio d'oliva agli alimenti riduce l'indice glicemico dei pasti, ovvero le impennate post-prandiali della glicemia contribuendo così a proteggere i pazienti dalle complicanze cardiovascolari e microvascolari del diabete.
Le escursioni della glicemia dopo un pasto, possono diventare vere e proprie impennate, se si consumano cibi a cosiddetto 'indice glicemico' elevato (l'entità dell'aumento della glicemia dopo l'assunzione di alimenti a base di carboidrati, rispetto a un valore di riferimento rappresentato dall'assunzione di glucosio puro).
Le attuali linee guida per il trattamento del diabete di tipo 1 raccomandano di calcolare le unità di insulina da somministrare ai pasti principali, basandosi sul contenuto di carboidrati degli alimenti che verranno consumati (la cosiddetta 'conta dei carboidrati'). Tuttavia questo sistema, nonostante l'impegno profuso dai pazienti, non sempre si rivela efficace nel controllare in maniera ottimale la glicemia.
Dallo studio appena pubblicato online sulla rivista Diabetes Care, organo ufficiale dell'American Diabetes Association emerge che l'olio extravergine di oliva è il condimento ideale anche per chi non ha diabete, in quanto aiuta a combattere quei fattori di rischio cardiovascolare diffusi nella maggioranza delle persone che hanno superato la mezza età e oggi sempre più comuni anche nei giovani adulti.



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