Avete presente in Trainspotting il tizio che non si droga, pulito, classico bravo ragazzo, che a causa di Renton e Sick Boy comincia a drogarsi come una bestia e finisce male?
Beh c’è stato un tempo in cui ero il Renton dei videogiochi, solo decisamente più in carne, erano i tempi in cui si bestemmiava per Sensible Soccer e non per Pro Evolution, tempi lontani, ma per certi versi molto simili a oggi, perché nell’industria dei videogiochi niente cambia, diventi solo più vecchio e con meno tempo.
Avevo un amico che i videogiochi li seguiva veramente di striscio, giusto qualcosa al bar, tanto per passare il tempo, il classico tipo che una volta trovavi fuori dal bar su un motorino a limonare con qualcuna, ma che tutto sommato a scuola tirava dritto senza troppi problemi.
Poi un giorno questo mio amico venne a casa mia e fece la domanda fatidica.
“Cos’è quello?”
All’epoca ero giovane, non sapevo, non pensavo, non immaginavo che da grandi videogiochi derivassero grandi responsabilità, e quindi risposi inconsapevole:
“Si chiama Diablo, vuoi provare?”
Da quel giorno il mio amico cominciò a farsi vedere poco in giro, al bar non lo trovavi più, buttò nel cesso un trimestre, finché la madre non gli stacco il PC, e quando mi incrociava parlava SOLO di Diablo, anche mesi dopo la sua uscita.
Li per li ero solo felice di avere qualcuno con cui parlare delle mia passioni, ma col tempo mi resi conto che avevo condotto un ragazzo alla perdizione, e me ne pentii.
Poi, come spesso accade, ci siamo persi di vista, la vita ci ha portati lontani per anni, e non ho più saputo niente di lui per molto tempo.
Tempo fa l’ho rivisto, abbiamo chiacchierato dei rispettivi lavori, della casa, delle donne… finché ad un certo punto è sceso tra di noi uno strano silenzio, mi ha guardato dritto negli occhi, e con voce calma mi ha detto.
“Oh ma lo sai che con Diablo m’hai fottuto un anno della mia vita?”
Tutto questo per dirvi che forse non dovreste leggere la mia recensione di Diablo III (credo di essere il primo in Italia, ma evitiamo di pompare troppo l’ego), e forse non dovreste neppure comprarvi il gioco.
Se proprio non volete darmi retta, ci vediamo a Tristram, io sono quello appoggiato al bancone della locanda.