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Dialoghi – Antonella Taravella e Daniela Montella – parte seconda

Creato il 26 febbraio 2016 da Wsf

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Quello che vi presentiamo oggi è la seconda parte di un lavoro poetico poco convenzionale.
Uno scambio poetico-epistolare, nato dall’intesa profonda fra me e Daniela Montella, che ci ha portate a scambiarci e ricambiarci frasi, versi e parole fino a fonderle in qualcosa di unico. In questi versi ci siamo unite, perse e ritrovate tantissime volte. Buona lettura!

La prima parte: http://wordsocialforum.com/2014/11/20/dialoghi-antonella-taravella-e-daniela-montella/

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XIV

I tuoi sguardi sono colmi di linee oscure
tutto tace di fronte al tuo nettare
alla mia preghiera sottotono
mi scuoti l’impossibile
a braccia tese mi degrigni addosso
l’invasione della tua lingua
chiostri e braci insane
e di tutto quello che non siamo, diventeremo.

Non abbiamo piane depravazioni
o senso comune d’amore;
nell’ordine dimenticato
di una passata disciplina,
abbiamo abbandonato ogni convenzione
su un ramo basso, spoglio,
mano vicina di un albero morto.

E la corteccia ci sfrega la lingua
saturi percepiamo l’inverno dalle foglie
come carezze adunche, strette in morsi
mani ed ossa rovesciate sulla tua schiena
di noi, sospesi, in volo
ritratti in piccoli baci sofferti
nel ritornare sfamandoci.

Siamo i nostri passi nel vuoto,
le nostre mani tese al cielo
riflettono il colore dei nostri occhi;
e siamo ali di corvo in volo,
riflesso di pece notturna,
artigli convulsi in un mare di baci.
Siamo ciò che proviamo.

Frettolosi ci adeguiamo
armiamo la poesia di proiettili a salve
la voce si fa rauca, silenziosa in seguito
emozionandosi di nuvole acerbe
d’occhi perduti, infilati nelle fessure del mondo
e getto fiori al vento
in attesa di germogli e di rivoluzioni

Ci aspettano spasmi in rima
e abbracci di piombo;
lunghe occhiate silenziose
sostituiranno gli abbracci,
e quando cresceremo non avremo
parole, solo corpi di carne.
Ma abbiamo ancora corpi giovani
e pensieri innocenti, pure
immagini di neve senza sangue.

Evasioni che dalle vene mi portano alle tempie
evasioni che mi portano sangue in bollore estremo
passetti stretti sullo sfiorare l’ossessione
brucia, mia parola, brucia
raschiami dentro ogni singolo singulto
l’errore sarà stretto dalle dita fredde
all’alba sulle tue guance

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XV

Sei un patetico e tragico spreco di battiti,
Quando ascolto il tuo cuore inutile sotto al palmo
della mia mano.

Se pesassimo l’aria
tutt’intorno crepiterebbe come un ceppo
quando al suono, il tuo cuore imbocca
la via della redenzione

E bruciano, le nostre convinzioni, come foglie
nei falò invernali;
e mentre il vento sibila,
sussurra di quello che non avremo,
e delle parole che non ci diremo.

Come muti tenteremo di donare forma
Allineando i precipizi del silenzio
Nei dentro, aperti in voragini
Quando le foglie saranno del vento

Sono strette maligne in cui affoghiamo,
quando tentiamo di inondare lo sguardo di luce;
e ci perdiamo,
infinito spazio,
quando nel cuore ci aspetta un destino già diverso.

Un suono, un cigolio
un boato delle vene
quando mi balza agli occhi il vento
mi graffia sordido la gola
nel volo infetto
che ad occhi chiusi formiamo
con le braccia strette
al petto.

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XVI

D’ogni sequenza porto una scossa che genera parola
D’ogni fianco messo accanto al tuo
porto il brivido e la spina, di lato in gola
Liquidamente ci mangiamo dagli occhi
Nei respiri taciuti abbiamo verbi come bozzoli di farfalle in crescita

Mi chiamo ‘non esisto’, mi chiamo ‘non sono mai stata qui’ –
sono inesistenza nel vuoto, vuoto nel niente
e il tuo profumo è un devastante rumore bianco.
Nella prima sensazione di pieno che porti,
leggo solo le tue ciglia da lontano, mentre bacio
con la mente
il tuo collo da stupro notturno.

Quando a voltarti le spalle
ci trovi il mio assenso, la mia preghiera d’assalto
Lo scricchiolio delle ossa si raggruma
si distende come l’alba che vorremmo.
Noi siamo.
Nel battere di ciglia di un domani
rarefatto.

Non abbiamo catene ai polsi,
quando le nostre uniche prigioni
sono pensieri opprimenti;
gabbie di dubbi senza uscita.
Il domani è come ieri
e come ieri si ripete uguale al domani
è un’unica ora che continua infinita,
solo noi cambiamo;
l’unica costante
sono i miei occhi nei tuoi per sempre.

In sigilli.
Sorvegliando i battiti.
Nella marcia instabile del bene
rovesciato sul male che non vorremmo.
Tacendo, nella corsa spenta
delle nostre bocche sdrucite.

Abbiamo raccolto le parole
e le abbiamo sotterrate,
per affidare il nostro segreto alla terra.
Se ne nutrono gli alberi.
Nei rami le lettere, una per una,
toccano il cielo.
Aspettiamo,
cercando forme che sappiano di noi
nelle nuvole.

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XVII

Voglio mordere la pancia delle tue vocali.
Di quell’assurdo esserci dopo ogni distratto lasciarci.
Voglio dipingere le assenze e prendere a piene mani dalle buche, dai solchi del viso in lacrime.
Sapremo disperderci una volta per tutte?

Ogni parola è un coltello affilato; farsi male è un’arte.
E intanto soffocare.
Di quello che non sappiamo provare è pieno il cielo,
quando aspetto che mi racconti
quello che succede quando mi volti le spalle.

A guardarmi mi sento sfinita.
Continuo a perdermi per strada, nell’infinita via dei tuoi occhi.
La tua schiena porta nomi scritti a mano
l’eleganza sfiamma.
D’ogni volontà mi porta a desiderare la speranza.
Delle tue mani nelle mie.

Sarebbero solo fandonie, le nostre,
se sapessimo mentire.
Ma è nel guardarci che cadiamo,
che spinti nel vuoto confessiamo ogni cosa;
nelle mani troppo strette,
nei nostri occhi legati e incollati per sempre insieme.

Non ci sono ringhiere di protezione al nostro addio.
La pelle a ritroso impatta nel pianto dei nostri occhi salini.
Semplici evadiamo scrostando gli addii e le unghie graffiano il cielo.
Ad ogni modo, accarezzerò le nuvole cadendo.

La pelle cade come morta, la carne si frantuma
restano solo ossa secche, di polvere;
fra le dita passa solo cenere di noi e il tempo perso,
quello che abbiamo passato a non amarci e a non odiarci.
Tempo senza sentimenti, tempo senza niente.
Non importa quanto ancora avremo;
quei momenti di vuoto sono la nostra perdizione.

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XVIII

Rincorro la linea intenerita dal vento delle tue labbra.
Saperti ad occhi chiusi in questa pace armata, mi stringe forte le braccia.
Io ritrovo le chiome brunite dal sole, quando le ali stanche dei nostri pensieri, ricordano la loro presenza alle mie orecchie.
Tutto corre sotto il fuoco delle nostre lacrime.
Una dopo l’altra colpiscono le tempie e l’assoluzione di un verbo ripetuto, scomposto alla sera.

I nostri passi veloci scandiscono il tempo,
il battito del cuore, l’andare del pensiero;
il nostro sole si avvicina man mano che vogliamo fuggirne.
E’ implacabile la luce che mostra ogni nostro difetto.
Il giorno ci mostra per quello che siamo.
Per questo la notte ci fa da manto,
e coprendoci con essa nascondiamo le nostre vergogne,
sguinzagliando i sogni di noi, che ci facciano da maschera e realtà.

Viso contro viso, ci manca questo.
Il saperci stremati alla fine della strada.
Non di camminate con sassolini pericolosi, ma nella parola.
Inciampando nelle virgole sospese.
Quando sono i punti il nostro dolore maggiore.
Il muro lo sentiremo graffiare sulle guance e le parole saranno un sogno infettato dai nostri rinneghi.

Abbiamo un mare dentro, che, onda su onda,
ci prende i pensieri fino a trascinarli lontano;
i nostri ricordi sono spuma di mare, che accarezza le mani e i gomiti.
Solo le paure resistono, stoiche,
come scogli,
e le parole non riescono a smuoverle.
Onda su onda, le paure resistono.
C’è una battaglia in noi, per noi,
ma fuori siamo puri e candidi, siamo pace sulla sabbia.

Esche d’amore instabile.
Tutto un convulso rotolarci di parole nella pancia.
Mi morde la speranza, il tuo sguardo si fa fuoco.
Brulica e insegue ogni vena e respiro.
Il mare scardina le conseguenze, ci assolve dall’odio.
E con mani poeta, disegnamo versi che dalla sabbia, arrivino alla voce.
Spenta sui polsi in amore.

Scriviamo sulla sabbia parole nuove, cancellate dalle onde delle vecchie.
Le scriviamo con rametti secchi che sembrano ossa;
ossa di braccia dei passati amanti: braccia
che non possono stringere più.
Braccia che si spingono all’ombra delle paure, in abbandono.
Scrivere in fretta parole d’amore con corpi inariditi
è cattivo, da egoisti, e ho bisogno di baciarti ancora.
Ho bisogno di offendere gli amanti delusi.

Sleepless

Fotografie di Bleeblu

Sito Web: http://www.bleeblu.com/


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