Partiamo da un presupposto: sono stordita dalla nascita e con la vecchiaia non è che si migliori, dicono. Non aiuta nemmeno lo stress portato da una gnocca di 13 kg, seppur buonissima.
E l'imprevisto è dietro l'angolo.
UN MESE PRIMA.
L'Amoremio alle porte del fine settimana becca un virus intestinale. Ora, come potranno testimoniare tutte le donne del mondoche sono diventate madri, avere un bambino malato è brutto, ma se si ammala il proprio compagno è nettamente peggio.
Dopo una notte in bianco, sabato mattina ci svegliamo tutti e tre con facce livide, anche se Emma ha dormito tutta la notte. Colazione, (poca) conversazione, pianificazione della giornata... e all'improvviso la gnocca si trasforma in Linda Blair ne "L'esorcista".
Panico.
L'inconfondibile odore che emette poco dopo, poi, rivela una sconfortante verità: il virus intestinale è arrivato.
Posso morire in un angolo?
Cominciano sei ore di inferno in cui:
- l'Amoremio con 38 di febbre fa la spola tra il divano e il bagno, bianco come un cencio e con in faccia l'espressione del condannato al braccio della morte.
- Emma evacua con alternanza perfetta dall'alto e dal basso, piangendo (povera stella mia) ogni volta che le passa un crampo alla pancia.
- Io cerco invano di accudire i malati e, contemporaneamente molesto il pediatra via sms maledicendo le gionate festive.
Poi, una luce in fondo al tunnel: mia madre mi ricorda che il nostro medico di base risponde anche il sabato e che, nei tempi antichi, era anche pediatra. La chiamo e mi faccio prescrivere le medicine (per l'Amoremio) e mille rassicurazioni sul fatto che passerà tutto presto (per la gnocca).
Approfittando di un momento di calma, scappo e vado in farmacia con una lista che nemmeno l'ipocondriaco più stressato. Prendo tutto, controllo, faccio passare la tesserina del codice fiscale, allungo il bancomat al farmacista... e niente, il vuoto.
Il PIN del mio bancomat, dopo dieci anni, è sparito dal mio cervello. Sparito, volatilizzato, perso nei vuoti tra le sinapsi del mio cervello. Bye bye, ciao ciao, auf wiedersehen. Ricordo solo vagamente il movimento della mano sui tasti, ma niente di più.
PIN ERRATO.
Al secondo tentativo il farmacista, che mi coosce bene, mi invita a fermarmi, rilassarmi e riprovare domani. O lunedì.
Pago con la carta di credito e esco dimessa.
Come è possibile? Come si può scordare un numero dopo dieci anni?
Ah, ma tornerà. Tranquilla. Ti tornerà in mente!
Certo, certamente, certino.
Sì, sì.
Per dirlo alla maniera di Oxford: col cazzo!!!
Sono passati giorni senza vedere la luce, senza che mi tornasse in mente quel maledetto numero. Niente. Svenito. Cancellato. Andato. PERSO.
No, non l'avevo segnato.
No, il foglietto con cui me lo mandarono dieci anni fa non ce l'ho più.
No, non serve concentrarmi.
NO, NO, NO.
Ad oggi sono qui, una donna senza bancomat che fissa la cassetta delle lettere sperando che il postino le porti le agognate novità e e che la banca si sbrighi a riemettere la nuova tesserina.
Giuro che il nuovo PIN me lo tatuerò sul polso, anche solo per non sentirmi dire dall'Amoremio (ah, nel frattempo LORO sono guariti) quanto sono svanita e poco pratica.
E a voi, è mai capitato?