Diana Lama: sette donne e un mistero

Creato il 26 novembre 2012 da Dietrolequinte @DlqMagazine

Prendi sette donne, che non si vedono da tempo, rinchiudile in una villa dall’oscuro passato per un weekend, una sorta di rimpatriata per festeggiare il ventennale della maturità, ed ecco gli ingredienti per un thriller mozzafiato che ti cattura alla prima pagina e non ti lascia più andare fino ai titoli di coda: questo il piatto che ci serve, in salsa rosso sangue, Diana Lama con il suo Solo tra ragazze (Piemme, 2007). Lucia, Piera, Maria Luisa, Deda, Giovanna, Amanda e Tatti sono dunque le sette donne napoletane, amiche dai tempi del liceo, che, a distanza di venti anni, si ritrovano per la prima volta di nuovo insieme, nello stesso luogo, un’elegante magione cinquecentesca, immersa nella campagna toscana, dove avevano già festeggiato il conseguimento del diploma. Lasciati a casa mariti, figli, cellulari e le loro più o meno soddisfacenti vite, l’intenzione che le accomuna è quella di rivedersi e riscoprirsi, appunto “solo tra ragazze”. In tutte le occasioni di questo tipo, come insegna il primo grande cult del genere, The Big Chill (Il grande freddo, pellicola del 1983 diretta da Lawrence Kasdan), ritrovarsi dopo tanto tempo, dopo gli iniziali baci e abbracci ingenera una situazione strana, sospesa tra rimpianti, melanconia e, perché no, un po’ di invidia e gelosia. Anche le nostre ragazze in vent’anni sono diventate donne e sono molto cambiate, chi si è creata una famiglia, più o meno felice, chi invece si è buttata, anima e corpo, con più o meno successo, nel lavoro. Come in tutti i gruppi, al di là della prima apparenza, che è quella di una grande coesione, quasi cameratesca, in realtà albergano e si sviluppano simpatie ed avversioni. Con il procedere della vicenda scopriamo così che dietro la bella facciata si nascondono rabbia repressa e rancori mai sopiti. Le sette donne, tutte di successo ed ammirate, pur profondamente diverse tra loro, in realtà sono vincolate ed unite da un vergognoso segreto, che reclama un tributo di sangue. Pagina dopo pagina, in un crescendo di tensione ed attesa, veniamo avviluppati in un’atmosfera sempre più tetra, a tratti, anche profondamente morbosa, creata ad arte dall’autrice che dispensa indizi qui e là, apparentemente slegati, difficili da fondere in un unicum, ma che, gradualmente, si sedimentano scoprendo pian piano la trama oscura che domina il racconto. Lo studio psicologico dei vari personaggi è approfondito e dettagliato: quelli che inizialmente sono dei semplici nomi diventano, man mano che il racconto va avanti, persone a tutto tondo, con il loro carico di vizi e virtù, di sogni e segreti; ma, appena cominciamo a conoscere più intimamente le protagoniste, ecco che, ad una ad una, scompaiono.

Qui si manifesta il tocco geniale di Diana Lama che ingenera con malizia l’interrogativo su chi possa essere l’artefice di queste sparizioni: un intruso celato nelle segrete della villa, di cui è narrata la storia secolare che nasconde un’orrenda mattanza (realtà o leggenda metropolitana?) o, addirittura, una di loro? Tanti elementi diversi ed un ritmo narrativo incalzante fanno di questo racconto un giallo davvero intrigante e coinvolgente che, senza falsi pudori, richiama un precedente illustre, Dieci piccoli indiani (And Then There Were None) di Agatha Christie, citata addirittura da una delle protagoniste in uno dei passaggi più tesi, e ne utilizza con acume ed originalità gli schemi narrativi riuscendo così a regalare al lettore una storia senza sbavature. Solo tra ragazze, anche per un amante non viscerale del genere come me, si rivela dunque essere un thriller molto ben costruito che non tradisce le attese, facendo letteralmente divorare le pagine alla ricerca di un indizio in più che ci permetta la ricostruzione del puzzle narrativo prima della rivelazione finale. I dubbi iniziali, la partenza è effettivamente un po’ lenta e farraginosa, con forse troppe digressioni psicologiche sulle varie protagoniste, lasciano il posto, rapidamente, ad un crescendo, quasi rossiniano, carico com’è di una tensione che sale, spasmodica, fino all’amara e sorprendente verità, effetto di un doppio colpo di scena finale. L’unico interrogativo che lascio volentieri risolvere a chi leggerà questo libro, uscito senza troppo battage pubblicitario e passato forse un po’ troppo in sordina, è su chi, a parer Vostro, sia il vero protagonista della storia: le sette donne, con il loro carico di diversa umanità, o non piuttosto la casa, Villa Camerelle, una magione che un po’ alla volta sembra quasi acquisire una personalità ed una vita autonome, con i suoi sontuosi tappeti, i costosi lampadari, i cesellati candelabri, le porte cigolanti, gli angusti corridoi e i pavimenti in parquet scricchiolante ad ogni passo?

Per Approfondire

www.dianalama.com


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