Dianella Bardelli, I pesci altruisti nascono bambini, Girali Editore 2011, pp.99, € 10,00
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di Francesco Sasso
Di questo libro in cui senti scorrere nel monocromatismo della storia, talvolta nell’aerea esilità della struttura narrativa, un angosciato anelito di libertà. La protagonista Katia decide di cambiare stile di vita. Abbandona quindi casa, marito, lavoro e si lancia in un’avventura esistenziale senza meta né progetti. Il suo programma è chiaro e semplice allo stesso tempo:
«La mia è una scelta ben chiara. Non so se definitiva, ma ben chiara. Vivere libera, sola e alla giornata, ecco il mio programma» (p.34).
La protagonista inizia a vivere dove capita, ad elemosinare spiccioli, fare l’autostop, ogni tanto fermarsi in un luogo e lavorare per pochi mesi come donna delle pulizie in una scuola o come cameriera in un bar per poi ripartire. La protagonista assume insomma i costumi di una barbona o di un beatnik fuori tempo. Incontra così uomini gentili da cui fuggire, ragazzi ottusi con cui accompagnarsi per denaro, una lesbica che l’introduce in locali alla moda, sempre però con la ferrea intenzione di non farsi più ingabbiare dalla società:
«Quindi non c’è via di uscita, comunque il mondo ti si appiccica addosso con le sue regole, obblighi, richieste. Ma almeno sono sola. Senza marito, fidanzato, senza storie, amicizie, rapporti. Questo almeno si può fare e questo farò, si dice con convinzione» (p.40).
Insomma, ognuno lo sa, molte donne desiderano star lontane dai propri mariti, ma è un’ambizione difficile da realizzare attraverso la ricerca del Vuoto assoluto. Infatti, nonostante quest’anelito tipico di molte filosofie orientali, la protagonista è preda delle proprie contraddizioni, vive in un modo duplice: da una parte il desiderio di libertà e solitudine, dall’altra l’ideale che sfuma nel sogno e nell’aspirazione all’incontro con un vecchio amico di gioventù, ora monaco buddista. Entrambe le parti convivono in qualche modo nella protagonista, fino al giorno in cui Katia si imbatte per puro caso nel suo amico monaco durante una manifestazione pseudo-figli dei fiori
Ora, il modello preciso che il romanzo ricalca è quello dei romanzi di Kerouac, ma insomma la storia si dipana tra il psicologo e il romanzo a tema, dove peraltro, almeno secondo il recensore, afferrata l’anima della protagonista, la si segue con una qualche precisa insistenza, con una certa ripetitività dei gesti, finché te la vedi innanzi senza spessore alcuno, un’anima statica nel cul di sacco di un destino privo di dolorosi avvenimenti.
Il romanzo poi è spesso gravato da quasi tutti i luoghi comuni della letteratura beat. Noi invece avremmo voluto saperne di più sulla protagonista, entrare in relazione con la sua calda umanità e seguirla lungo gli itinerari della sua drammatica vitalità.
f.s.
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