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Diario africano - 39/Domenica in montagna

Creato il 08 gennaio 2015 da Mapo
Gulu, 4 gennaio 2015
Amone è un paraplegico di 35 anni che è stato dimesso questa mattina dal Lacor Hospital. Era ricoverato da prima di Natale per farsi curare delle brutte ulcere da decubito ed ora vuole tornare a casa, una capanna rotonda dal tetto di paglia con una piccola bottega a fianco, affacciata sul ciglio della strada.Fino a 7 anni fa era un ragazzo come tanti che guidava (male) la moto, litigava durante le partitelle di calcio a piedi nudi e guardava quelli sulla sedia a rotelle con un misto di indifferenza e tristezza. Poi sono venuti a prenderlo a casa i poliziotti, di notte.
Diario africano - 39/Domenica in montagnaL'hanno messo in una cella perché qualcuno ha giurato che fosse stato proprio lui, la settimana prima, ad ammazzare quel tale. Qui, dove non ci sono avvocati con i lustrini, salotti brunovespiani o gli uomini della scientifica, non si va troppo per il sottile in quanto ad indagini. Dopo averglielo chiesto con le buone, senza risultati, i celerini sono passati alle maniere forti: lo hanno picchiato, nella stanza per gli interrogatori del carcere di Gulu. Per noi cresciuti a pane e Holliwood è solo l'ennesima scena dal sapore già visto, ma mentre questo ragazzotto magro dai lineamenti gentili e la camicia a fiori la racconta, dal sedile davanti di questa macchina che lo riporta a casa, vengono i brividi.L'hanno colpito alla schiena, ripetutamente, con il calcio del fucile. Immagino le sue gambe malmenate, sole con il loro dolore lancinante, un urlo strozzato appena prima del niente. Il male, l'ultima cosa che hanno provato, poi solo il silenzio. Vedo i suoi occhi nello specchietto retrovisore, apparentemente impassibili.Lui non ha mica confessato, giammai!, muto come un pesce - assicura. Qualche giorno dopo hanno preso il vero colpevole dell'omicidio, così Amone è stato liberato. Penso al momento in cui la porta della prigione si è chiusa dietro di lui e lo ha lasciato sul bordo della strada, seduto sulla terra rossa a chiedersi il senso.La moglie è una ragazza di 28 anni, con un cappello di lana a righe colorate che tiene stretti i suoi capelli con le extension, un bel sorriso e un odore penetrante di sudore che si fa ancora più forte in questi giorni di clima secco. Ha al collo uno di quei rosari di plastica, di colore verde fosforescente, e ha caricato tutto quello che poteva sul retro della gip, a cominciare da una carrozzina sgangherata su cui si appoggia, per non perdere l'equilibrio ogni volta che c'è uno scossone per la strada sgangherata. Scopro di non sapere come si chiama, e un po' mi spiace non conoscere almeno il nome di questa ragazza che non lo ha abbandonato, quel giorno di 7 anni fa.Abitano insieme ai piedi della "montagna" di Joseph Koni, leader dei ribelli del LRA ("Esercito di resistenza del Signore"), che secondo Wikipedia è:
"un gruppo di attivisti con un'ideologia religiosa sincretica pseudo-cristiana, noto per le atrocità che commette contro i civili, tra cui omicidi, mutilazioni, stupri e in alcuni casi anche cannibalismo"
Sulla "montagna", in realtà poco più di una collina ricoperta da alberi sparuti e ancora oggi presidiata dai militari, questo prototamarro ignorante e spietato, che in tutte le fotografie compare in una divisa mimetica, compiva i suoi riti propiziatori e purificatori. Ormai ci si arriva tranquillamente in macchina, incontrando solo qualche moto che prosegue nell'altro senso. Ci sono bambini che camminano e sono troppo giovani per ricordarsi quando questi chilometri si facevano solo in carro armato. I fuochi della stagione secca sono talmente vicini da invadere la strada, aggiungendo una nota inquietante a questo paesaggio dai colori caldi. Il fumo è dappertutto, negli occhi e all'orizzonte.
Stanno scavando un fossato di scolo ai lati della carreggiata e la casa di Amone è proprio dall'altra parte. Lo solleviamo in 4, con la sua carrozzina e mentre saluto dal finestrino mi chiedo come farà a muoversi, in questa capanna ai confini del mondo in cui una buca può far paura quasi quanto una montagna.
Diario africano - 39/Domenica in montagnaLa strada del ritorno è un ripetersi di paesaggio tutto uguale. Ci fermiamo a visitare una farm. E' domenica e i lavoratori siedono all'ombra del portico a chiaccherare mentre una donna comincia a preparare la cena. Ci sono polli dovunque, farfalle colorate che si dividono equamente piante di banani e rifiuti, un grosso trattore importato dalla Germania. Il proprietario ha una pancia che fa provincia, gli occhiali con la montatura fine e un inglese sin troppo perfetto. Ha vissuto tanti anni negli Stati Uniti, è un pilota di aerei di linea e da qualche anno è tornato a riprendersi la terra che era di suo padre e prima ancora di suo nonno.
E' difficile coltivare i pomodori e nonostante una miriade di acri di terra riesce a malapena a far quadrare i conti, ma dà lavoro a molte persone e sembra felice.
C'è un po' di speranza, all'inizio dell'anno non guasta mai.

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