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Secondo gli opuscoli informativi e i più gettonati siti di turismo ugandese Fort Portal è una delle più belle e vive cittadine del paese, adagiata in mezzo alle colline ricoperte dai verdi fazzoletti delle piantagioni di te e all'ombra del grande massiccio del Rwenzori, la più alta montagna d'Uganda.Le vette innevate, ad essere onesti, si possono solo immaginare tanta è la foschia che in questi giorni di siccità assoluta avvolge l'orizzonte. In quanto alle piantagioni di te, invece, basti dire che queste piccole piante dalle foglie verdissime e rigogliose sono così fitte da formare un immenso mare di un colore talmente diverso da risultare quasi verosimile. Tra una collina e l'altra si insinuano piccole strade sterrate su cui corrono i trattori dei coltivatori che, sotto il sole cocente, tagliano, raccolgono, impacchettano e caricano.Sono quasi tutti rwandesi, mi informa Charles, il supervisor di questo settore a cui si scioglie la lingua dopo che gli ho dato qualche soldo per fare le foto.In questa regione, a quanto pare, sono abbastanza ricchi da permettersi di rifiutare i lavori più umili e ambire alla tanto agognata scrivania. La bassa manovalanza, quindi, viene prevalentemente dall'estero e gli abitanti dell'ex regno del Toro (così come si usava chiamare quest'area) possono permettersi di mettere una camicia e passeggiare tra i cespugli coordinando il lavoro degli altri. Anche i proprietari, a dirla tutta, non sono ugandesi, a disegnare un paradossale sandwich per cui, alla fin fine, i locali impegnati quaggiù sono un'esigua minoranza. La piantagione, come molte nel circondario, è di un ricco commerciante indiano che raccoglie il te in questo angolo a Sud-ovest dell'Uganda per farlo viaggiare fino a Mumbasa, in Kenya, dove viene distribuito ai grossi compratori, che a loro volta si occuperanno di farlo arrivare un po' dappertutto, persino in Uganda. Il risultato è che se a Fort Portal chiedi di avere una tazza di te home made ti arriva a malapena una delle "Uganda Teabags", di quelle che si trovano in tutti i supermercati.Da questa collina, poco più alta di quelle intorno, si vede tutta la piantagione. Una distesa immensa puntellata dal mezzobusto di decine di braccianti che con un cappellino consunto a proteggerli dal sole, tagliano le foglie più giovani da questi arbusti alti un metro. Si servono di un arguto e rudimentale marchingegno a metà tra una grossa forbice e un contenitore di plastica. A intervalli regolari si fermano e tirano fuori una bottiglia di coca cola piena di un liquido giallastro, oliano la forbice e vanno avanti. Lo schioccare della potatura, così regolare, crea un ritmo che risuona a distanza di metri. Qualcuno, un po' per scherzo, ci ricama sopra un canto. La pausa pranzo, all'una in punto, è vicina.Anche Charles è qui di passaggio, per ora si fa andar bene questo lavoro all'aperto dalle 8 alle 17, ma sta cercando di mettere via qualche soldo per creare un suo business. Chissà, magari proprio nel settore del te. Provo a suggerirgli di intrappolare turisti bianchi sulla strada da Kampala ai parchi dell'ovest in qualche Tea-tour a caro prezzo. Prima mi guarda strano, poi, quando capisce che faccio sul serio, comincia a pensare che potrebbe essere una buona idea.
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