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Oggi, 25 ottobre, qui a Gulu, sono successe due cose degne di nota.La prima è che si è laureato Bongo, lo studente interno del reparto di pediatria. A dire il vero si sono laureate ben più di una dozzina di persone, ma lui ci ha invitato alla festa di laurea.Ora, io non so se qualcuno di voi è mai stato ad una festa di laurea ugandese; non so nemmeno se quella di oggi possa essere presa a paradigma di quanto accade qui quando qualcuno diventa dottore dato che dispongo di un campione parecchio limitato, ma, basandosi sulla mia esperienza personale, si tratta di un evento a dir poco fuori dal comune.
Tanto per cominciare i preparativi: oggi a mezzogiorno non si sapeva ancora precisamente dove l'atteso ricevimento avrebbe avuto luogo. Ricordo i lunghi discorsi per quella festa di laurea esattamente 5 anni fa: la scelta della location, del cosa mangiare e cosa mettersi, del chi invitare e che canzoni chiedere di suonare ai musicisti prenotati per l'occasione. Andò tutto davvero alla grande, ma l'organizzazione assorbì quasi più tempo della tesi.Il Royal Inn Pece credo sia un piccolo albergo appena fuori dal centro di Gulu. Dico "credo" perché, ad essere davvero onesti, non ci siamo nemmeno entrati, un po' spaventati dal leone di gesso a fauci spalancate messo a guardia della porta di ingresso. Il party si è svolto in giardino, precisamente sotto un piccolo portico grigio che un tempo non troppo lontano doveva aver svolto il luogo di garage. Appena varcato il cancello a colpire è la manciata di colori: i vestiti degli invitati sono sgargianti, luminosi e belli. Gli uomini, in verità, erano vestiti in maniera classica e distinta. Le donne, perlopiù signore ugandesi di una certa età, in lunghi abiti dalle fantasie variopinte, una cintura a fascia all'altezza della vita, le spalline alzate come personaggi di uno star trek un po' atipico e grandi collane a palla.
Appena atterrati alla festa, alla delegazione italiana è stato richiesto un breve discorso. Io avevo addosso una camicia a quadretti con l'alone di una macchia di sugo sulla linea emiclaveare sx e un paio di pantaloni beige con disegnate sopra delle coccinelle. Ho schiarito la voce e mi sono ricordato di quel 19 ottobre di 5 (cinque!) anni fa, della cravatta rossa, la camicia un po' sudata per l'agitazione e quel discorso con finto tono sciolto provato e riprovato. A Bongo ho augurato almeno metà delle cose belle che sono capitate a me, tanto per cominciare!
Le donne, si diceva: a loro modo elegantissime, senza rinunciare, laggiù in fondo, alla scarpa da tennis: l'alternativa più comoda per un pomeriggio di banchetti, cucina e danze sfrenate.
Eh si, perché, nonostante l'ormai matura stagione delle piogge, la festa è stata più che altro una sessione prolungata di una nuova disciplina a cavallo tra i balli di gruppo e la lotta nel fango.Ho visto con i miei occhi una signora ultrasettantenne, verde evidenziatore dal cappello ai piedi, danzare per almeno due ore di fila muovendo il sedere come io (forse per fortuna) mai imparerei a fare. Forse la nonna del festeggiato, difficile a dirsi in questa famiglia allargata dove ci sono in tutto dieci fratelli, tutti sposati e molti con prole.Bambini, appunto, dovunque. Sempre pronti a fare il girotondo, ridere disperati scimmiottando passi di danza improbabili e farsi portare in spalla con addosso il tocco (esatto, il classico cappello nero da cerimonia universitaria, perché qui si prendono un sacco sul serio). Ad un certo punto è partito anche un lungo trenino sotto la pioggia ed è mancato poco, giusto un Massimo Giletti o una base della Carrà, che ci sembrasse di essere al veglione di capodanno di Raiuno. Mi hanno camminato addosso pieni di fango, schiacciato una vertebra cervicale, monopolizzato la macchina fotografica, ma poi hanno sorriso mentre facevo pernacchie con le mani e gli si è perdonato tutto.A tratti l'energia elettrica si assentava dalla cerimonia, senza avvisare, con disdegno degli invitati e degli amplificatori, già provati dall'umidità. Allora toccava ritornare sotto il portico, stravaccarsi su un divano o una sedia di plastica e inghiottire qualunque cosa di commestibile in circolazione, a cominciare da un lungo sorso di Nile Special, la birra bionda di qui.Buffet d'eccezione, con grossi pentoloni pieni di prelibatezze locali appena cucinate. Non conosco abbastanza l'Acholi per raccontare cosa ho mangiato (quindi non lo farò), ma ho riconosciuto ossa di pollo, riso, cabbage e pezzi di manzo.
Il festeggiato si è alzato in piedi, nella sua toga nera e lucida, davanti a tutti e, poco dopo l'introduzione dei suoi genitori emozionatissimi ha cominciato a raccontare a tutti la strada per arrivare fino a lì. "Non è da oggi: sono 10 anni che so di essere un dottore. E se pensate che questo sia il mio climax, proprio vi sbagliate". Poche idee e molto chiare. Alcuni hanno pianto, tutti hanno posato la mano sul braccio di questo grande neodottore africano con gli occhi lucidi che ha tagliato una grossa fetta di torta.
Ricordo di aver pensato: mille differenze in quanto a forma, vero, eppure una sostanza così rassicurante ed eguale a quella che si respira da noialtri, nella fredda Italia.
Qualche minuto e tutti di nuovo a ballare sotto la pioggerella fine, urlare al cielo sprofondando i piedi in un prato diventato nel frattempo pantano, di fianco ad alberi di mango e a una coppia di conigli nani assorta a fissarci incuriosita.
Festa riuscita, non c'è che dire.
Come dite? La seconda cosa? Ora sono stanco, un'altra volta magari.
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