Paul Auster non si smentisce ed anche con un “semplice” diario personale riesce a distinguersi.
Lo fa con una scrittura in seconda persona che ottiene come risultato un simil racconto verso il lettore, seppur in realtà Auster stia parlando di se stesso con se stesso.
Dopo la lettura di Storia di un corpo di Daniel Pennac e Diari della bicicletta di David Byrne, ecco un altro libro che segue lo stesso filone, quello di aprirsi verso i propri lettori presentandosi con le proprie esperienze, curiosità, debolezze, timori, eccetera.
Un’operazione che permette al lettore più concentrato sui libri, di comprendere in qualche modo da dove vengano quelle opere e quale sia stato il percorso di vita dell’autore che le ha portate alla luce.
In qualche caso anche di capire come mai un autore abbia abbracciato un genere letterario piuttosto che un altro.
Come già affermato in altre occasioni, Auster è uno dei miei autori preferiti, dunque leggere il suo Diario d’inverno mi pareva quasi scontato.
Un libro scritto in seconda persona è sempre un qualcosa di particolare; viene da pensare che la scelta di questa tecnica di scrittura sia stata uno stratagemma per tenere viva l’attenzione del lettore e allo stesso tempo differenziarsi da altre opere del genere.
Direi obiettivo raggiunto.
Per quanto riguarda il contenuto si potrebbero citare vari aneddoti, ma in ogni caso è bene precisare che si tratta di un diario vero e proprio, non del tutto lineare cronologicamente, ma comunque quello è, senza particolari sorprese.
Rapporti con i parenti, viaggi, matrimoni falliti, traslochi, matrimoni riusciti, nascite, morti, incidenti e tutto ciò che fa parte di una normale vita.
Non manca nulla della forma diario, ma allo stesso tempo non ci sono neppure contenuti particolarmente sorprendenti.
Il consiglio è quello di leggere il libro solo se veri appassionati dell’autore.
Tempo di lettura: 4h 18m