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Diario di bordo: translating Joe Brainard – parte 3

Creato il 09 novembre 2015 da Thais @la_traduttrice
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Foto: Lindau

Ora che è andato in stampa posso finalmente dirlo con certezza: entro fine mese uscirà il libro di Joe Brainard su cui ho scritto gli ultimi due post di questo blog – parte 1 e parte 2 – e si intitolerà Autoritratto. Lo trovo un titolo perfetto per l’opera di un pittore/artista che scrive di sé, dei suoi pensieri, delle sue manie, delle sue riflessioni quotidiane talvolta banali e spesso ironiche, dissacranti, molto introspettive ma che strizzano sempre l’occhio ai suoi amici e ai lettori.

Ma veniamo alla traduzione, o meglio, alle sue ultime fasi e alla revisione. Rileggendo il testo dopo aver finito di tradurlo, l’ho toccato davvero pochissimo. Forse perché Joe l’ha scritto di

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getto, ed era così che andava tradotto. Ho modificato qualche parola qua e là, limato un po’ le frasi, ma non ho tolto molte delle sue adorate ripetizioni né ho cercato di “normalizzarlo”. Non dico di aver mandato alla casa editrice una prima bozza, ma non ho voluto guastare la spontaneità del testo ricamandoci troppo sopra. Mi sono concentrata più che altro su come rendere al meglio alcune frasi che in inglese sono perfettamente naturali ma in italiano perdono ogni forza e ritmo, come il terribile passaggio da self-consciousness a self-awareness nell’introduzione di Ron Padgett.

Inoltre, poiché sapevo che avrei lavorato con redattori con cui ero certa di poter dialogare, nella mia traduzione ho lasciato evidenziate alcune frasi che mi avevano lasciata perplessa, che temevo di non aver capito o reso appieno. Il confronto con Alberto Del Bono della Lindau è stato davvero prezioso: in un lungo pomeriggio in redazione abbiamo sviscerato i problemi principali, trovando in praticamente tutti i casi una soluzione che ci convinceva entrambi. Qualcosa, però, è rimasto ancora una volta insoluto. Più che altro didascalie e frasi senza contesto, le più temute da un traduttore, che quando gli chiedono “cosa vuol dire questa cosa?” è abituato a rispondere invariabilmente “dipende dal contesto”. (E non è una scusa, dipende davvero dal contesto, ragazzi, su.)

Foto: Lindau

Foto: Lindau

Tanto per fare un esempio, una di queste frasi è la didascalia di un ritratto di Joe fatto da un suo amico: Joe knits up a careful tennis shoe white thread. Parole comunissime, perfettamente traducibili prese una per volta, ma piazzate lì in un modo che alcuni amici madrelingua mi hanno confermato essere “strano”, niente affatto chiaro; di conseguenza tradurre questa frase così lapidaria risultava veramente arduo. Inoltre – e questa è una cosa terribile per me che sono sempre così insicura –, poiché la didascalia è scritta a mano dall’autore, nell’edizione italiana non verrà cancellata: in questo e altri casi, la traduzione sarà a fondo pagina, ma il lettore potrà vedere anche la frase originale. Capite bene come in questi casi il terrore di sbagliare si moltiplichi.

Per fortuna avevamo a disposizione il curatore dell’edizione originale, nonché amico intimo di Joe, che ha confermato la stranezza della costruzione inglese ma ci ha spiegato l’immagine: al momento del ritratto Joe stava riparando una scarpa da tennis (careful?) con del filo bianco. Potevamo arrivarci, ma chi si sarebbe arrischiato a un’interpretazione così netta? Ecco, questo è uno dei casi in cui consultare l’autore o chi per esso (ah, poter scrivere a Joe…) si è rivelato fondamentale. Ron Padgett ci ha chiarito questo e un paio di altri dubbi, facendoci dormire sonni più tranquilli (e se qualche lettore o traduttore si sentirà in dovere di contestare le nostre scelte, beh, perlomeno avremo un’opinione autorevole dalla nostra!).

Foto: Lindau

Foto: Lindau

Dopo la revisione con Alberto, il libro è passato nelle mani di Paola Quarantelli, editor di Mi ricordo (i richiami a quel testo erano moltissimi, sarebbe stato impossibile tradurre questo libro senza tenere conto delle scelte fatte allora, e grazie al cielo l’avevo tradotto io), quindi è stata necessaria un’altra sessione di discussioni, riflessioni, cambiamenti dell’ultimo minuto e accordi conciliatori. La traduzione è così: se il libro fosse stato riletto da una quarta persona, saremmo ancora seduti attorno a un tavolo a discutere. Ed è una cosa che mi piace moltissimo di questo lavoro. Se la traduzione perfetta non esiste, è comunque incredibilmente stimolante vedere in che modo teste diverse interpretano e sentono uno stesso testo.

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Sono convinta che alla fine abbiamo fatto davvero un buon lavoro, e sarà emozionante tenere il libro tra le mani. Spero che riesca a emozionare anche voi, che lo leggiate col sorriso sulle labbra, che capiate cosa voleva dire Brainard quando l’ha scritto, che la traduzione abbia reso giustizia al suo linguaggio scarno ed evocativo insieme. Spero che Joe conquisti prima la vostra attenzione e poi, pian piano, una pagina dopo l’altra, il vostro cuore. Se lo merita, ed è stato un vero onore essere la sua traduttrice.

La cosa importante è che sono un pittore e uno scrittore. Finocchio. Insicuro riguardo al mio aspetto. E sento un po’ troppo il bisogno di far contenta la gente. Lavoro molto. Darei il braccio destro per essere follemente innamorato. (Beh, diciamo il sinistro.)

Come si fa a non amarlo?

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