Magazine Talenti
Io amo sentirmi utile agli altri, davvero sento il ringraziamento che mi viene dal cuore, se l'altro si lascia aiutare da me, se poi il mio aiuto serve a qualcosa sono felice.
Mio padre, inizialmente faceva il contadino, ho vissuto la mia infanzia in un giardino terrestre, fra erbe, piante, fiori, frutti, animali ed insetti, stare stesa sull'erba, osservare il cielo e cantare al mio cane Ringo era il mio ozio dorato.
Mio padre era però molto ambizioso, voleva il meglio per la moglie e la famiglia , studiava, prendeva specializzazioni, era per il futuro e la tecnologia, fu il primo, nel paese ad acquistare l'auto, una Millecento coda di rondine e fece un sacco di debiti per acquistare una taverna con annesso spaccio, che rimodernò e diede il nome di bar, e di supermercato, una cosa che rendeva il paese moderno, considerate pure che c'era un complesso musicale beat che suonava anche in tv...insomma io mi trovai dalla campagna, in un paese che mi pareva New York che tralaltro non sapevo neanche esistesse; mi sentivo fortunata, auto, telefono, tv, giradischi, erano i primi anni '70, mica tutti c'avevano tutta questa roba.
Ma dopo un'iniziale euforia iniziai ad odiare il bar, dovevo lavorare al bancone, non potevo uscire con le amichette, avevo dieci anni la mattina andavo a scuola, il pomeriggio sino alle ventuno dovevo fare dei caffè, non c'era molto lavoro ma non mi dovevo muovere dal negozio, per consolarmi rubavo un gelato, se l'avessi chiesto la mamma non mi avrebbe permesso di prenderlo, il difficile era nascondere la scatoletta del gelato vuota, io mangiavo sempre il "Dessert du roi" cioccolato e zuppa inglese, era uno dei più costosi ed aveva l'involucro grande.
Di solito la tiravo dalla finestra, dove c'era un campo incolto con l'erba alta un metro, non esisteva ai tempi la raccolta rifiuti, ma un giorno sbagliai il lancio e l'involucro di gelato finì a casa del vicino, il quale arrivò dopo poco, andando da mia madre con l'oggetto del delitto...quante botte presi, un po' per il furto, un po' per la maleducazione.
Per il lavoro al bar fui caldamente consigliata di abbandonare la scuola, così odiai ancora di più fare i caffé e tanto brigai che riuscii ad andarmene, ma il fardello del bar è sempre ritornato.
Ancora oggi ogni tanto tento di lasciare questo lavoro, ma mi ritorna indietro come un boomerang, non mi riesce di lasciarlo, sono ancora qua dopo 40 anni a fare caffè.
Eppure questo lavoro ha un lato, che amo.
immagine di Teoderica
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COMMENTI (1)
Inviato il 16 aprile a 12:55
complimenti per il blog così ricco e appassionato. E' bello trovare siti come questo navigando senza rotta nel mare del Web