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Diario di un malato di Parkinson (1990-1998) - (4)

Da Ambrogio Ponzi @lucecolore

Diario di un malato di Parkinson (1990-1998) - (4)

Fidenza Vicolo Ghiozzi in direzione della Chiesa di S. Michele

Quello che segue è la quarta parte del Diario di Don Lino pubblicato nel luglio 2005. Seguiranno via via le altre parti del Diario  (4)
"Quando sono debole, è allora che sono forte"    2 Cor 12,10
13 febbraio 1996 Mia situazione Continua la spinta forte a tener fisso lo sguardo in Gesù, e in Gesù crocifisso. Al tempo stesso avverto la mia inadeguatezza a tutto fronte. Più è viva la coscienza della verità, della bellezza di Gesù, di quello che Lui è oggettivamente per tutti e quindi di come cambierebbe la vita di tutti se Lui fosse riconosciuto, e più avverto la mia incapacità ad operare in questo senso. Se ancora ritorna la domanda: "Qual è il mio posto?" è perché sogno un posto, mi illudo che ci sia un posto, nel quale questo scarto possa essere annullato? Negli scorsi mesi, quando stavo peggio di salute o ricoverato al "Don Gnocchi", il problema non c'era. Ero senza alternative e possibilità. Tutto era, di conseguenza, più semplice. Il mio posto era lì. Ora vivo la mia inadeguatezza come colpa. O, forse, mi sto ancora illudendo di poter essere "un servo utile" e sto tentando o cercando di vedere come e dove. In realtà, ovunque e chiunque, è sempre e solo un servo inutile!
28 maggio 1996 Gesù Le intuizioni o "evidenze" che mi accompagnano in questo periodo sono: 

Diario di un malato di Parkinson (1990-1998) - (4)




"Tutto è stato fatto per mezzo di Lui e senza di Lui niente è stato fatto di tutto ciò che esiste". Tutto <-> niente. Non posso parlare o occuparmi di qualcosa senza dire "Lui".
"Quando poi verrà lo Spirito di verità, Egli vi guiderà alla verità tutta intera". Solo se è tutta intera la verità è Verità. È ancora Gesù, il Verbo fatto carne, la verità tutta intera alla quale ci introduce lo Spirito.
Nella Messa non aggiungere parole a parole. (Solo con sobrietà, così da evidenziare senza coprire quanto è scritto: parole della Chiesa e, alla radice, "parola di Dio"). Ascolta quello che proclami; e proclamalo in modo che venga ascoltato.
09 agosto 1996 Sofferenza e fede Per l'esperienza che sto facendo, la fede non toglie la sofferenza, non è una sorta di analgesico spirituale: la sofferenza resta con tutta la sua pesantezza. Ma la fede, con il farei una cosa sola con Cristo, oltre che rivelarei un nuovo senso del soffrire, ei conduce a vivere - dentro l'oscurità del male, che tale comunque resta - l'esperienza positiva di una inespressa dimensione della mia umanità, anzi una sorta di inveramento di me, di realizzazione di me in Cristo. Come se l'essere al riparo dal dolore trattenesse l'esperienza del vivere, compreso il vivere religioso, in una condizione di immaturità.
12 agosto 1996 Abbandono nelle mani del Signore Sono sempre più interiormente confermato nel vivere e nel proporre l'abbandono di sé al Signore, come l'atteggiamento base della vita cristiana. Abbandono significa: so che Gesù mi ama e mi accoglie così come sono; so che lui può fare di me, così come sono, cose inimmaginabili; e che, dunque, i miei limiti e il mio peccato di fragilità non potranno mai impedire la realizzazione dei suoi progetti, così come le mie capacità non potranno mai renderli maggiormente realizzabili.
29 settembre 1996 Mi si è fatto chiaro, dopo aver sentito diversi pareri (contrastanti), il dovere di presentare al Vescovo le dimissioni dall'ufficio di Parroco. Mi trovo nella fisica impossibilità, a causa del parkinson, di svolgere le funzioni tipiche del parroco: contatti con le famiglie, visita agli ammalati... presidenza eucaristica... Mi risulta quasi impossibile garantirmi una regolare seduta quotidiana di fisiochinesi.
15 ottobre 1996 Dimissioni Oggi, festa di s. Teresa d'Avila, ho presentate le dimissioni da Parroco.
18 ottobre I 996 Dimissioni come ammissione Il Vescovo ha risposto immediatamente alla mia lettera di dimissioni, dicendosi ben comprensivo delle motivazioni da me addotte e desideroso di incontrarmi al più presto per affrontare in concreto la questione. L'ho contattato immediatamente. È di nuovo febbricitante. Per lui si vanno forse compiendo i giorni dell'esodo? Vivo questo momento della mia vita non come una dimissione ma come una ammissione. Sono come un postulante che ha chiesto di entrare in convento e aspetta l'assenso del priore. In realtà sto per lasciare un modo di essere Chiesa e nella Chiesa caratterizzato dalla presidenza attiva, per assumerne un altro, non certo opposto ma complementare, più legato ai fattori generativi della Chiesa: quello di amico dello sposo che prepara l'incontro con la sposa (Gv 3). Mi si chiarisce meglio la percezione avuta fin dalla iniziale comparsa del parkinson, che questo non fosse un impedimento ma una "chance": chiudendo una porta, ne apriva un'altra.
 

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