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Diario di un malato di Parkison (1990-1998)

Da Ambrogio Ponzi @lucecolore

Diario di un malato di Parkison (1990-1998)

Fidenza, Chiesa della Frande Madre di Dio ripresa dal cortile retrostante.
La Chiesa dopo la seconda guerra mondiale fu riaperta diventando la Chiesa parrocchiale di San Michele.
La Chiesa di San Michele nel contempo fu abbandonata e in seguito utilizzata come una sala civica.

Quello che segue è la prima parte del Diario di Don Lino pubblicato nel luglio 2005. Seguiranno via via le altre parte del Diario.
(1)
"per ogni cosa c'è il suo momento, il suo tempo per ogni faccenda sotto il cielo"    Qo 3,1
13 dicembre 1990 Malattia: PARKINSON Devo fare i conti anche con questo aspetto. È impossibile eliminarlo! Bisognerebbe eliminare il male. Questa mattina ho avuto direttamente dal medico, Dott.., l'informazione circa la diagnosi del neurologo Prof...: parkinsonismo iniziale, lieve. Per ora nessun trattamento particolare. Per quanto già nell'aria, non la posso considerare, in se stessa, una buona notizia. Ma l'accettazione è totale e mi sento sereno.
Sia perché sono convinto che ovunque c'è una grazia. Sia perché il fatto pare circoscritto. (I sintomi, che hanno portato a questa conclusione diagnostica, li ho avvertiti almeno da un anno. Inoltre ho la percezione di un loro attenuarsi e non di un loro aggravarsi). 23 febbraio 1991 Malattia: rischio del ripiegamento Sto sperimentando come la malattia porti al ripiegamento. Affaticamento, impaccio, dolori vari e persistenti: tutto richiama a me, al mio braccio, alla mia testa, al mio incedere. Scompare quel naturale dimenticarsi di quando si sta bene. Devo fare i conti anche con questo aspetto. E' impossibile eliminarlo! Bisognerebbe eliminare il male.
04 marzo 1991 Chiedere la salute Questa sera, 4 di marzo, alle 19 e qualche minuto, ero solo in Chiesa e mi apprestavo a chiudere. Attraversando il coro ho guardato l'immagine della Madonna delle grazie. È stato come se uno mi dicesse: «Perché non chiedi la grazia della guarigione?». In effetti io non l'avevo ancora chiesta. Mi sono preoccupato di accogliere la malattia e di pregare per questo. Mi sono impegnato a curarmi. Ma non ho chiesto la salute. Mi sono reso conto che il mio atteggiamento non è completo e quindi corretto. E se Dio volesse darmi la salute condizionatamente alla mia richiesta? L'ho fatto subito. Non mi interessa il risultato ma la verità di me davanti al Signore.
03 giugno 1991 La mia vita al bivio La malattia avanza. Si fa sempre più netta ed acuta la coscienza che la mia vita si trova a un bivio. Come uomo di impegno-carico (e incarico) sono "finito". Ma per la fede permane più che mai aperta ogni possibilità. È realmente l'unica «chance» che mi resta. Ma anche, e ne sono certo, la più vera. Il bivio è questo: .:. o mi decido per la fede in modo totale (è proprio sempre un ricominciare da capo!); .:. o mi rassegno alla banalità, non potendo più coprirmi con l'alibi di carichi, incarichi, ruoli. La banalità apre alla deriva di disfattismo --> ripiegamento amaro --> piccole compensazioni --> indifferenza.
08 giugno 1991 Discernimento: i termini attuali Domande. :. Dopo gli anni in cui sono stato legato e fortemente limitato nell'azione dalle condizioni di mia madre, quando questa situazione si è conclusa, subito si è aperta questa nuova forma di impedimento e di «debolezza». Coincidenza? Casualità? Segno? .:. Restare qui, dove sono attualmente, in un ministero che chiaramente mi supera, ritagliandomi un modo di essere parroco compatibile con il mio status? .:. Chiedere un ministero adeguato? E quale, stante la povertà di alternative (nella nostra Diocesi o parroco o curiale!)?
09 giugno 1991 Ritiro Salsomaggiore presso i «Conventuali» 9-16 giugno 1991 - Getta sul Signore il tuo affanno Questa mattina, già con il cuore nel Ritiro, è stato come mi fosse detto: «Perché continui a voler portare tu il peso delle cose e non le scarichi invece su di me?». Riflettendo su questo mi sono accorto che, in effetti, «sono sempre io»... che mi impegno o non mi impegno, che sono adeguato o inadeguato, arrivo o non arrivo, sono adatto o inadatto, sono finito... e via di questo passo. Tutta la potenza di grazia (infinita!), che è a mia e nostra disposizione, non è valorizzata che in infima parte. Con l'io così protagonista (non davanti agli altri ma a se stesso, per responsabilità!) diventa inevitabile l'usura e il bisogno di compensazioni varie e sottili. Il richiamo interiore suggerisce un ribaltamento della tendenza: dal caricarmi di tutto allo scaricare ogni cosa sul Signore. La preghiera non è un ulteriore carico da portare ma il momento privilegiato in cui avviene questo passaggio di pesi da me a Lui. O meglio, è il momento in cui il Signore prende il sacco, lo toglie dalle mie spalle per portarlo Lui. Preghiera come gioia e sollievo! Non sono io che prego ma è lo Spirito che prega in me! «Getta sul Signore il tuo affanno ed Egli lo porterà». «Non gettare sul Signore soltanto le cose ma te stesso, così come sei».
20 luglio 1991 Malattia come castigo e vergogna Sotto gli occhi di tutti: R. V mi chiede della mia salute e, sentendo confermato il parkinson e la sua irreversibilità, commenta: «Devi avere un qualche peccato per essere così castigato!». .:. Il Vangelo della debolezza non può essere preso come una specie di filosofia, da sostenere e sviluppare con brillanti ragionamenti: è visione paradossale che si può tenere e vivere solo per grazia dello Spirito. .:. È quello che sperimento: una specie di concatenazione vitale. Appena lascio l'attenzione allo Spirito subito si appanna la prospettiva del Vangelo della debolezza. E appena questa riemerge e subito mi sollecita ad aprirmi allo Spirito. Ne ho parlato nel Ritiro ai Preti. Forse mi sono spiegato male, ma ho avuto l'impressione che l'interesse fosse da un'altra parte: le cose da fare, che urgono; le cose che non vanno e che chiedono interventi...
10 marzo 1991 Esperienza mia debolezza Esequie di... Per quanto preparata con cura, l'omelia mi è venuta piuttosto male. Non sono riuscito a dire quanto avevo in mente. E quanto ho detto, l'ho detto in fretta, a voce bassa. Molti non hanno capito. Noto questo per le domande che ne derivano, essendo la cosa ormai frequente. Prima domanda: che incidenza ha la capacità di predicare sulla evangelizzazione? Perché, il dilemma è questo. O l'incidenza è decisiva e allora l'evangelizzazione richiede una precisa efficienza umana, e quando questa manca un certo tipo di evangelizzazione resta vanificata. Come intendere, in questo caso, la Parola di Paolo ai Corinzi che la potenza di Dio si rivela nella debolezza? Non resta annullata? E se invece vale relativamente, posso pensare che proprio nel momento in cui come ministro fallisco, tocco il massimo dell'efficacia (fermo restando l'impegno e la fatica del prepararmi)? Seconda domanda: come vivere questo momento della mia vita (già altre volte annotato e affrontato)? È come se il Signore abbattesse la mia forza con la mia debolezza ("Dio ha scelto ciò che nel mondo è debole per confondere i forti" [1 Cor 1,27]). È perché non mi possa gloriare davanti a Lui (ibidem 29)? In questo caso debbo solo accogliere questa situazione con totale adesione e fiducia.
27 marzo 1992 Fede e vita Sto seguendo, in questi giorni, le preghiere di M. TERESA. Mi colpiscono e mi istruiscono due cose: .:. la positività del suo sguardo nonostante l'immersione continua della sua persona nella umanità sofferente, nella quotidiana tragicità della vita. Da dove le deriva tutto questo? Mi pare che sia questione di una "particolare modalità, peculiarità" della sua fede. Diciamo: da un CARISMA. Analogo a quello di J. VANIER (con il quale, mi sembra, c'è amicizia oltre che affinità) che vede «bella» la persona disabile. È urgente guardare meno a noi, alle nostre capacità e incapacità, e dare più credito allo Spirito del Signore. .:. La sintesi tra preghiera e vita: guardare la realtà pregando e pregare nella e con la realtà quotidiana. Vi colgo piena unità di tutte le dimensioni della persona con la realtà. A me succede di subire la realtà. Di viverla con il cuore altrove. Di pregare quasi a compensazione delle frustrazioni della realtà e non come unità: di me, in me, con me, con Dio, con le persone e con la realtà data a me.
28 marzo 1993 Il Signore e l'abisso. Preghiera
Nessuna oscurità è così densa che Tu non possa illuminarla.
Nessuna resistenza è così tenace che tu non possa piegarla.
Nessun abisso è così profondo che tu non possa raggiungerlo.
Nessun peccato è così grave che tu non possa perdonarlo.
Nessun dolore è così straziante che tu non possa lenirlo.
Nessuna rovina è così definitiva che tu non possa ripararla.
Nessuna disperazione è così chiusa che tu non possa accendervi la speranza.
Nessuna solitudine è così vuota che tu non possa colmarla.
Nessuna ferita è così sanguinante che tu non possa medicarla.
Nessun odio è così feroce che tu non possa ammansirlo
Nessuna guerra è così accanita che tu non possa pacificarla.
Nessuna morte è così definitiva che tu non possa trasformarla in vita.

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