As it began
La maggior parte di voi che inizierà a leggere questo articolo si starà domandando cosa diavolo sia una pole dancer. Una minuscola percentuale starà facendo associazioni mentali tra il bizzarro e lo scontato. E proprio questa piccola fetta di lettori avrà indiscutibilmente ragione.
Rasoio di Occam: la spiegazione più ovvia è sempre quella esatta. Pole: palo o pertica. Dancer: beh, fin qui ci si arriva agilmente…
Pole. Vi chiedo di fare un passo indietro.
Vi ricordate la palestra delle scuole medie?
Visualizzate: rete da pallavolo, quadro svedese e, per i meno fortunati, quella maledetta pertica su cui qualche sadico professore vi chiedeva di arrampicarvi, semplicemente perchè magari, la sera prima, aveva litigato con la consorte in bigodini.
E quindi voi, inevitabilmente, dovevate salire. E, almeno io, inevitabilmente, scivolavo giù. Maldestramente. Mestamente. Giù.
Ora sono passati un po’ di anni e ginnastica devo ancora farla. Non perché il suddetto professore in piena crisi coniugale possa ancora obbligarmi. Dio sia lodato, no. Semplicemente perché bisogna tenersi in forma. In forma. Non di palla da bowling. Almeno si spera.
Nuoto? nah….Ho i capelli troppo lunghi. E tinti. Voi donne dell’ossigeno a 20 mi capirete…
Bridge? Sì, è uno sport…
Corsa? Villa Ada è un luogo troppo freddo e buio in inverno. E poi mi han detto che ci sono le vipere. E io sono ofidiofobica. Discorso chiuso.
Palestra? Dovrebbe rimar con “noia” nel dizionario. Un’ora intera su quei macchinari infernali con tanto di cuffiette nelle orecchie e asciugamanetto pret-a-porter. “Piega/suda/crepa”.
Mi serviva qualcosa di diverso… di femminile, ché dopo una giornata intera passata in biblioteca su un codice civile, rischi di sentirti molto simile a un esemplare di ficus benjamina. E il ficus sarà pure considerato un sex-symbol tra i sempreverdi, però non è proprio così che vorrei percepirmi.
Allora…Danza classica? Andiamo, son troppo cresciuta e non mi ci proprio vedo a iniziare un corso con bimbette di sei anni in tutù e coroncina.
E poi…accadde. Come cantava Armstrong. “The fundamental things apply”. Mi capitò questo annuncio tra le mani. Un corso di pole dance. Si dice che la curiosità sia donna e io in questo sono decisamente una donna.
Morale della fiaba? Il giorno dopo ero in quello studio. Indossavo una ridicola maglietta a mezze maniche con un unicorno rosa stampato su e un paio di pantaloncini.
C’ero io. C’erano otto pertiche schierate di tre metri e dieci. C’era l’unicorno. E c’era quella che sarebbe diventata la mia prima insegnante di pole dance.
Ricordo ancora la prima cosa che mi disse, con una dolcezza estrema. “SALI.”
Sapete come ci si sente ad un esame, quando vi fanno proprio quell’unica domanda su quell’unica nota a margine che non avete letto? Esatto. La sensazione fu uguale.
Eppure, come certi rapporti d’amore nascono con una serie di tribolazioni iniziali…beh, io mi innamorai. Perdutamente. O, come preferiscono gli anglofoni, “I fell in love”. “Cadere in amore”. E non potrei usare un termine più corretto.
Così, un anno e mezzo dopo e una serie infinita e indefinita di lividi dopo, eccomi qui. Come un’ innamorata che, malgrado le difficoltà, insista. E persista. E quest’ articolo lo batto sulla tastiera del pc che è in sala prove.
E non potrei che iniziare da qui. Da questo studio che ha il sentore più di una grande famiglia di acrobati e artisti che di un’ “arida palestra”. Ed è bello. Perché con le pole dancers finisce sempre così: il mondo sembra sempre un posto un po’ più scintillante. Non fosse altro che lo guardi a tre metri e dieci di altezza. A testa in giù.
E, magari, vi starete chiedendo se qualcuno può equivocare questa disciplina con la “lap-dance”…beh, questo è poco ma sicuro.
Eppure, spesso, è la parte più divertente quando iniziate una conversazione sullo sport che avete scelto di praticare.
Ma questo, se avrete la pazienza e la voglia di star ad “ascoltare”, lo racconterò nel prossimo articolo.
Keep calm and pole dance
Eve Delirio
Listenin’ to: “On my way now” Parov Stelar