“Stiamo lavorando per voi”.
Se in queste settimane sono stata assente sul posto di lavoro di The Freak (ovvero davanti una tazza fumante di tisana diuretica al gusto di pneumatico post Parigi Dakar, perché di questo sanno quelle misture acquose), è perchè stavo lavorando per voi.
In viaggio. In Turchia.
Una pole dancer in trasferta, armata di più o meno buone intenzioni, nell’atto di compilare una guida pratica al soggiorno estero in questa terra tanto particolare.
Capppadocia, perlopiù. E dunque, in omaggio, la lettera “C”.
“C” come Compagnia
Compagno di posto nell’aereo.
-Nel volo di andata, vicino guardone che legge il tuo quaderno strettamente personale.
Soluzione al problema: se si sta scrivendo in quel preciso istante, iniziare a comporre frasi sul soggetto stesso, come quelle che state leggendo qui. Basterà uno stampatello maiuscolo nel centro della pagina, con su scritto “VICINO GUARDONE” per fargli distogliere immediatamente l’attenzione.
-Nel volo di ritorno, vicino di posto munito di e-books. Da tempo ho fatto mia questa teoria riguardo gli ammennicoli in questione: sono convinta che la maggior parte degli acquirenti sia composta da assidui consumatori di pornografia letteraria, preoccupata di non farsi scoprire. Quanto al mio signor B12, ne ho apprezzato l’aria crucciata e pensierosa, come stesse meditando su un trattato di economia di Alchian. La sua reale lettura, per chi fosse interessato, era “XXX, Il dizionario del sesso estremo.” (Lo so, in questo caso la guardona del punto precedente ero io. Peccato lui non avesse un taccuino con sé.)
“C” come Costumi
Usi/costumi.
- Non pretendete di mantenere le vostre abitudini quando vi trovate a 2491 km, metro in più, metro in meno, da casa vostra. Sperimentate! Se siete abituati al miglior caffè dell’emisfero nord dell’equatore, sotto il bar di casa vostra…scordatevelo. In alternativa, portatevi in tasca una foto del barista in questione a mo’ di santino e sperate nella benevolenza del mescitore di turno. Di solito, finisce con due euro in meno, costo medio di un espresso in Turchia, e la lingua impiastricciata di una sostanza nerastra e melliflua non meglio identificata.
- Non andate a vedere un tipico ballo cappadociano (spettacolo che consiglio vivamente per la sua bellezza primitiva), nella speranza di comprendere l’attuale stile di vita dei turchi. Sarebbe, infatti, come pretendere di capire la vita di un imprenditore milanese di nome Pier Giorgio, partecipando a un’esibizione di Taranta Calabra.
“C” come Cibo
In Turchia è d’uso offrirtene in continuazione e, dal mio punto di vista, è uno straordinario segno di accoglienza e civiltà.
Non rifiutate. Tra le top 3, in quasi tutti i bazar, vi offriranno té alla mela (una delizia senza zucchero che nulla ha da spartire con la tisana di cui sopra), vino rosso (gli alcolici sono molto costosi in Turchia, per questo vedervelo offrire dimostra una maggior sensibilità nei vostri riguardi da parte dell’ospite), Raki (un gradevole liquore all’anice, detto anche “latte di leone”).
“C” come Corteggiamento
I turchi eccellono in questa arcana arte, dimenticata, o quantomeno accantonata, da una considerevole parte delle nostre giovani leve.
Quanto alla mia esperienza personale, mi sono stati offerti nell’ordine: una rosa di carta, ciotole di pop-corn in surplus durante un’esibizione di danza del ventre (ho cercato una pertica nel locale, per improvvisare con la straordinaria danzatrice una divertente ”battle of dancers”, ma ahimè, niente da fare), 200 cammelli.
In tutto, ho collezionato 9 proposte serie di matrimonio.
Una speciale menzione, a proposito dei 200 cammelli va a Mekmeth, turco di origini sunnite incontrato all’interno di una delle più famose ditte produttrici di gioielli della Turchia. Scena: io e mia madre (donna di innegabili qualità, tra cui l’arte della contrattazione) di fronte una vetrina di anelli dai troppi zeri.
“Signora… quanto vuole per darmi in sposa sua figlia? Le offro duecento cammelli o quello lì, immediatamente.”
Quello lì sta per uno smeraldo da 120000 euro. Nessuno era mai riuscito a zittire mia madre. Prima d’ora.
Morale della fiaba: ho dovuto trascinare via la mia genitrice (che intanto credo fosse sul punto di strappare il mio biglietto aereo di ritorno), mentre esclamava “Almeno il numero di telefono ce lo potevamo prendere… non si sa mai nella vita!”
Ebbene sì, mie signore, i Mekmeth esistono e sono perfino sotto i 30 anni…
Keep calm and pole dance!
[Listenin' to: "Gulumcan"]