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DIARIO DI VIAGGIO/ Da Manali a Srinagar via Leh in 10 giorni
Creato il 20 giugno 2013 da MariagraziacoggiolaIo e mia figlia abbiamo deciso di andare a Manali e poi da li’ decidere in base alla situazione meteo e i disastri creati dallo ‘tsunami himalayano’ come lo hanno soprannominato i media. E così siamo finite a Srinagar, in Kashmir ...dieci giorni dopo con una cavalcata ‘’on the road’’ fantastica di mille chilometri sulle strade – per me – più belle del mondo.
Non mi piace andare in fretta, sono una adepta dello ‘’slow travelling’’ ma dovevamo tornare a Delhi per una certa data. Poiché tutto sommato è andata bene, siamo sopravvissute al tour de force, ci siamo divertite e abbiamo fatto una grande quantità di cose con un budget limitato, ho pensato di raccontarlo a mo’ di guida di viaggio: dal Ladakh al Kashmir – Manali-Leh-Srinagar – 900 chilometri in dieci giorni attraverso un paio di valichi di oltre 5 mila metri e altri due di oltre 4 mila metri .
Giorno 1 - Delhi - Manali Il bus parte da Majnu Katila, la comunità tibetana a nord di Delhi. Ci siamo presentate già con scarponi, giaccone e zaino. La partenza era prevista alle 17, ma il bus è arrivato un ‘ora e mezza dopo. Giusto il tempo per un piatto di momo, tanto per familiarizzare un po’ con il cibo che si mangerà nei prossimi giorni e una girata alle ruote delle preghiere, che porta sempre bene.
Giorno 2 - Manali
Il bus, uno ‘’semi sleeper’’ (vuol dire che si abbassano le poltrone) era comodo, e come sempre gli stranieri sono privilegiati, li mettono ai primi posti dove si può allungare le gambe. In piu’ avevo anche il diritto a caricare il telefonino nel cruscotto dell’autista. Siamo arrivate alle sette e ci ha subito aggredito la calca di Manali, che purtroppo a questa stagione di ferie indiane è piu’ trafficata (e inquinata) di Delhi. Manali deve il suo nome a Manu, il ‘’Noè indiano’’ che sarebbe sbarcato proprio qui durante il Diluvio Universale.
A piedi abbiamo fatto, dribblando il traffico, quattro chilometri, fino a salire al villaggio di Vashisth, un gioiellino che per fortuna e’ rimasto (quasi) intatto allo sviluppo edilizio.
Giorno 3 Vashisth
Uno delle chicche di Vashisht sono le acque termali che sgorgano dentro un vecchio tempio. I residenti, in due separati locali, li usano per lavarsi. Ma l’acqua è così calda che non ci si può immergersi! La vita qui scorre calma, tra mucche al pascolo e i contadini che sono impegnati con la mietitura, in questa stagione. Le stoppie poi le devono schiacciare per sistemarle nel fienile. Alcuni li mettono sull’asfalto, dove lasciano alle macchine e camion il lavoro. A qualche chilometro c’è anche una cascata, con un sentiero in mezzo a una pineta, posti carini, dove prendere un chai. E’ perfetto insomma. Alloggiamo in una bella guest house, View Valley, a 600 rupie.
Facciamo anche un fuori programma, in moto, a Naggar, a circa trenta chilometri, dove visse il famoso pittore russo Nicholas Roerich.
Alla sera si va a trovare Rosalba che ha un ristorante all’ingresso del Paese e che è la madre di un campione di bob. Una storia incredibile che avevo scritto per l’ANSA (vedi qui)
Giorno 4 - Manali- Leh L’idea iniziale era di andarci in Royal Enfield, una cosa molto ‘’macho’’, ma poi non sono riuscita a trovare delle moto. Sembra che quest’anno tutti vadano con la Enfield in Ladakh. Ovviamente per me che sono da sola, donna (quindi inaffidabile secondo la maggior parte degli affittamoto) e per di più con una figlia appresso, non c’era nulla a parte qualche ferrovecchio, La risposta piu’ gentile è stata ‘’perché non affitti uno ‘’scooty’’ per andare a fare in giro qui intorno’’. Quindi non rimaneva che il pulmino. I prezzi sono alle stelle quest’anno, 2000 rupie a testa, ma sono 500 chilometri di una delle strade più avventurose del mondo. Si parte alle due di notte e all’alba si scende dal Rohtang Pass (3.980 metri), poi c’è il Baracha-La a 5.300 metri e 18 chilometri di serpentina. Un altipiano deserto di 40 chilometri che sembra di essere sulla luna e poi il Tanglang-La (5.328 metri). Raccattiamo anche due ragazzi che hanno rotto la moto e che si siedono per terra tra i sedili. Al tramonto, dopo sedici ore, un’infinita serie di soste e un forte mal di testa, si intravedono i primi segni di presenza umana alla fine di un canyon che sbuca nella valle dell’Indo. Leh e’ vicina. E’ fatta. La tensione si scioglie e a bordo tutti applaudono.
Giorno 5 – Leh Purtroppo Leh sta diventando una metropoli e non ci si può fare nulla. Io me la ricordo la prima volta che ci sono stata nel 2006. Stiamo a Changspa, che e’ il ghetto turistico, affollato, ma pieno di comodità. Stiamo in una delle tante guesthouse a conduzione familiare in una casa con il giardino, nella camera più bella, tutta vetri, piena di tappeti e l’arredo tibetano. Si visita Shani Stupa, il palazzo reale e più in alto il mitico Tzemo, il vecchio castello sul cucuzzolo. C’è un ingresso di 40 rupie per entrare e fare il giro nella balconata piena di bandierine colorate tibetane. Ci arriviamo in modo anomalo dal retro trascinando le bici che abbiamo affittato. Da lì si scende a rotta di collo fino al vecchio bazar dove – per fortuna – ancora è tutto intatto comprese le trattorie dove mangiare momo o tupka, zuppa di noodles.
Giorno 6 - Leh- Spituk
Affitto una Pulsar e vado un po’ a zonzo lungo l’Indo per impratichirmi un po’ e poi perché è tutto in piano. Passando per una stradina lungo risaie e totem di sabbia arrivo alla gompa di Spituk che è quella più vicina a Leh.
Giorno 7 - Leh – Lamayuru Si parte in moto con l’idea di fare tutti i 500 chilometri della Leh-Srinagar, ma i ladakhi non accettano che io lasci la moto in Kashmir, e quindi la dovrò lasciare a Lamayuru, che secondo me è uno dei più belli tra i monasteri del Ladakh. Ci si arriva seguendo l’Indo che è di un azzurro pastello e dove ogni tanto, si vedono dei gommoni da rafting. Ci fermiamo in un’insenatura, vorrei fare il bagno, ma è ghiacciato...
A metà strada c’è Alchi, che e’ l’unico monastero in basso e anche quello più antico e con più affreschi. Sembra ormai un museo più che un monastero.
Giorno 8 – Lamayuru
Purtroppo i segni dell’alluvione dell’agosto 2010 sono ancora molto visibili. Parte del villaggio sembra essere stato spazzato via da frane. Hanno piantato alcuni alberi per trattenere il terreno. Intorno a Lamayuru c’e’ un deserto dai colori ocra e le rocce appuntite che si chiama ‘’Moonland’’ e che era probabilmente un lago.
E’ appena terminato un festival e tutto il Paese è pieno di bandierine. C’è una lotteria su un campetto sportivo, sembra che tuttala vallata si sia radunata qui. Ho l’occasione di vedere i vestiti tradizionali, le palandrane lunghe con degli scialli di pelo di yak e gli ornamenti di turchesi e corallo. Stiamo in una gest-house, Temple View, che è ormai a pezzi. Me la ricordavo meglio, ma non ci sono molti posti dove dormire. C’è internet, anche, in una specie di sgabuzzino dove c’è un gigantesco server e ogni tipo di cianfrusaglie. Tutti gli stranieri di Lamayuru sono qui con I-pad e telefonini
Giorno 9 – Lamayuru-Srinagar Il bus per Srinagar (12 ore) passa alle 17,ma non lo prendiamo perché’ costa troppo. Prendiamo un passaggio da un pulmino fino a Kargil attraverso il Fotu-La ( 4.108 metri) che poi mi fa pagare e quindi tanto valeva. Viaggiamo di notte in una strada, forse peggiore della Manali-Leh che attraverso il Zoji-La (3.528) . Nel dormiveglia su un bus scassatissimo che salta come un cavallo imbizzarrito, vedo che ci sono due costoni di ghiaccio. Drass è il posto più freddo dell’India. All’alba siamo ormai in Kashmir, è di nuovo verde e compaiono delle case. Srinagar è blindata dall’ennesimo sciopero dei separatisti e poi perché’ arriva il premier Manmohan Singh e la leader del Congresso Sonia Gandhi.
Giorno 10 – Srinagar
Alloggiamo in una catapecchia allucinante, a Dal Gate, dove ci sono le houseboat, che sembra che venga giù da un momento all’altro. Il prezzo, 200 rupie è allettante e poi i fratelli che la gestiscono sono simpaticissimi. il ‘’roof top’’ è indescrivibile praticamente un sottotetto e ci si arriva su delle assi pericolanti. Il tetto del bagno è sfondato.
Incontro un giovane antropologo, Simone Mestroni, che ha passato qui due anni e che ha appena scritto una interessantissima tesi di dottorato all’università di Messina che si intitola ‘’Separatismo kashmiri: genealogie, pratiche, immaginari’’ (pdf).
La guesthouse ci affitta una barchetta, anche questa malandata, con cui raggiungiamo il centro del lago, dove ci sono i barconi fissi usati per fare ‘’sci d’acqua’’. E’ divertente perché è sempre come lo avevo visto una decina di anni fa quando ci sono venuta per la prima volta, su una tavola di legno...Faccio il bagno, ma ci sono moltissime alghe, è vero che il Dal Lake si sta atrofizzando.
Visita d’obbligo, nella vecchia Srinagar, alla ‘’tomba di Gesù’’, venerata fin dall’antichità dai mussulmani come tomba del profeta Gesu’. Riesco a rubare una foto di nascosto prima che il guardiano mi sorprenda. Cena nello storico Mughal Darbar dove si mangia i ‘’gustaba’’, specie di polpettoni alla carne di agnello con un sugo allo zenzero.
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