I fatti risalgono a qualche anno fa, quando la storica casa fiorentina ha accusato l'azienda americana di contraffazione, piazzando sul mercato prodotti recanti "imitazioni studiate del marchio Gucci". Secondo l'avvocato della presunta parte lesa Louis Ederer, infatti, Marciano e co. avrebbero elaborato una strategia precisa al fine di sottrarre consumatori al marchio sinonimo del lusso italiano nel mondo; e non si parla di accuse campate in aria, ma di dati concreti: oltre 200 milioni di dollari, questi i guadagni sfumati a seguito della concorrenza sleale operata dagli americani, almeno stando ai calcoli dell'azienda fiorentina.
Tutte accuse infondate secondo l'avvocato della Guess, Daniel Petrocelli: inutile tentare il raffronto tra due marchi che si pongono in segmenti totalmente diversi sul mercato, con capacità di spesa radicalmente differenti. Anche il tipo di prodotto risulta diverso, secondo il legale, in quanto "Guess non ha alcun motivo di essere come Gucci e non ha pianificato di essere come Gucci: Gucci utilizza la pelle, Guess la plastica".
Due diverse strategie di penetrazione, quindi, così come due diversi consumatori-tipo. Eppure le motivazioni non sembrano essere sufficienti per Gucci. In risposta Louis Ederer ha elencato quelle caratteristiche che gli americani avrebbero liberamente riprodotto: la G stampigliata e riprodotta sull'intero tessuto, il ricamo a losanghe, l'utilizzo di bande di color rosso e verde, tutti eblematicamente riuniti in un modello in particolare, la sneaker da uomo, modello Melrose
In alto la sneaker firmata Gucci, in basso quella firmata Guess...o viceversa?aspè, mmm...boh! (via Fashionista.com)
Difficile dimostrare la propria estraneità ai fatti e parlare di semplici coincidenze... In difesa della Guess si è mosso anche l'ad Paul Marciano, che ha definito il pattern in questione come "comune nel mondo della moda e non un particolare di Gucci". Ma se per una suola rossa non si può invocare il trademark, diversamente non si può dire di una trama così curiosamente simile. Ad aggravare il tutto ci si mette anche le prove a carico di Paul Vando,ex direttore del settore prodotto uomo della Marc Fisher Footwear, l'azienda terza fornitrice di calzature per la Guess: secondo l'accusa, infatti, la Marc Fisher avrebbe fornito campioni di tessuto Gucci per i fornitori della Guess, al fine di "trarre ispirazione" da colore e trama, giocando quindi un ruolo fondamentale nel piano di contraffazione ordito dall'azienda made in USA. A provarlo sarebbero una serie di mail scambiate tra l'azienda terza e la Guess, che sembra facciano riferimento a prodotti specifici di Gucci, inseriti in un lasso di tempo tra il 1995 fino al 2008. E in tutta risposta, Paul Vando sembra abbia difeso le strategie aziendali, ammettendo che era prassi comune della Marc Fisher trarre ispirazione e prendere spunto da modelli celebri di quasi 100 marchi, dai più sportivi come Nike e Puma, a quelli più stylish e di lusso come Prada e Louis Vuitton. E secondo Fashionista, Marc Fisher non è estraneo a casi di violazione del diritto di proprietà intellettuale...Una curiosità: di fronte alla denuncia presentata tre anni fa da Gucci, sembra che Paul Marciano si sia domandato il motivo di tale ritardo, a fronte di una violazione risalente già dal 1995. Ebbene, pare che l'avvocato interno alla Gucci abbia dimenticato di rinnovare la propria appartenenza all'associazione legale di Stato (una sorta di Ordine di avvocatura americano), senza la quale risulta impossibile esercitare la professione in alcuni stati USA.
Senza parole: impossibile non pensare ad una puntata stramba di Ally Mcbeal.