Sulla copertina del DVD di DICIOTTANI – Il mondo ai miei piedi, distribuito da Officine Ubu, sopra il titolo del film campeggia una domanda: “Che uomo vuoi diventare?”. Tutto sembrerebbe, almeno per come di primo acchito appare, girare intorno alla figura del giovane protagonista del film, Marco Rulli, un avvenente diciottenne all’ultimo anno di liceo. In realtà, ciò che Elisabetta Rocchetti, regista ed interprete, mette in scena è una prospettiva, non troppa distante dalla realtà, dell’universo femminile contemporaneo.
Ludovico (Marco Rulli) è orfano, i suoi genitori gli hanno lasciato in eredità una piccola fortuna amministrata dallo sciagurato zio (G-Max), e si ritrova quindi a vivere un’emancipazione precoce che lo distanzia dai suoi coetanei, con i quali intrattiene un rapporto asimmetrico e ambivalente.
La sua intraprendenza produce intorno a lui un piccolo harem costituito da diversi modelli di donna: c’è la professoressa di italiano e latino (Alessia Barella), una ragazza over trenta (Elisabetta Rocchetti) – che, tra l’altro, intrattiene una relazione clandestina con lo scapestrato zio – , la madre di un suo compagno di scuola, e, dulcis in fundo, la fidanzata di quest’ultimo (Nina Torresi).
Insomma una girandola di rapporti inconsistenti e prematuri con cui il protagonista si trastulla, bruciando le tappe, e disertando gli impegni scolastici sempre più pressanti.
Ludovico, attraverso la comprensione degli errori commessi e, soprattutto, scoprendo le malefatte del disonesto amministratore del suo patrimonio, riesce a riprendere in mano la propria esistenza, producendosi in un reale processo di maturazione; ma ciò che davvero attira l’attenzione è la confusione emotiva del gentil sesso che gravita intorno a lui. Sposate o nubili, madri o senza prole, queste donne, vittime di un processo di emancipazione interminabile (nel migliore dei casi, fasullo nel peggiore), hanno smarrito, senza riuscire a rielaborarla, un’identità femminile consistente, e le vediamo brancolare pietosamente intorno a una mascolinità fantasmatica, evanescente, di cui Ludovico è un perfetto rappresentante.
L’eccessiva disponibilità del Fallo (e in questo gli uomini sono complici altrettanto colpevoli) ne ha comportato l’inevitabile smitizzazione. Si è smarrita la dimensione di sacralità dell’Eros, e, quindi, non resta che assistere ad una secolarizzazione totalizzante dei rapporti, per cui le relazioni vengono gestite alla stessa stregua di qualsiasi altro impegno della quotidianità. Ora, queste considerazioni, tutt’altro che originali, c’impongono però d’assumere un atteggiamento preciso rispetto alla degenerazione in atto: non potendo prodursi in anticipazioni profetiche, rimane comunque possibile scegliere se reiterare acriticamente dei modelli non più funzionanti, oppure, nel dubbio astenersi. Non è certo questo un invito alla castità, ma un’esortazione a predisporsi per una profonda presa di coscienza che, per lo meno, fornisca la necessaria lucidità per gestire questa difficilissima fase di transizione.
Alla sua prima prova, Elisabetta Rocchetti, senza fronzoli e orpelli, ci pone davanti alla crudezza dei fatti, non permettendoci di svicolare o tergiversare. Non è poco.
Luca Biscontini