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Dicono che dobbiamo divertirli

Creato il 16 febbraio 2015 da Mcnab75

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Come mi capita sempre più spesso di fare, in queste ultime settimane ho studiato un manuale di marketing pensato per vendere in Rete, in particolar modo sui social network.
Questa volta è toccato a Interceptor Marketing, di Benedetto Motisi. Si tratta di un libro interessante, che non aggiunge molto di nuovo alle già note strategie “social” per promuovere il proprio brand, ma che si lascia leggere con piacere.
Interceptor Marketing si rivela più originale sotto un altro aspetto, ovvero quando rivela e smentisce alcuni luoghi comuni legati a Facebook, Twitter, blogging (etc etc). In realtà sono cose che gli esperti di brand conoscono già da tempo, ma che altri, i profani, ignorano in parte o totalmente.
La prima cosa da imparare è che, a tutti gli effetti, sui social network è difficilissimo vendere prodotti.

Ebbene sì: scordatevi di vendere i vostri ebook, le vostre t-shirt, i vostri mp3 (o qualunque altra cosa) su Facebook.
Del resto, pensateci: quante volte vi è capitato di cliccare il link trovato sulla bacheca di un amico, finire su una pagina Amazon e procedere all’acquisto?
Oddio, a me capita spesso. Forse perché faccio un uso più consapevole dei social? Chissà. Non, non è superbia, è proprio consapevolezza.
Ma, in linea di massima, l’utente medio di Facebook NON fa acquisti tramite questo social.

E allora che cosa cerca questo utente medio, quando gironzola sul social dall’interfaccia blu?
Facile: divertimento e svago.

Non a caso – cosa sottolineata dagli autori di Interceptor Marketing, le pagine Facebook che sforano facilmente il tetto dei 10.000 like (spesso arrivando addirittura a oltre 100.000) sono quelle cazzeggione. Tipo:

… e moltissime altre.

Marxisti per Tabacci

Marxisti per Tabacci

Sono pagine divertenti e meritano il successo che hanno, soprattutto quelle che fanno un umorismo ricercato e attuale.
Tuttavia, va da sé, se ci fosse da pagare anche solo un euro per un abbonamento annuale a una qualunque di queste pagine, i “like” si ridurrebbero del 90%. Forse del 95%, essendo il nostro paese particolarmente sparagnino e avaro.
Perché la gente vuole farsi due risate, sì, ma senza spendere un centesimo, senza abbonarsi, senza vincolarsi al pagamento di una quota, fosse anche irrisoria o simbolica.

In realtà ci sono modi più bizantini e ricercati per provare a vendere attraverso i social, passando sempre e comunque attraverso il fattore dello “svago” e del divertimento.
Per esempio: ipotizziamo l’esistenza di una pagina Facebook chiamata “Le avventure metropolitane del giovane Cthulhu”. I contenuti soliti di questa ipotetica pagina sono vignette umoristiche che scherzano sulle tematiche proposte nei racconti di H.P. Lovecraft. Una pagina del genere, con contenuti accattivanti e leggeri, può attirare facilmente almeno 30.000 like. Del resto i “nerd” e i presunti tali sono parecchi.

Per cercare di vendere un prodotto, mimetizzandolo coi contenuti abituali della pagina, bisogna farlo sembrare in linea col tono della medesima. Per esempio pubblicate un ebook e pubblicizzatelo sulla pagina in questione, presentandolo così: “Ecco ciò che legge il giovane Cthulhu mentre aspetta la metropolitana per recarsi nel suo ufficio, alle Poste di Arkham“.
Fate in modo che l’annuncio non sia smaccatamente un invito a comprare l’ebook, e vedrete che riuscirete a piazzare un centinaio di copie nel giro di pochi giorni.

feudalesimo-e-libertà-copertina2

Feudalesimo e Libertà

Dunque è possibile usare i social, Facebook in particolare, per fare marketing indirizzato al profitto. Ma occorre studiare e avere pazienza.
Tuttavia il mio interrogativo è un altro: leggere, ascoltare musica e guardare un film non dovrebbero essere di per sé attività “divertenti?”

Chiudo questo lungo post con una notizia in anteprima: a breve (molto a breve) lancerò un sito pensato per insegnare agli autori indie meritevoli e ad alcuni piccoli editori come gestire le campagne promozionali dei loro libri ed ebook.
Non sarà un nuovo blog, bensì una piattaforma Web da cui offrirò questo genere di servizi in cambio di qualche caffè. Espandendo il discorso, tratterò anche di strategie pubblicitarie alternative e transmediali, come per esempio le “testimonial digitali“, idea di cui vanto la paternità e che riscuote ampi consensi.
Ma riparleremo di tutto ciò fra pochi giorni.
Stay tuned…

stay-tuned

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(A.G. – Follow me on Twitter)


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